PROVE MATEMATICHE DELLA PRESENZA DELLA CULTURA ERMETICA ANTICO EGIZIA NELL’OCCIDENTE MEDIEVALE E MODERNO
A PARTIRE DALL’UNITÀ DI MISURA USATA
PER LA DETERMINAZIONE DELLE MISURE
DELLA GRANDE PIRAMIDE
Alla voce di Isabelle Geffroy – detta “Zaz” –
per avermi consolato ogni giorno del silenzio
di un amore che non canterà mai più
Enfant, certains ciels ont affiné mon optique: tous les caractères nuancèrent ma physionomie. Les Phénomènes s’émurent. -À présent l’inflexion éternelle des moments et l’infini des mathématiques me chassent par ce monde où je subis tous les succès civils, respecté de l’enfance étrange et des affections énormes. -Je songe à une guerre, de droit ou de force, de logique bien imprévue.
C’est aussi simple qu’une phrase musicale.
A. Rimbaud
parte prima: ALCUNE OSSERVAZIONI SULLA METROLOGIA DELLA GRANDE PIRAMIDE
1. Forse, il punto decisivo della nostra lunga indagine sul significato dell’arte sacra Antico Egizia, è quello che abbiamo fatto in The Snefru Code parte 3, quando ci siamo resi conto che π e ɸ, oltre a essere alla base delle proporzioni della Grande Piramide, sono anche il fondamento di quella che possiamo senz’altro definire come la struttura armonica del cosmo. Una struttura che si estende dai parametri fondamentali dell’atomo, attraverso i numeri fondamentali del nostro sistema solare, fino alle galassie a spirale. Un’armonia che gli Antichi Egizi hanno riprodotto nelle loro opere sacre figurative e architettoniche, facendo sì che esse si possano descrivere-ricostruire attraverso quello stesso diagramma – fondato su ɸ e π – con cui il fisico italiano Fappalà ha ricostruito lo spazio tempo. Nei lavori passati abbiamo fatto molti esempi, che riguardavano inizialmente le steli Antico Egizie e layout di luoghi sacri, come Giza e Dahshur
Ma, andando avanti, ci siamo resi conto che forse nessun esempio può essere altrettanto chiaro e possente che il profilo della Grande Piramide
Ma, come abbiamo visto nelle parti precedenti di questo lavoro, la Piramide ci dà la possibilità di descrivere, sia pure in modo complesso, anche le relazioni interne alle orbite dell’atomo, come anche quelle di sistemi solari con orbite “stressate”, oltre a dar luogo a effetti estetici davvero stupefacenti, ove sovrapposta ad opere figurative costruite con il medesimo codice geometrico
In The Snefru Code parte 7, sulla base delle immagini che vediamo qui sotto, siamo arrivati al punto di ipotizzare che il profilo della Grande Piramide possa essere inteso come una sorta di strumento geometrico in grado di descrivere le orbite dell’elettrone intorno al nucleo
Dinanzi all’evidenza geometrica di un codice matematico raffinatissimo, ci siamo ovviamente posti il problema di come ricostruirlo, seguendo strade diverse, tanto a livello storico che a livello matematico.
In questa sede, il miglior modo di entrare nel tema di questo articolo è forse quello di riassumere brevemente i risultati di un lavoro svolto molto tempo fa sulla metrologia della Grande Piramide in relazione ai calendari antichi. Noi speriamo di poterlo pubblicare al più presto nella sua interezza, allo scopo di dimostrare o, almeno, di mostrare nel modo il più possibile chiaro e distinto che nella Grande Piramide coesiste, insieme al metro e al cubito, anche una terza unità di misura che fino ad ora è rimasta del tutto sconosciuta. Non avendo un nome a disposizione potremmo chiamarlo “metro della Grande Piramide”.
Questa unità di misura ci è sembrata il frutto del rapporto fra la costante di Newton e la costante di Planck, anche se i valori di G e h che dovrebbero essere stati usati per determinarla non corrispondono a quelli accertati per via empirica. Al contrario, essi ci sono apparsi come delle entità che possiamo forse definire “idealizzate”, perché stabilite secondo un metodo tanto consueto nell’antichità quanto del tutto negletto dalla modernità: il metodo numerologico.
2. In un passato anche recente, molti di coloro che si sono occupati di questa problematica hanno pensato che il lato est-ovest della Camera del Re, pari a circa 10,479 metri, fosse l’equivalente di 20 cubiti esatti. Si era così giunti alla conclusione che un cubito della Grande Piramide sarebbe pari a
10,479 : 20 = 0,52395 metri.
Se immaginiamo che un cubito sia composto da 52 parti – paragonabili quindi ai nostri millimetri – noi abbiamo che questi millimetri – che possiamo chiamare “millimetri della Grande Piramide” – equivalgono a
52,395 : 52 = 1,007596153 millimetri
Questo valore, che si ricava empiricamente dalla Camera del Re, lo possiamo ricavare anche dal “Numero della Bestia” (biblico e perciò, molto probabilmente, anche Antico Egizio). Questo numero è, come è noto, il 666, che sembra alludere chiaramente al 6 periodico. Se immaginiamo di scriverlo come 6,666 e poi aggiungiamo 0,004 abbiamo che
6,666 + 0,004 = 6,67 ≈ G = 6,67
Se immaginiamo di scriverlo come 6,66 e poi togliamo 0,004 x 10 = 0,04 abbiamo che
6,66 – 0,4 = 6,62 ≈ h = 6,626
Come si vede, queste sono due buone approssimazioni, o, come potremmo anche dire, due idealizzazioni di G = 6,67 – la costante di Newton – e di h = 6,626 – la constante di Planck – costruite per via numerologica. Un’operazione che risulta ancor più impressionante quando ci rendiamo conto che 0,04, possiamo pensarlo come una funzione di ɸ (il che significa che possiamo pensare 0,004 come una funzione di ɸ e di 10). E, come è noto, ɸ è proprio uno dei tre valori costanti che sono stati codificati nelle misure della Grande Piramide (gli altri due, che abbiamo visto in The Snefru Code parte 3 e parte 7, sono il numero di Eulero e π)
4√(1 : 0,04) = √5 = ɸ + 1/ɸ.
Avendo ottenuto in questo modo due approssimazioni o “idealizzazioni” di G e di h, il loro rapporto ci da
6,67 : 6,62 = 1,007552870090634441087613293051 ≈ (10,479 : 20) : 52 =
= 1,007596153.. (-0,000041)
Questo valore differisce da quello che abbiamo definito il “millimetro della Grande Piramide” di soli 41 milionesimi di millimetro. I valori del cubito che da essi si possono ricavare sono a loro volta molto simili alla cifra che viene fuori dal rapporto fra π e la costante che ci serve per misurare la velocità della luce c = 2,9979246, moltiplicata per 2. Infatti
π/2c = 0,52396 ≈ 10,479 : 20 = 0,52395 ≈ (6,67 : 6,62) ∙ 52/100 = 0,523927…
3.
La nostra ipotesi è dunque che un cubito della Grande Piramide corrisponda a 52 di queste unità di misura fondamentali, corrispondenti a loro volta 1,00755287.. ∙ 1 dei nostri millimetri. Dunque, un cubito così costituito sarebbe pari a 0,52392749.. dei nostri metri. Esso risulta molto simile anche a quella misura del cubito che si può ricavare dall’approssimazione di ɸ che si trova codificata nelle misure della Grande Piramide (ɸCheope = 1,61859034..)
2ɸCheope2 : 10 = (2 ∙ 2,619834..) : 10 = 0,523966.. ≈ 0,523927.. (+0,000039)
Comunque sia, attenendoci alla misura che abbiamo ricavato da 6,67/6,62, possiamo ricostruire il lato est-ovest della Camera del Re in questo modo
[(1,0075528700906344410876132930514 x 52) : 100] ∙ 20 = 10,478549..
La differenza con la misura rilevata risulta così inferiore al mezzo millimetro. Ma bisogna tener presente che la misura che viene di solito tenuta per buona (10,479) è in realtà un valore medio. Nei fatti, il lato est-ovest oscilla fra un massimo di 10,4797.. e un minimo di 10,4782.. metri. Dunque questa misura del cubito che abbiamo ricavato da G/h – a loro volta ricavate in forma “idealizzata” dal Numero della Bestia e da una funzione di ɸ – sembra in grado di descrivere in modo che pare soddisfacente le misure della Camera del Re.
Se questo è vero, allora 440 di questi cubiti sarebbero la misura del lato della Grande Piramide, che in questo modo verrebbe pari a circa
0,52392749.. ∙ 440 = 230,52809.. metri (in pratica, 230 metri più un cubito)
Attualmente le misure empiricamente rilevate sembrano dare una media di 230,36-7 metri per lato. Se si scoprisse che questi rilievi empirici sono stati fatti con un minimo di imprecisione, ecco che avremmo che la misura del cubito cui siamo arrivati per via deduttiva – partendo dal Numero della Bestia e da una funzione di ɸ – corrisponderebbe a piena e perfetta verità.
A quel punto, saremmo in grado di affermare fondatamente che una delle origini – o delle “ragioni” – del metro così come lo conosciamo oggi, è un’antica unità di misura, che vale circa 1,0075 per uno dei nostri millimetri. Questa unità di misura, divisa per G/h, ci consente di risalire al nostro sistema decimale e dunque anche alle dimensioni della Terra.
A loro volta, le dimensioni della Terra ci rimandano a una diversa modalità di quel rapporto G/h che abbiamo ipotizzato essere alla base del “metro della Grande Piramide”.
Infatti, noi abbiamo determinato la misura del metro della Grande Piramide in base a due valori di G e di h stabiliti per via numerologica. Se invece prendiamo il loro valore empiricamente determinato allora abbiamo che
6,67/6,626 = 1,0066405..
Questo valore corrisponde in modo quasi esatto al rapporto fra il raggio equatoriale e polare della Terra, elevato al quadrato
(6378 : 6357)2 = 1,00330344..2 = 1,006617.. ≈ G/h = 6,67/6,626 = 1,0066405.. (-0,000023)
Questo stesso rapporto, elevato alla 16sima potenza, ci da anche un’ottima approssimazione della costante di Dirac, dato che
(6378 : 6357)16 = 1,00330344..16 = 1,054185.. ≈ ħ = 1,054571.. ≈ G/h8 = (6,67/6,626)8 =
= 1,0066405..8 = 1,054375.. ≈ ħ = 1,054571..
4.
La scelta di questa unità di misura dimostrerebbe dunque di per sé sola che gli Antichi Egizi possedevano una profondissima conoscenza scientifica dell’universo. Una conoscenza che veniva probabilmente espressa, a seconda delle circostanze, con svariate unità di misura, capaci di essere interpolate fra di loro di modo che uno stesso oggetto geometrico – come per esempio la Grande Piramide – potesse essere numerologicamente interpretato in modo diverso.
Per esempio, l’altezza espressa in metri è pari a circa 146,5. Se la dividiamo per 103 e poi facciamo la radice quarta, arriviamo a un’ottima approssimazione di ɸCheope. Se la dividiamo ancora per 10 al cubo e poi facciamo la radice cubica, arriviamo a una buona approssimazione della costante di Dirac
4√146,5 : 103 = 4√0,1465 = 0,618670497.. ≈ ɸCheope – 1 = 0,618590346..
3√146,5 : 103 = 3√0,1465 = 0,52716.. ≈ ħ/2 = 0,52728..
Invece, la radice 32sima del perimetro espresso in metri (un perimetro “idealizzato”, in cui dal calcolo sono esclusi i decimali) ci da un valore molto simile a 2 ∙ (ɸCheope – 1), mentre quella 128sima ci da un valore simile ad ħ
32√920 = 1,2377084.. ≈ 2(ɸCheope – 1) = 1,23718068..
128√920 = 1,054762.. ≈ ħ = 1,054571..
Qui, abbiamo preso in considerazione il numero intero della misura del lato, e abbiamo numerologicamente escluso i decimali (come si è detto, ogni lato della Grande Piramide misura mediamente circa 230,36 metri). Una cosa che nell’antichità si usava fra l’altro anche per poter inserire numeri di interesse scientifico nel mito. In questo modo la cifra risultava un po’ inesatta, ma però simbolicamente possente e significativa. Per esempio, il profeta Enoch viene assunto in cielo all’età di 365 anni, anche se il ciclo solare di cui questo numero è certamente un simbolo dura 365,25 giorni.
Questo significa che invece di prendere in considerazione una misura idealizzata – o mitica – potremmo anche prendere in considerazione la misura esatta del lato della Grande Piramide – includendo cioè nel calcolo anche i decimali. A questo punto, potremmo fare il rapporto fra la metà del perimetro espresso in metri e la misura di un lato espressa in cubiti. Avremmo allora un chiaro riferimento a π, dato che
460,72 : 440 = 1,0470909.. ≈ π/3 = 1,0471975.. ≈ (π – ɸ2) ∙ 2 = 1,0471173..
Qui possiamo osservare di passaggio che questo stesso riferimento a π pare contenuto anche nella durata dell’anno solare, dato che la sua radice 256sima ci porta proprio a questo rapporto
(128√365,25) ∙ 3 = 1,047177.. ∙ 3 = 3,141532.. ≈ π = 3,141592.. (-0,00006)
A questo punto, viene facile notare che un valore molto simile alla durata dell’anno solare, a livello numerologico, è quello della costante di Balmer, pari a 364,6 nm. Se ne può dunque ricavare una discreta approssimazione di π seguendo lo stesso procedimento
(128√364,6) ∙ 3 = 1,047162.. ∙ 3 = 3,141488.. ≈ π = 3,141592.. (-0,000104)
Comunque sia, tornando al nostro argomento principale, c’è da sottolineare che ancora più significativo sarebbe il riferimento a π che troviamo nelle misure della Grande Piramide se la misura effettiva del lato fosse quella a cui siamo arrivati sopra per via ipotetico-deduttiva, a partire dal Numero della Bestia. In questo caso, il riferimento a π avverrebbe per mezzo della costante che ci serve per misurare la velocità della luce c = 2,9979246. Tenendo conto che la metà del perimetro della Grande Piramide corrisponde con buona approssimazione alla velocità di rotazione della Terra su sé stessa espressa in metri al secondo (465 m/s), allora avremmo che le misure fondamentali di questo capolavoro dell’architettura e della scienza esprimerebbero anche il rapporto fra queste due grandezze fisiche fondamentali. Una cosa che non ci stupirebbe affatto, dopo tutto quello che abbiamo visto in The Snefru Code parte 3 e parte 7.
Infatti
461,056.. : 440 = 1,047854.. ≈ π/c = 1,047922..
L’approssimazione di π che potremmo in questo modo ricavare sarebbe davvero buona, dato che
1,047854.. ∙ 2,9979246 = 3,1413.. ≈ π = 3,1415..
Il lettore si sarà reso conto che queste cifre contengono anche una chiara allusione a una delle misure fondamentali della Camera del Re, in particolare a quel lato est-ovest che abbiamo preso in considerazione sopra, che misura 10,479 metri. La prima – 1,0471975 – rappresenta – come subito si vede – circa un decimo di questa misura.
5.
I motivi di interesse del lato della Grande Piramide non finiscono qui. Per esempio, possiamo trovare un’allusione al numero d’oro anche nella diagonale del quadrato di base della Grande Piramide misurata in metri, dato che essa è uguale a
√(230,362 ∙ 2) = √(53065,7296 ∙ 2) = √106131,4592 = 325,778..
La metà di questa cifra corrisponde al cateto di uno dei quattro triangolo rettangoli in cui possiamo scomporre il quadrato di base della Grande Piramide. Dalla sua radice 96sima si ricava una discreta approssimazione del numero caratteristico di ħ
325,778.. : 2 = 162,889.. ≈ 100ɸ = 161,803..
96√162,889.. = 1,054485.. ≈ ħ = 1,054571..
Invece, la radice quarta del perimetro espresso in cubiti (che sembra il perimetro “esatto”, cioè quello in cui non compaiono decimali) appare come una chiara allusione a ɸ, dato che
4√1760 = 6,47706.. ≈ 4ɸCheope = 6,47436136 ≈ 5 + 3√2ɸ = 6,47912..
Sopra però abbiamo ipotizzato che nella Grande Piramide coesista – insieme al metro e al cubito – anche una terza unità di misura, derivata dal rapporto G/h, che abbiamo chiamato “metro della Grande Piramide” (in lettere potremo chiamarli “mGP”). Se la teniamo per buona – a livello di esperimento mentale – noi constatiamo che il lato della Grande Piramide viene circa 228,8 mGP. La metà della diagonale che abbiamo sopra calcolato sarebbe un’approssimazione quasi perfetta di un multiplo del numero d’oro
√(228,82 ∙ 2) : 2 = 161,786.. ≈ 100ɸ = 161,803
Se al risultato ottenuto sottraiamo 100 (cioè il moltiplicatore dell’approssimazione di ɸ che sta alla base della misura ottenuta) e poi facciamo quattro volte consecutive il logaritmo naturale arriviamo a un’ottima approssimazione della costante di Dirac moltiplicata per – 1
Ln (Ln (Ln (Ln 61,786..))) = -1,054512.. ≈ ħ ∙ -1 = -1,054571..
Se attuiamo un simile procedimento con 1/102 ∙ ɸCheope l’approssimazione che otteniamo è ancora migliore
Ln (Ln (Ln (Ln 61,782))) = -1,054543.. ≈ ħ ∙ -1 = -1,054571..
Seguendo un procedimento inverso, si può ottenere un’approssimazione di ɸCheope straordinariamente buona da ħ ∙ -1 = -1,054571..
1 : [inv. Ln (inv. Ln (inv. Ln (inv. Ln -1,054571..) : 102] = 1 : (61,77859.. : 102) =
= 1/0,6177859.. = 1,6186837.. ≈ ɸCheope = 1,61859034.. (-0,000093..)
L’area della base della Grande Piramide, misurata in mGP, sarebbe pari a
228,82 = 52349,44 ≈ 2 ∙ (1/ɸCheope + 1)2 ∙ 104 = 52346,93
6.
Tutto quel che abbiamo scoperto fino ad adesso quanto alle misure della Grande Piramide espresse in metri ci suggerisce che quasi per forza di cose anche queste stesse misure espresse in cubiti debbano avere dei motivi di interesse. In effetti, per esempio, la radice della metà del perimetro, ci porta alla durata del mese lunare, la radice 32sima ci porta vicinissimi al numero d’oro, mentre quella 128sima ci porta a una buona approssimazione di ħ, dato che
√880 = 29,66 ≈ 29,53 durata del mese delle fasi lunari espresso in giorni solari
32√880 = 1,23599.. ≈ 2/ɸ = 1,23606.. (-0,00007)
128√880 = 1,054396.. ≈ ħ = 1,054571..
Come tutti sappiamo, la costante di Dirac “accatagliato” è un derivato della costante di Planck, dato che ħ = h/2π. A questo punto forse non è più una sorpresa per nessuno scoprire che possiamo ricavare un’ottima approssimazione della costante di Planck facendo il logaritmo naturale del lato della Grande Piramide espresso in cubiti più 102 ∙ π. Infatti
Ln (440 + 102 ∙ π) = Ln 754,159.. = 6,6256.. ≈ h = 6,626
E qui possiamo notare di passaggio che facendo il logaritmo naturale dell’approssimazione di h che abbiamo appena dedotto dal lato della Piramide e da π otteniamo un numero molto particolare, ovvero quel numero che, elevato alla potenza di sé stesso, ci dà la costante gravitazionale divisa per 2. Un numero il cui inverso corrisponde in modo quasi perfetto anche con c/10
(Ln 6,6246..Ln 6,6246..) ∙ 2 = (1,890941..1,890941..) ∙ 2 = 3,335662246.. ∙ 2 = 6,671324.. ≈ G = 6,672
1/1,890941..1,890941.. = 1/3,335662246.. = 0,29979054.. ≈ c/10 = 0,29979246
E qui sembra interessante notare che possiamo ottenere un’ottima approssimazione di 1 – c/10 attraverso una funzione logaritmica di -3/10. In questo modo, sulla base della stessa funzione, possiamo ottenere anche un’ottima approssimazione di G
8√inv. Ln (inv. Ln (inv. Ln – 3/10) = 1,29979478.. ≈ 1 + c/10 = 1,29979246
[1/(1,29979478.. – 1)] ∙ 2 = (1/0,29979478..) ∙ 2 = 3,335615.. ∙ 2 = 6,671230.. ≈ G = 6,672
A questo punto conviene forse mostrare un ulteriore dettaglio che, ci rendiamo conto, può anche essere visto come frutto di una mera speculazione. Ma lo mostriamo lo stesso, diciamo, come curiosità.
Uno dei numeri a cui sembra alludere la misura del lato della Grande Piramide espressa in cubiti è il 2, e dunque anche il 20, dato che 20 ∙ 22 = 440. Ebbene, se prendiamo il 20 e vi sommiamo π – uno dei numeri caratteristici dell’edificio, facendo il logaritmo naturale abbiamo ancora una volta una sorpresa
Ln (20 + π) = Ln 23,1415.. = 3,141631.. ≈ π = 3,141592.. (-0,000038)
7.
Le analisi che abbiamo condotto finora ci insegnano forse che molto raramente i numeri tipici che individuiamo nell’architettura sacra come nei miti Antichi Egizi siano da considerarsi scientificamente insignificanti. Per esempio, nelle Storie Erodoto ce ne ha tramandato uno che pare particolarmente misterioso, il 341. Questo numero corrispondeva, secondo quei sacerdoti Antico Egizi che lo comunicarono al primo degli storiografi occidentali, al numero di file di statue che a loro volta corrispondevano al numero di antenati di ciascun sacerdote ancora in vita. Curiosamente, questo numero ha anche altre caratteristiche interessanti, che sembrano aver poco a che vedere con il succedersi delle generazioni dei sacerdoti Antico Egizi.
La premessa a questo ragionamento è che esiste un numero che elevato alla potenza di sé stesso ci da il numero di Eulero. Questo numero è
1,76322283435..1,76322283435.. = e = 2,7182818284590452353602874713527
Un primo elemento di interesse di questo numero è che se ne può ricavare una buona approssimazione anche da ɸ, da ɸ e da πCheope, come anche da πCheope, ɸCheope e c
ɸ + 1/ɸ4 = 1,763932022.. ≈ 1,76322283435..
1/ɸ + Ln πCheope = 1,763166293.. ≈ 1,76322283435..
πCheope + ɸCheope – c = 1,763522888.. ≈ 1,76322283435..
Ma l’aspetto più importante sembra un altro. Se prendiamo questo numero e ne facciamo la sezione aurea, troviamo un numero molto simile a quello che in The Snefru Code parte 3 e parte 7 abbiamo visto caratterizzare il rapporto fra la massa del protone mp e il raggio classico del protone rp, dato che
1,76322283435.. : 1,618033988.. = 1,089731.. ≈ mp/rp = 1,089576..
Questo numero, come vedremo in un lavoro successivo, è davvero importantissimo nello stabilire i rapporti armonici nell’ambito delle costante atomiche. Ma, a parte questo, se ne facciamo il logaritmo naturale arriviamo a un risultato forse ancor più interessante
Ln 1,76322283435.. = 0,567143290408..
Come molte volte ci è accaduto nel corso di questa ricerca, il numero che vediamo sopra sembra non aver proprio nulla di particolare. Invece, se ne facciamo ancora una volta il logaritmo naturale, quello che otteniamo è il numero stesso moltiplicato per -1
Ln 0,56714329040.. = -0,56714329041..
In pratica, si può arrivare a un numero molto simile a questo partendo da quella cifra che venne trasmessa a Erodoto dai sacerdoti Antico Egizi. Facendo per 3 volte consecutive il logaritmo naturale di 341 arriviamo a
Ln(Ln(Ln 341))) = 0,56720964896044106242479165324605
Il logaritmo naturale è praticamente pari all’inverso di questo numero dato che
Ln 0,567209.. = -0,567026..
Questo significa che facendo per due volte consecutive il logaritmo naturale di 341, arriviamo molto vicini a quella cifra che elevata alla potenza di sé stessa ci da il numero di Eulero: uno dei 4 numeri fondamentali che furono codificati già partire nel lato della Grande Piramide
Ln(Ln 341)Ln(Ln 341) = 1,76333984314..1,76333984314.. = 2,71878033.. ≈ e = 2,718281828..
9.
Altre volte può capitare che quelli che possiamo definire “i numeri tipici” dell’Antico Egitto possano, come potremmo dire, essere usati come un sistema. Per esempio, se prendiamo il numero caratteristico del sarcofago di Djedefre (234) e lo sommiamo a quello del numero di giorni del calendario solare Antico Egizio (365) arriviamo a un bel 599. Facendo per tre volte il logaritmo naturale a partire da questa cifra arriviamo a
Ln(Ln (Ln 599)) = 0,618185.. ≈ ɸCheope – 1 = 0,61859.. ≈ 3√Ln (e√10/102) = 0,618187..
Inoltre, dividendo il 234 per un altro numero sacro in tutto il mondo antico, e dunque anche per gli Antichi Egizi, si arriva al rapporto esistente fra il sesto e il settimo numero della serie di Fibonacci,dato che
234 : 144 = 13 : 8 = 1,625
E questa rappresenta forse un’altra possibile ragione – al tempo stesso matematica e scientifica – per cui gli Antichi Egizi si preoccuparono di codificare questo numero all’apparenza tanto inconsueto nel sarcofago di Djedefre.
Chi ha letto The Snefru Code parte 7 si ricorderà forse che il numero tipico del sarcofago di Djedefre (234), in connessione con il numero tipico del ciclo di Sirio, dava luogo a un’approssimazione di π molto interessate, che avevano denominato πDjedefre
(1461 : 234) : 2 = 3,12179..
Questo numero era risultato interessante perché ci aveva permesso di calcolare in modo molto esatto la costante gravitazionale. Ebbene, se prendiamo la costante gravitazionale e facciamo l’inverso del suo doppio logaritmo abbiamo che
1 : [Ln (Ln 6,672)] = 1 : 0,640758.. = 1,56065.. ≈ πDjedefre/2 = 1,56089..
Situazioni di questo genere ci avvertono che esiste un modo di concepire la matematica che ha ben poco a che fare con il nostro. Questa matematica “altra” non ha come scopo quello di proiettare un ordine nel caos, ma quello di scoprire un ordine nascosto in un disordine apparente. Questo significa che ci si può spingere alla ricerca di relazioni che nell’Occidente moderno screditerebbero l’onorabilità di qualsiasi matematico. Relazioni magari un po’ approssimate, fondate forse sul fatto che il principio di indeterminazione rende qualsiasi cifra un po’ approssimata. Relazioni, comunque sia, come quelle che mostriamo qui sotto
Ln π + c – 1 = 1,14472988.. + 2,9979246 – 1 = 3,142654.. ≈ πCheope = 22/7 = 3,142857..
(tg e° + 1) ∙ 3 = (tg 2°,71828.. + 1) ∙ 3 = (0,04747859.. + 1) ∙ 3 = 1,04747859.. ∙ 3 =
= 3,142435.. ≈ πCheope = 22/7 = 3,142857..
1/sen c2 = 1/sen 8°,98755190728516 = 1/0,1562198759.. = 6,401234..
Ln(Ln 6,401234..) = 0,61868.. ≈ ɸCheope = 0,61859..
parte seconda:
IL SISTEMA TRIGONOMETRICO DI ORIGINE BABILONESE COME CODICE ERMETICO-SCIENTIFICO
1. Una delle conseguenze più ovvie e rilevanti del ragionamento che abbiamo svolto sinora è che, oltre al cubito, il mezzo cubito, etc. queste persone conoscevano anche il metro, il decimetro, il centimetro, il chilo, il grammo, il litro e tutto quanto il nostro sistema metrico decimale. È solo per questo che il lato della Grande Piramide può essere definito attraverso il 440 – che è la sua misura in cubiti – e il 230 – che è la sua misura in metri (escluso i decimali).
Questo fatto dimostrerebbe a sua volta la fondamentale verità di quella tradizione ermetica – di cui fu seguace anche Isaac Newton – che attribuiva all’Antico Egitto una conoscenza scientifica piena e perfetta dell’universo. Vera risulterebbe allora anche la logica conseguenza di questa affermazione: che se nel mondo moderno siamo pur giunti a possedere una scienza – per quanto ancora molto lontana dalla profondità e dalla perfezione di quella del passato – ciò si deve al fatto che dei frammenti di questa antica conoscenza si sono conservati e trasmessi fino a noi. A parte tutta la matematica e la geometria greca, che altro non sarebbero che eredità in qualche modo trapelate di un pensiero scientifico antico di decine di migliaia di anni, vi sarebbe anche tutto il sistema metrico decimale. La Rivoluzione Francese non sarebbe stata altro che l’occasione che fu colta dai possessori di questa conoscenza segreta per poterla rendere finalmente pubblica e pubblicamente utilizzabile, vincendo la resistenza dell’Ancien Regime con la forza dirompente delle armate repubblicane.
Naturalmente ci immaginiamo che queste affermazioni appariranno a qualcuno del tutto farneticanti e fantastoriche. Quella che abbiamo or ora esposto non sarebbe dunque l’abbozzo di una vera e propria “teoria”, ma una fantasticheria un po’ folle e del tutto infondata, frutto di quella sorta di malattia mentale di cui, secondo gli egittologi tradizionalisti, soffrono i “piramidioti”, cioè la “piramidiozia”. Il prodotto di tale stato delirante sarebbero delle pseudo teorie, a volte ancora più folli di quella che abbiamo or ora delineato, che una certa parvenza di rispetto la gode a causa del fatto che fu professata da uno dei massimi geni dell’Occidente.
Forse si può dare del piramidiota a un John Anthony West, a un Bauval o a un Hancock sentendosi ancora il cuor leggero. Più difficile è fare una cosa del genere con un Isaac Newton, scienziato capace di mettere a punto la prima grande teoria scientifica occidentale, l’inventore del calcolo infinitesimale, ingegnere che seppe ideare e costruirsi il primo telescopio a specchio.
2. Ebbene, per quanto possa sembrare strano, la prova inquestionabile e definitiva della verità e fondatezza delle ipotesi “piramidiote” non è in qualche nuovo documento trovato chissà come, o in un nuovo filmato in cui gli Ufo sorvolano le Piramidi. Si tratta invece delle equazioni che troviamo qui sotto. Equazioni moderne, ma che si servono però di un metodo molto antico, ovvero la trigonometria a base sessagesimale, con le frazioni di grado espresse però in centesimi.
Ma come, si domanderà il lettore di stampo “tradizionalista”: non sappiamo tutti che la trigonometria a base sessagesimale ha delle origini che risalgono addirittura al mondo babilonese? E questo è un ambito che con la scienza moderna, le sue procedure, le sue basi teoriche, la sua tecnica, le sue unità di misura non ha proprio nulla a che fare!
Di nuovo, siamo consapevoli che questa obiezione parrà a tutti assolutamente ovvia e scontata. Talmente ovvia e scontata che ci sarà qualcuno che avrà considerato la sua esposizione come uno spreco di tempo o un mero artificio retorico. Ma siccome l’argomento che ci prepariamo ad affrontare sembra smentirla irrefutabilmente (almeno nella parte che vuole la trigonometria babilonese estranea a un contesto tecnico-scientifico paragonabile al nostro) ben presto il lettore si renderà conto che aver ripetuto quest’ovvietà è stato qualcosa di molto, molto utile, o addirittura di assolutamente necessario. Non foss’altro che per avere una misura della profondità del baratro che si apre sotto i nostri piedi quando seguiamo le orme di un ragionamento matematico come quello che segue.
3. Come molti sanno – anche se questa è per solito una nozione negletta dagli archeologi – una delle basi teoriche della nostra meccanica più avanzata, la meccanica quantistica, è la costante di Planck. Con essa si è scoperto che l’energia non è un fluido infinitamente divisibile, ma un’entità, per così dire, pulviscolare. Essa infatti si trasmette per multipli interi di una quantità minima: al di sotto di questa quantità non è dunque possibile alcuna emissione o ricezione di energia. Questa quantità minima corrisponde a un valore costante, il cui simbolo è h. Recentemente si è arrivati a un valore di 6,626 ∙ 10-27 erg/s (anche se più comunemente questo valore viene espresso come 6,626 ∙ 10-34 joule/s. Il valore che venne originariamente stabilito da Planck era però leggermente inferiore, dato che valeva, secondo i suoi calcoli, 6,55 ∙ 10-27 erg/s-
La diversità del valore, secondo l’idea che abbiamo dei valori costanti, corrisponde a una maggior precisione della misura moderna: non ci viene in mente che il valore della costante possa essere invece variabile: e variabile, appunto fra i 6,626 e i 6,55 ∙ 10-27 erg/s. Ovviamente, i valori di queste costanti dipendono dalle unità di misura usate: se invece di usare i metri e i chili si fossero usati i pollici e le libbre, presumibilmente questi valori sarebbero diversi.
Ora però, le equazioni che ci accingiamo a esporre sembrano stabilire un legame inestricabile
1) Fra il valore di h stabilito da Planck all’inizio del secolo e quello che è attualmente in uso
2) fra il sistema metrico decimale – occidentale e moderno – e la trigonometria a base sessagesimale – di origini non chiare ma senz’altro molto, molto antica (il sistema di divisione dell’angolo giro in 360 parti viene attribuito ai Babilonesi: ma è noto che i giorni “puri” del calendario solare Antico Egizio e Maya erano giusto 360 e questo lascia pensare che questo sistema fosse molto più diffuso di quanto oggi non si pensi).
Arriviamo immediatamente al punto. Se prendiamo un angolo x il cui coseno sia pari a 1 diviso la costante di Planck attualmente in uso, ed escludendo le potenze del 10, abbiamo che
cos x = 1/h = 1/6,626 = 0,15092061575611228493812254753999
Quest’angolo è pari a
x = 81°,319718653708886232001844325622
Adesso, che cosa dobbiamo dire quando scopriamo che la tangente di tale angolo – che abbiamo dedotto per via trigonometrica a partire dalla costante di Planck attualmente in uso – è esattamente pari alla costante di Planck misurata da Planck stesso all’inizio del secolo?
Infatti
tg 81°,319718653708886232001844325622 = 6,55010..
Questo inquestionabile fatto trigonometrico sembra provare con l’inesorabile evidenza della logica matematica che fra la costante di Planck misurata all’inizio del secolo e quella attualmente in uso vi è un’altrettanto inquestionabile proporzione trigonometrica. Una proporzione trigonometrica che si fonda però su dei numeri stabiliti un numero imprecisato di millenni fa. E questo potrebbe indicare che la costante non sia un valore fisso ma una variabile. Un primo indizio di questo fatto lo possiamo trovare nel fatto che il rapporto fra queste due cifre corrisponde in modo praticamente esatto a una funzione di π. Infatti
(6,626/6,55)4 = 1,011603..4 = 1,047226.. ≈ π/3 = 1,047197.. (+0,000029)
Di fatto, l’approssimazione di π che possiamo ricavare da 6,626/6,55 è
(6,626/6,55)4 ∙ 3 = 3,141678.. ≈ π = 3,141592.. (+0,00008614283)
Curiosamente, persino l’errore registrato sembra avere a che fare in qualche modo con π, dato che
16√8,614283.. = 1,144066.. ≈ Ln π = 1,144729..
Si tenga presente che si può arrivare all’angolo che ha per tangente il valore di h misurato da Planck all’inizio del secolo anche moltiplicando logaritmo naturale di h = 6,626 per -1. Facendo poi ex si ottiene il coseno dell’angolo che ha per tangente 6,55010..
Ln 6,626 ∙ -1 = -1,8910013038777041192383179463264
e-1,8910013038777041192383179463264 = 0,15092061575611228493812254753999
Questa cifra corrisponde al coseno dell’angolo di 81°,319718.. la cui tangente è
tg 81°,319718.. = 6,5501050373257374199947425311201
Invece, se facciamo due volte consecutive il logaritmo naturale di 6,626 e poi lo moltiplichiamo per -1 arriviamo a
Ln(Ln 6,626) ∙ -1 = -0,63710647919364175207081345904458
Se facciamo ex con questo numero e lo moltiplichiamo per 2 arriviamo a
e-0,63710647919364175207081345904458 ∙ 2 = 1,0576407302833595003377279865383
Facendo la radice di questo numero utilizzando come esponente il numero stesso arriviamo a una buona approssimazione di ħ
1,0576407302833595003377279865383√1,0576407302833595003377279865383= 1,054415.. ≈ ħ = 1,054571..
4. Lo shock che si può provare di fronte a un fatto che appare al tempo stesso tanto innegabile quanto incredibile può spingere a chiudere gli occhi e a rifiutare la realtà. È facile dunque che anche posti di fronte all’evidenza si tenti in qualche modo di negarla, o di aggirarla, magari “spiegandola” ricorrendo per l’ennesima volta al concetto di “caso”(qualunque cosa esso sia). Questa è una scappatoia che si è utilizzata innumerevoli volte, per esempio, di fronte alle meraviglie tecniche dell’Età della Pietra. Dunque è facile prevedere che in molte sedi si tenterà di farlo ancora una volta. A quanto pare, in un certo tipo di ambiente culturale qualsiasi mezzo è buono, pur di negare che nel passato ancestrale dell’umanità si avessero conoscenze scientifiche simili alle nostre o che, addirittura, le nostre conoscenze scientifiche siano un’eredità di quel passato.
Ma che di un caso fortuito questa volta non si possa parlare è dimostrato in modo inequivocabile dal fatto che questa sequenza trigonometrica di “numeri scientificamente significativi” continua inesorabilmente.
Infatti, per arrivare a questo primo risultato avevamo preso la costante di Planck h = 6,626 e avevamo fatto 1/x, intendendo il risultato di quest’operazione come un coseno. L’angolo che abbiamo ricostruito è quello che ha per tangente h = 6,55. A questo punto possiamo andare avanti nel nostro esperimento. Se prendiamo la tangente di 81°,319718.. e facciamo di nuovo 1/x abbiamo che
1/6,5501050373257374199947425311201 = 0,15266930748461368432061342269216
In questo modo siamo arrivati a un risultato che corrisponde al coseno di un angolo pari a 81°,218.. La tangente di questo angolo divisa per 4 è quasi identica a ɸCheope
tg 81°,218.. = 6,47332.. ≈ 4ɸCheope = 6,47436
Per quanto possa sembrarci incredibile, abbiamo ottenuto un secondo risultato scientificamente significativo seguendo un metodo di deduzione trigonometrico che pare in prima istanza del tutto infondato. Per verificare se si tratta di un caso o no possiamo tentare di andare ancora avanti.
Se prendiamo la tangente di tg 81°,218.. e facciamo 1/x, abbiamo che
1/ 6,4733203.. = 0,15448022809819092853944073660407
Questa cifra corrisponde al coseno dell’angolo di 81°,11334.., la cui tangente vale
tg 81°,11334.. = 6,395613809479118322478001707081
Questa volta, sembra proprio che ci troviamo di fronte a una cifra del tutto anonima e insignificante. Quanto questa impressione sia sbagliata lo scopriamo facendone per due volte il logaritmo naturale
Ln(Ln 6,395613809479118322478001707081) = 0,61821.. ≈ ɸCheope – 1 = 0,61859..
5. Quindi, per la terza volta consecutiva abbiamo ottenuto un risultato scientificamente significativo. Le probabilità che una cosa del genere possa avvenire per caso sembrano talmente ridotte che potremmo fermarci qui. Ma siccome alle persone che credono nel caso nessuna prova matematica pare esser bastante, possiamo tentare di andare ancora avanti, per vedere cosa succede. Questo può essere molto utile anche per renderci conto della natura e dell’estensione del codice che stiamo indagando che, lo ripetiamo, è fondato su una trigonometria di cui cominciamo ad aver notizia in un’epoca che oscilla fra i due e i tre millenni prima di Cristo (ma le cui origini dovrebbero essere enormemente più antiche).
Dunque, se adesso prendiamo la tangente di 81°,11334.. e facciamo 1/x abbiamo che
1/6,395613809479118322478001707081 = 0,15635715816953675300790569840083
Il risultato di quest’operazione corrisponde al coseno dell’angolo di 81°,0044.., la cui tangente è
tg 81°,0044.. = 6,3169514799466364113973812196679
Se a questa cifra togliamo 6 vediamo che 0,3169514790.. corrisponde al coseno dell’angolo di 71°,52133.. la cui tangente è pari a
tg 71°,52133.. = 2,9923878..
Chi ha letto The Snefru Code parte 3 e 7 si sarà reso conto che questo è un angolo estremamente vicino a quello che ha per tangente c = 2,9979246, ovvero l’angolo di 71°,55315..: l’angolo caratteristico della piastra che il colonnello Vyse ha ritrovato al termine del Pozzo Stellare Sud della Camera del Re.
L’angolo con una tangente perfettamente corrispondente a
6 + cos 71°,55315.. = 6,316424771589220686556015382673
è quello di 81°,0037.., che è di soli 7 decimillesimi di grado inferiore a quello a cui siamo arrivati con il calcolo. Questo è il momento giusto per osservare che la cifra di partenza di questa sequenza trigonometrica – la costante di Planck attualmente in uso – avrebbe potuto essere non quella determinata per via empirica, ma invece un valore determinato per via numerologica per mezzo di π. Infatti, procedendo nel modo che vediamo sotto, si ottiene un valore ottimamente approssimato di h
14√(π ∙ 1011) = 6,62559660..
La fondatezza numerologica di questo metodo risulta confermata dal fatto che, se facciamo il rapporto fra gli esponenti di questa operazione, otteniamo una buona approssimazione di ɸ, dato che
(14/11)2 = 1,272727..2 = 1,61983.. ≈ ɸ = 1,61803..
mentre dall’11 possiamo ricavare un’ottima approssimazione di ħ = h/2π
√[(3√11) : 2] = 1,054509.. ≈ ħ = 1,054571..
Un ulteriore conferma della validità di questa operazione è il fatto che con lo stesso metodo con cui l’abbiamo costruita possiamo ricavare anche un’ottima approssimazione della costante gravitazionale dato che
9√ ɸ2 x 107 = 6,67143.. ≈ G = 6,67 – 6,672
In questo caso, la somma degli esponenti delle potenze ci dà l’esponente della radice.
Sembra dunque che abbiamo trovato un modo diverso, interamente a priori, di stabilire una delle costanti più importanti della fisica. Un metodo fondato sulle potenze e le radici di numeri che sono stati usati per costruire la Grande Piramide.
Ebbene, se partiamo da quel valore di h cui siamo arrivati per mezzo di π, ripetendo la stessa sequenza che abbiamo fatto, sopra (1/tg x = cos x), arriviamo infine a un angolo pari a 81°,00389.., la cui tangente è
tg 81°,00389.. = 6,3165283526279336851409104680127
Ripetendo l’operazione che abbiamo fatto sopra (tg – 6 = cos x), arriviamo a un valore di c = 2,9979246 davvero ben approssimato, dato che togliendo 6 alla tangente e interpretando il risultato come un coseno arriviamo a un angolo pari a 71°,54689.., la cui tangente è 2,9968343.
Ma il modo in cui h è stato trigonometricamente codificato ci lascia supporre che avremmo potuto scegliere un valore qualsiasi fra 6,626 e 6,55: dunque anche quello attraverso il quale arriviamo al valore esatto dell’angolo che ha per tangente c = 2,9979246. Questo valore è circa 6,62549.. Partendo da esso e seguendo lo stesso procedimento (1/tg X = cos Y) arriviamo all’angolo di 81°,003746699.. che ha per tangente 6,31642477.. sottraendo 6 a questo valore arriviamo al coseno dell’angolo di 71°,5531526.., che ha per tangente c = 2,9979246.
Dunque, sembra proprio che la conseguenza che possiamo trarre da queste operazioni sia questa: che abbiamo trovato prove matematiche che appaiono inquestionabili dell’esistenza di una progressione trigonometrico-numerologica che lega gli angoli con le tangenti pari a h in joule, fino a quello con la tangente pari a c=2,9979246. Una progressione che fa si che 1 diviso la tangente da il coseno dell’angolo successivo, che risulta sempre in qualche modo scientificamente significativo.
Per adesso ne abbiamo già trovati quattro. Ma, incredibilmente, questa progressione ancora non si ferma qui.
6. Infatti, se prendiamo la tangente dell’angolo di 81°,0044.. e facciamo 1/x abbiamo che
1/6,3169514799466364113973812196679 = 0,1583042078405274818766322654889
Questa cifra corrisponde al coseno dell’angolo di 80°,8915199.. La tangente di quest’angolo è pari a
tg 80°,8915199.. = 6,2372971710509352642320499754538
Se sottraiamo 3 a questa cifra e poi dividiamo il risultato per 2 abbiamo che
(6,23729.. – 3) : 2 = 1,61864.. ≈ ɸCheope = 1,61859..
Abbiamo quindi trovato per la quinta volta consecutiva un risultato scientificamente significativo. Qui è giusto soffermarsi sul fatto che negli ultimi due casi la connessione fra il valore della tangente e il dato scientifico ricavato non è così immediata come quelle che avevamo visto precedentemente. Ma tutti sappiamo come nel passato dell’umanità i procedimenti che noi chiamiamo con disprezzo “numerologici” fossero al contrario molto rispettati e considerati profondamente significativi.
Noi, seguendo questa tradizione, per arrivare al risultato di interesse, abbiamo usato due numeri molto importanti per la numerologia, vale a dire il 6 e il 3. Il primo è un numero che si connette simbolicamente tanto al Numero della Bestia (il 666) che a quello del numero di giorni in cui il Dio dell’Antico Testamento ha creato il mondo – oltre che al sistema sessagesimale in generale. Quanto al 3, gli esempi che potremmo portare sono talmente tanti che citandone solo uno si fa ingiustizia a tutti gli altri (L’esempio storicamente più vicino è forse l’idea della storia come tesi-antitesi-sintesi, ideata da Hegel e utilizzata anche da Marx, anche se il fascino della spiegazione trinitaria fu sentito qualche tempo dopo anche da Freud, che spiegò la produzione onirica in modo simile a Hegel come desiderio infantile-attivazione diurna-sogno).
Per di più, in questo contesto il 3 risulta significativo in almeno altri due casi.
Quanto al primo, se facciamo 6,626 + 3 = 9,626 e interpretiamo il risultato come un angolo, vediamo il suo coseno è pari a circa un decimo del valore della costante che ci serve per determinare la massa del protone mp
cos 9°,626 = 0,167216.. ≈ mp/10 = 0,16725
Il secondo caso è ancora più significativo. Se facciamo la sezione aurea del 3, arriviamo vicinissimi a quel numero che, elevato alla potenza di sé stesso, ci da π. Non avendo un nome per definirlo, lo chiameremo “numero di Cheope” (NCheope), in onore a coloro che hanno tanto genialmente codificato questa costante importantissima nel massimo capolavoro dell’architettura sacra che l’umanità abbia mai costruito.
3/ɸ = 1,854101966.. ≈ NCheope = 1,8541059679.. (-0,000004)
Come abbiamo detto, NCheope, se elevato alla potenza di sé stesso ci da esattamente π, dato che
1,8541059679.. 1,8541059679.. = 3,141592653.. = π = 3,141592653..
Questo significa che diviso per 3 ci da un’approssimazione davvero molto buona di 1/ɸ, dato che
1,8541059679.. : 3 = 0,618035322.. ≈ 1/ɸ = 0,618033988.. (+0,0000013)
Questo, a sua volta, dimostra che la sezione aurea del 3 ha un rapporto strettissimo con π, dato che
(3/ɸ)(3/ɸ) = 1,854101966..1,854101966.. = 3,141572.. ≈ π = 3,141592.. (-0,00002)
Quindi il 3, oltre ai molti significati metafisici, ha anche dei significati matematici inesplorati, che fanno sì che esso possa essere visto come la sintesi dei due numeri sulla base dei quali è stata progettata la Grande Piramide, vale a dire ɸ e π. Dunque, può essere visto anche come la sintesi della mente divina che ha generato l’ordine del cosmo proprio in base a ɸ e π.
7. Una possibile prova che gli Antichi Egizi fossero a conoscenza di questo numero e delle sue proprietà la possiamo trovare nell’angolo di base della Piramide Romboidale. Questo angolo non ha suscitato gli stessi dibattiti e le stesse passioni che ha suscitato quello della Grande Piramide. In compenso, il buono stato del rivestimento ha consentito delle operazioni di misura un po’ più comode, e pare che esso si aggiri intorno ai 54°,5. Ebbene L’angolo di 54°,488125.. corrisponde abbastanza bene a quello della Piramide Romboidale. Il suo seno è 0,81399.. e il suo inverso elevato al cubo è uguale al Numero di Cheope
(1/0,81399..)3 = 1,22850855159..3 = NCheope = 1,85410596792..
Ricordiamo che l’angolo di 54° è strettamente connesso al Numero della Bestia perché lo si può ricavare dall’angolo giro diviso per 6,6666… D’altra parte, l’angolo di 54° è strettamente connesso al numero d’oro perché l’inverso del suo seno è esattamente uguale a 2/ɸ
1/sen 54° = 1/0,80901699.. = 1,23606.. = 2/ɸ
Si nota che il Numero di Cheope è legato numerologicamente al 54 perché le sue prime due cifre sono il 18 e il 54 (e 54 = 18 ∙ 3). E questo vale anche per la costante di Dirac, dato che una sua buona approssimazione si può costruire numerologicamente a partire dal 54, dal 10 e dall’1 scrivendo
1 + 54/1000 + (54 + √10) : 100000 = 1,054571622.. ≈ ħ = 1,054571688
Considerando questo, sembra di poter dire che i risultati che abbiamo ottenuto fino a questo momento abbiamo un buon fondamento tanto numerologico che strettamente matematico. Questo ci autorizza a provare ad andare ancora avanti nel nostro esperimento.
Se prendiamo la tangente dell’angolo di 80°,8915199.. e facciamo 1/x abbiamo che
1/6,2372971710509352642320499754538 = 0,16032585470534954574274424418415
Il risultato di quest’operazione corrisponde al coseno di un angolo pari a 80°,774189.. Se intendiamo questo angolo come un numero e ne facciamo la radice quarta arriviamo a un’approssimazione straordinariamente buona di c = 2,9979246, dato che
4√80,77418950716283339560921274637 = 2,9979069.. ≈ c = 2,9979246 (-0,0000177)
La tangente di quest’angolo è pari a
tg 80°,774189.. = 6,1566123801974085300430291075319
Se prendiamo il valore di questa tangente e lo dividiamo per l’approssimazione di c che abbiamo trovato a partire dall’angolo di cui è tangente e poi facciamo la radice cubica arriviamo a
3√(6,1566123801974085300430291075319 : 2,9979069727404112497496745247847) =
= 3√2,0536368994030521460837273262119 = 1,2710848810387944588735941865114
Il risultato di questa operazione è anonimo solo in apparenza. Infatti, gli appassionati di piramidologia si saranno già resi conto che esso corrisponde in modo praticamente esatto tanto a √ɸ = 1,27201.. quanto alla tangente di un angolo pari a 51°,806.., inferiore di soli 9/1000 a quello della Grande Piramide (51°,817).
Abbiamo ottenuto dunque per la sesta volta un risultato scientificamente significativo. Possiamo quindi tentare di procedere ancora oltre.
8. Se prendiamo la tangente dell’angolo di 80°,774189.. e facciamo 1/x abbiamo che
1/6,1566123801974085300430291075319 = 0,16242698715554600616683710941679
Questo risultato corrisponde al coseno di un angolo pari a 80°,6522.. La sua tangente è
tg 80°,6522.. = 6,07485604767717932136058632162
Se togliamo 3 a questo numero arriviamo a 3,0748, ovvero a una buona approssimazione della costante che ci serve per calcolare il diametro classico del protone (dp = 3,07). Dividendolo per 4, facendone la radice e dividendo ancora il risultato per 2 abbiamo che
√(6,07485604767717932136058632162 : 4) : 2 = 0,61618.. ≈ ℓp – 1 = √(ħG/c3) – 1 = 1,616 252 – 1 = 0,616252
Quel che abbiamo simbolizzato con ℓp è la lunghezza di Planck, vale a dire la distanza più piccola che si possa descrivere, sotto la quale il concetto di dimensione perde ogni significato fisico: abbiamo dunque ottenuto per la settima volta un risultato scientificamente significativo. Tanto più significativo quando ci rendiamo conto che prendendo 0,61618.., moltiplicandolo per 10 e facendo due volte il logaritmo naturale arriviamo di nuovo a un dato scientifico importante, ovvero a 1 diviso la costante che ci serve per ottenere la massa del protone
Ln(Ln 0,61618.. ∙ 10) = 0,5979399.. ≈ 1/mp = 1/1,6725 = 0,5979073..
Inoltre, un numero molto vicino a √(ħG/c3) – 1 = 0,616252.. possiamo ottenerlo anche da h così come fu fissato da Planck all’inizio del secolo, dato che dividendolo per 2 e facendo la radice nona abbiamo che
(9√6,55) : 2 = 1,23223482291.. : 2 = 0,616117.. ≈ ℓp – 1 = √(ħG/c3) – 1 = 0,616252..
Come abbiamo già visto in The Snefru Code parte 3 e parte 7, questo genere di rapporti fra le costanti fisiche costituiscono più una regola che un’eccezione. Per esempio, si può ricavare ħ a partire dalla costante che ci serve per calcolare la carica unitaria in questo modo
(1,6022 – 1) ∙ π = 1,8918670959917734882022038454109
Facendo la radice 12sima si arriva a
12√1,8918670959917734882022038454109 = 1,054567.. ≈ ħ = 1,054571.. (-0,000004)
Dalla stessa cifra si può arrivare anche molto vicini a ɸ
3√1,8918670959917734882022038454109 = 1,23679.. ≈ 2/ɸ = 1,23606
Dato il grande interesse matematico-scientifico di questa indagine, potremmo tentare di andare ancora avanti. Però, siccome gli scopi che ci siamo posti in questo scritto trascendono le questioni esclusivamente matematiche, conviene forse di fermarci qui.
9.Prima di passare alla parte successiva di questo lavoro, osserviamo solo due ultime cose. La prima è che la trigonometria di (presunta) origine babilonese è capace di ordinare in un ritmo trigonometrico molto preciso anche due valori che per solito si giudicano incommensurabili, vale a dire π e ɸ. Due valori che nel corso di questo lavoro ci sono diventati oramai molto familiari.
Come è noto, per passare dai centesimi di grado ai sessantesimi di grado, occorre prendere la parte decimale di un grado, dividerla per 100 e moltiplicarla per 60. Ebbene, se prendiamo un angolo pari a ɸ2/10 = 0,2618033988.., lo dividiamo per 100 e lo moltiplichiamo per 60 arriviamo a
(0,2618033988.. : 100) ∙ 60 = 0,15708203.. ≈ π/20 = 0,15707963.. (+0,0000023)
L’approssimazione di π che riusciamo ad ottenere è davvero ottima
0,15708203.. ∙ 20 = 3,1416.. ≈ π = 3,1415..
La seconda cosa che ci rimane da osservare è che il possibile punto di partenza di questa serie matematica costruita attraverso la funzione cos x = 1/tg y potrebbe non essere il 6,626. Infatti, come esiste un numero che elevato alla potenza di sé stesso ci da π, così anche ne esiste uno che elevato alla potenza di sé stesso ci da 360. È quello che vediamo qui sotto
4,141827188146.. 4,141827188146.. = 360
Se moltiplichiamo questo numero per ɸ abbiamo che
4,141827188146.. ∙ 1,618033988.. = 6,7016171659486335767923753847203
Applicando a questo numero la funzione cos x = 1/tg y abbiamo che
cos x = 1/6,7016171659486335767923753847203 = 0,14921771495409601860513182175028
x = 81°,418405272032021391905951842329
tg 81°,418405272032021391905951842329 = 6,6265883.. ≈ h = 6,62606..
Se ripetiamo le operazioni che abbiamo fatto sopra, arriviamo a risultati del tutto simili a quelli a cui siamo giunti partendo dal 6,626 “rotondo”.
Un tratto molto interessante di questo numero è che diviso per π ci da un risultato praticamente identico a 1 + 1/π. Infatti
4,141827188146../π = 1,318384.. ≈ 1 + 1/π = 1,318309..
L’approssimazione di π che possiamo ricavarne è piuttosto buona
1/(1,31838454.. – 1) = 3,140856.. ≈ π = 3,141592..
Inoltre, si nota subito che una buona approssimazione di questo numero la si può ricavare da π, dato che
π + 1 π + 1 = 4,14159265358979323846264338327954,1415926535897932384626433832795 = 359,795..
Gli elementi di interesse di questa tecnica di calcolo non finiscono qui. Per esempio, come esiste un numero che elevato alla potenza di sé stesso ci da 360, vi è anche quello che elevato alla potenza di sé stesso ci da 346,6, ovvero la durata dell’anno delle eclissi. È il numero che vediamo qui sotto
4,126145.. 4,126145.. = 346,5978.. ≈ 346,6 anno delle eclissi
Ebbene, se dividiamo questo numero per il numero di Cheope, otteniamo una buona approssimazione di 2ħ2, dato che
√[(4,126145.. : 1,85410596792..) : 2] = 1,054848.. ≈ ħ = 1,054571..
Naturalmente, come vi è un numero che elevato alla potenza di sé stesso ci da la durata dell’anno delle eclissi, allo stesso modo vi è un numero che elevato alla potenza di sé stesso ci da la durata dell’anno solare. Lo vediamo qui sotto
4,1478055.. 4,1478055.. = 365,25022.. ≈ 365,25 anno solare
Se lo dividiamo per il numero di Cheope e aggiungiamo 1, e poi lo dividiamo per 2, arriviamo a un’ottima approssimazione di ɸCheope, dato che
[(4,1478055.. : 1,85410596792..) + 1] : 2 = 3,2370919.. : 2 = 1,618545965.. ≈ ɸCheope = 1,61859034..
È notevole anche il fatto che questo numero si possa ricavare da una funzione del 4 e da 2ɸ nel modo che vediamo
4 + (1/10 3√2ɸ) = 4 + (1/10 ∙ 3√3,23606..) = 4 + (1/10 ∙ 1,47912..) = 4 + 0,147912.. =
= 4,147912..
L’approssimazione della durata dell’anno solare che possiamo ricavarne sembra di nuovo piuttosto buona, dato che
4,147912.. 4,147912.. = 365,34..
Da ultimo quella che forse è molto più di una curiosità. Come vi è un numero che elevato alla potenza di sé stesso ci da il numero dei giorni “puri” del calendario Antico Egizio, così abbiamo un numero che elevato alla potenza di sé stesso ci da il numero dei giorni del cosiddetto “anno Tzolkin”, un misterioso anno Maya, che durava 260 giorni
4,006494972521.. 4,006494972521.. = 260 numero di giorni del calendario Maya Tzolkin.
Il doppio di questa cifra diviso per 13 (il numero di giorni del “mese” del calendario Tzolkin, costituito da 20 unità di 13 giorni) dà un’ottima approssimazione della lunghezza di Planck – 1
8,012989945042.. : 13 = 0,616383.. ≈ ℓp – 1 = 1,616252.. – 1 = 0,616252
Ci fermiamo qui. Ma è del tutto chiaro che questo argomento merita ulteriori approfondimenti, che presenteremo in altra sede.
parte terza: L’EREDITÀ ERMETICA ANTICO EGIZIA NELLA CULTURA OCCIDENTALE
1. Ripetiamo forse una cosa ovvia, ma in un contesto del genere vale davvero la pena ripeterla, dato che quel che abbiamo scoperto mette in questione tutto quel che fino ad oggi si era considerato come ovvio. Una simile meraviglia matematico-numerologica – ovvero la possibilità di incatenare in una sequenza trigonometrica inesorabile e stringente dei valori tanto importanti per la scienza e per la geometria – ovviamente – non può dipendere soltanto dal sistema trigonometrico che abbiamo utilizzato: l’angolo giro suddiviso in 360 gradi e poi in centesimi di grado. Esso deve per forza di cose dipendere anche da altri 3 fattori che si legano a questo in modo formare quel sistema logico-matematico di cui abbiamo visto or ora gli stupefacenti effetti. Questi 3 fattori sono
1) le unità di misura con cui la costante da cui siamo partiti, ovvero la costante di Planck misurata erg o joule/s, è stata stabilita.
2) le unità di misura con cui la costante c = 2,9979246 è stata stabilita
3) il giorno solare come unità di misura fondamentale dei cicli cosmici
Come tutti sappiamo, 1 joule è 1 kg ∙ 1 m2/ 1 sec2 ed equivale esattamente a 1 ∙ 107 erg. Invece 1 erg,da parte sua, equivale 1 gr ∙ 1 cm2 ∙ sec2. La velocità della luce viene espressa molto spesso in milioni di metri per secondo, o, comunque sia, con il sistema decimale. Questo significa:
1) Che le persone che hanno stabilito la proporzione trigonometrica fra la costante di Plank attualmente adottata e quella misurata dallo stesso Planck conoscevano il sistema metrico decimale, la divisione del tempo in secondi (e dunque in minuti e in ore) e il peso in kg, gr, e dunque in quintali, e tonnellate, etc.
2) Che, con ogni probabilità, la costante di Planck non è un valore fisso, ma oscilla fra un minimo corrispondente al valore stabilito da Planck stesso all’inizio del secolo e un massimo pari a quello che viene attualmente adottato nella prassi scientifica.
3) Tutto quel che abbiamo visto finora dimostra anche che queste unità di misura – come il codice trigonometrico che le ingloba – non sono state stabilite per mero bisogno di una convenzione, ma per creare un’armonia numerologica fra tutti i dati quantitativo-matematici che determinano il cosmo: dunque, come abbiamo largamente visto in The Snefru Code parte 3 e pare 7 e come vedremo ancor meglio in The Snefru Code parte 10, fra i numeri caratteristici della scienza e quelli dei cicli cosmici.
Tanto per fare un esempio, se il metro fosse stato visto come lo stesso segmento di circonferenza terrestre ma diviso per 50 milioni, o se l’angolo giro fosse stato diviso in 400 parti, tutta questa armonia salterebbe. Il 360 non potrebbe più riferirsi contemporaneamente al ciclo solare annuale e a quello precessionale, come abbiamo visto in The Snefru Code parte 7 etc. Inoltre, si nota che il 360 ha un ruolo molto speciale rispetto all’angolo giro anche dal fatto che questo rapporto particolare che vediamo sotto
360/2π = 57,295779513082320876798154814105…
è il limite verso cui tendono le funzioni x°/sin x° e x°/tg x°, con x° che tende verso 0. Per fare un esempio, se prendiamo x = 10-20 abbiamo che
10-20/sen 10-20 = 57,295779513082320876798154814105
Questo in pratica significa che a questo punto possiamo pensare a π non più solo come al rapporto fra diametro e circonferenza di un cerchio, ma anche come al limite della funzione
Lim. {[(360/(x/sen x)] : 2} con x che tende a 0 = π
Questo vuol dire che quella che si credeva l’unicità del π viene almeno in parte messa in discussione dall’unicità della particolare relazione del 360 con la trigonometria. In questo modo, il 360 sembra a sua volta rivendicare una propria unicità fra i numeri interi: pur non essendo un numero primo, pur non avendo caratteristiche che, almeno prima facie, lo possano distinguere dagli altri numeri interi, esso si pone come la misura della circonferenza di un cerchio dalle caratteristiche che paiono assolutamente uniche. Un cerchio da cui si può ricavare il raggio senza passare per π.
Ma questo non è tutto. L’inverso del seno di 10-20 è
1/1,7453292519943295769236907684886e-22 = 57,295779513082320876798154814105 ∙ 10-20
In questo caso particolare, se facciamo la radice 128sima di questo numero abbiamo che
128√5729577951308232087679,8154814105 = 1,479058.. ≈ 3√2ɸ = 1,479128..
In caso che prendiamo x = 10-30, l’inverso del seno è
1/1,7453292519943295769236907684886e-32 = 57295779513082320876798154814105
La radice 64sima ci porta a una buona approssimazione di π
64√57295779513082320876798154814105 = 3,134878.. ≈ π = 3,1415..
Se invece prendiamo x = 10-3 l’inverso del seno è
1/sen 10-3 = 57295,77951599120296355874866048
La radice 64sima di questa cifra corrisponde al rapporto fra la massa del protone e il suo raggio classico mp/rp che, come abbiamo visto in The Snefru Code parte 3 e parte 7, corrisponde a una funzione di π e di ɸ
64√57295,77951599120296355874866048 = 1,089363.. ≈ mp/rp = 1,089576..
Se invece prendiamo x = 10-2 l’inverso del seno viene
1/sen 10-2 = 5729,5779803970530576298602606683
La radice 64sima di questa cifra è
64√5729,5779803970530576298602606683 = 1,144776.. ≈ Ln π = 1,144729
L’approssimazione di π che possiamo ricavarne è
e1,144776.. = 3,141738.. ≈ π = 3,141592..
Se invece prendiamo 360/2π e lo dividiamo per il numero di Cheope NC elevato al quadrato troviamo un numero molto simile a 100/60 ∙ 10, ovvero alla costante che ci serve per trasformare i sessantesimi di grado in centesimi di grado moltiplicata per 10
(360/2π)/NC2 = 57,295779.. : 3,437708.. = 16,66685..
Se invece dividiamo 360/2π per il numero di Cheope elevato al cubo, ecco che otteniamo una discreta approssimazione di c2 = 8,9875519..
(360/2π)/NC3 = 57,295779.. : 6,373876.. = 8,989157235.. ≈ c2 = 8,9875519..
2. Dobbiamo riconoscere che non ci è ancora chiaro il significato di queste relazioni: se esse nascondano un sistema di qualche genere o che cosa altro. Però sembra chiaro che cose di questo genere non potrebbero verificarsi se l’angolo giro fosse definito con un numero diverso, come il 100. Questo significa che l’angolo giro diviso in 360 parti (e dunque anche l’angolo con una circonferenza pari a 360 unità, di qualsiasi genere siano) ha un rapporto specialissimo con la costante che ci serve per calcolare la circonferenza a partire dal raggio (2π), e la costante di Dirac a partire da quella di Planck (ħ = h/2π). Questo probabilmente significa qualcosa, dato che a partire da 360/2π e dal logaritmo naturale di π possiamo arrivare a un valore della costante di Planck compreso nell’intervallo fra quello che usiamo oggi e quello che fu stabilito dallo stesso Planck all’inizio del secolo (dunque un valore che per un certo periodo di tempo è stato considerato come quello giusto). Infatti
(360/2π)/(Ln π)16 = 57,295779.. : 1,144729..16 = 57,295779.. : 8,694574.. = 6,589831..
D’altra parte, si nota che si può arrivare a una buona approssimazione del 360, oltre che, come abbiamo già visto, dalla radice di π, anche dal suo logaritmo naturale
Ln π ∙ 100 ∙ π = 114,472988584.. ∙ π = 359,6274999..
E qui c’è da notare che
(Ln π ∙ 100) – 110 = 4,472988.. ≈ 2√5 = 4,472135..
Inoltre, dal seno e dal coseno di (360/2π) si può arrivare a un’ottima approssimazione di ɸCheope
√{[sen (360/2π)° + cos (360/2π)°] – 1} = 0,617878.. ≈ 1/ɸCheope = 0,617821..
Invece, dall’angolo di 76 gradi, si può arrivare tanto a una buona approssimazione di π che di ɸCheope. Diviso per il suo coseno, ci da un’ottima approssimazione di 100π
76° /cos 76° = 314,1509.. ≈ 100π = 314,1592..
Si arriva all’approssimazione di ɸCheope facendo la radice di tre volte consecutive il suo logaritmo naturale
√Ln(Ln(Ln 76) = √0,38235.. = 0,61835.. ≈ ɸCheope – 1 = 0,61859..
D’altra parte, l’inverso del suo seno ci da il rapporto fra i giorni dell’anno solare e di quello lunare, dato che
1/sen 76° ∙ 354,36 = 1,0306136.. ∙ 354,36 = 365,208..
Se invece prendiamo l’angolo di 54 gradi (che si ottiene dividendo 360 per 6,666.. cioè per il Numero della Bestia) notiamo che dividendolo per il suo seno otteniamo un valore molto prossimo alla costante gravitazionale moltiplicata per 10
54°/sen 54° = 66,74.. ≈ 10G = 66,72
3. L’impresa di costruire una simile visione armonico-scientifica del mondo deve aver richiesto – come minimo – decine di migliaia di anni, ammesso che non sia stata un dono del divino all’umano, come senza alcuna ironia sostenne Isaac Newton.
Infatti il suo aspetto più sconvolgente e incredibile è che l’intima armonia del cosmo che si rispecchia nel codice matematico costituito dal sistema metrico decimale, da quello trigonometrico fondato sul 360 e da quello astronomico fondato sul giorno solare, può essere conosciuta solo a partire dal codice che è capace di rispecchiarla. Letta attraverso un altro codice essa si perde inesorabilmente. Dunque sorge spontanea questa domanda – terribile, criptica, abissale: come è che si è potuto stabilire questo codice, se la possibilità di poterlo stabilire riposa sulla sua stessa conoscenza? Quegli esseri che lo hanno costituito erano uomini, déi o cos’altro per poter arrivare a un risultato insieme tanto alto e profondo, tanto arduo da risultare infine inconcepibile?
Si pensi solo che molti degli angoli che abbiamo preso in considerazione hanno anche altre caratteristiche peculiari, oltre a quelle che abbiamo analizzato. Per esempio, l’angolo di 81°,41765.. che ha per tangente la costante di Planck attualmente in uso (6,626) ha anche un’altra interessante caratteristica. Facendo 1/x con il valore del suo seno e moltiplicandolo per 16 si scopre che il risultato che otteniamo è pari a circa 10 volte ɸ. E 16/10 = 1,6 corrisponde in modo praticamente perfetto al rapporto fra i centesimi e i sessantesimi di grado (che, come abbiamo visto, è in realtà pari a 100/60 = 1,6666..)
1/sen 81°,417.. ∙ 16 = 1/0,988802.. ∙ 16 = 1,011324.. ∙ 16 = 16,1811.. ≈ 10ɸ = 16,1803..
Se invece andiamo a vedere l’angolo reciproco a quello con tangente uguale a 6,55…, ovvero quello di 8°,68028.., anche qui ci accingiamo a scoprire una caratteristica che – chissà – forse a questo punto non apparirà più molto strana. Infatti, facendo la radice sedicesima (di nuovo proprio il 16!) del valore dell’angolo troviamo una buona approssimazione di π
16√8°,68028.. = 1,144612.. ≈ Ln π = 1,14472988..
L’approssimazione di π che otteniamo è
e1,144612.. = 3,1412.. ≈ π = 3,1415..
E cosa dobbiamo pensare, quando ci rendiamo conto che facendo il logaritmo naturale di 6,55 e dividendolo per 3, otteniamo una cifra pari alla costante in di Planck attualmente in uso, meno 6? Infatti
Ln 6,55 : 3 = 1,879465.. : 3 = 0,626488.. ≈ h – 6 = 6,626 – 6 = 0,626
4. In The Snefru Code parte 3 e parte 7 abbiamo visto largamente come nel passato dell’umanità si sia usata quella trigonometria che noi crediamo di origine babilonese per codificare dati scientifici di ogni sorta. Per esempio, ci siamo resi conto che sommando seno, coseno e tangente dell’angolo pari a π/2 si otteneva una buona approssimazione della costante di Dirac
sen π/2 + cos π/2 + tg π/2 = 0,027412.. + 0,999624.. + 0,027422.. = 1,054469.. ≈ ħ = 1,054571.. (-0,000102)
Ma sopra abbiamo visto che usando la costante per passare dai centesimi di grado ai sessantesimi di grado si può passare da ɸ2 a un’approssimazione davvero buona di π/2. Questo significa che anche in questo caso troviamo una sorta di “catena trigonometrica” che va da ħ a ɸ2 passando per π/2. D’altra parte, avevamo ben visto che con 4ɸCheope si può risalire alla tangente di un angolo che a sua volta risulta connesso con quelli che hanno per tangente 6,626 e 6,55. Inoltre, come tutti sappiamo, 6,626/2π = ħ. Ma abbiamo visto che
14√(π ∙ 1011) = 6,6255966..
Dunque
14√(π ∙ 1011) : 2π = ħ
A sua volta, l’unità fondamentale della trigonometria – vale a dire l’angolo giro di 360 gradi – la si può ricavare da uno dei numeri che servono come chiave per criptare dati scientifici, vale a dire π. Facendo due volte l’inverso del logaritmo naturale della radice di π arriviamo a
inv. Ln(inv. Ln. √π) = 359,70248169268827148947907603052
Facendo due volte l’inverso del logaritmo naturale della radice di πCheope arriviamo a
inv. Ln(inv. Ln. √πCheope) = 360,45846169895552941793596460418
La media di questi due valori viene 360,0804.. Si noti anche che il valore derivato da √π è vicinissimo a quello che si può derivare dalla media della durata dell’anno solare e di quello delle fasi lunari, dato che
(365,25 + 354,36) : 2 = 359,805 ≈ inv. Ln(inv. Ln. √π) = 359,7024
Ma, a parte questi che abbiamo analizzato qui – come in The Snefru Code parte 3 e parte 7 – la trigonometria che noi crediamo di origine babilonese – e che invece con ogni evidenza ha origini enormemente più antiche – ha anche altri aspetti che sembrano veramente inquietanti, per non dire del tutto incredibili. In essi rimane la traccia di una sapienza che pare oltreumana.
Per esempio, gli angoli che hanno una tangente corrispondente a un numero intero sembrano possedere delle proprietà generali, che, unite a delle caratteristiche uniche e particolari, fanno sì che si venga a costituire un sistema strutturato in modo tale da chiudere nello stesso cerchio teoretico la geometria, la fisica e la numerologia.
Tanto per cominciare, tutti gli angoli che hanno come tangente un numero intero hanno un coseno pari a 1 sulla radice del numero intero che risulta dalla tangente elevata al quadrato più 1. Questo vuol dire, per esempio, che l’angolo con tangente pari a 2 (63°,4349..) ha un coseno pari a 1/√5
cos 63°,4349.. = 0,44721359549995793928183473374626
(1/0,44721359549995793928183473374626) = 2,2360679774997896964091736687313 = √5
Un’altra cosa che sembra caratterizzare tutti gli angoli che hanno la tangente pari a un numero intero è che facendo (seno + coseno) : coseno si ottiene il numero intero successivo a quello che definisce la tangente. Questo significa ovviamente che facendo (seno – coseno) : coseno si ottiene quello precedente. Per esempio, se facciamo la somma di seno e coseno dell’angolo che ha 9 come tangente (83°659..) vediamo che la somma di seno e coseno è pari a 10 volte il coseno. Se facciamo (seno – coseno) : coseno abbiamo un risultato pari a 8. Se facciamo seno : coseno otteniamo 9, che è il valore della tangente. In questo modo si possono ottenere per via trigonometrica un gran numero di frazioni caratteristiche (3/4 e 4/3, 4/5 e 5/4, etc), oltre che, naturalmente, la successione dei numeri interi.
5. Ma questi angoli hanno anche caratteristiche molto specifiche, che risultano di grande interesse scientifico. Di quello che ha la tangente uguale 1 (45°), tutti sappiamo tutto. Però, se si prende la somma di seno e coseno dell’angolo che ha la tangente pari a 2 (63°,4349..) si trova che essa è uguale a
0,44721359.. + 0,89442719.. = 1,34164078..
Questa è una cifra un po’ strana, perché elevata al quadrato fa esattamente 1,8 (cioè 2 – 2/10). Se elevata al cubo ci da 2,414953.. Se si prende questa cifra, gli si sottrae 1 e poi la si eleva di nuovo al quadrato si arriva molto vicini al valore di partenza, cioè la tangente pari a 2, dato che
(2,414953.. – 1)2 = 2,002..
Ma possiamo fare una piccola variazione a questa operazione. Se prendiamo la somma di seno e coseno di 63°,4394 e invece di elevarlo al cubo lo eleviamo a c = 2,9979246, poi si ripete l’operazione (cioè si sottrae 1 e si eleva il risultato al quadrato) otteniamo un risultato di quelli che fanno trattenere il fiato, dato che
(1,34164..2,9979246 – 1)2 = 1,9979281.. ≈ c – 1 = 1,9979246
Se adesso aggiungiamo a questo risultato il logaritmo di π, ecco che otteniamo un’approssimazione davvero ottima di πCheope
(1,34164..2,9979246 – 1)2 + Ln π = 1,9979281.. + 1,1447298.. = 3,142657.. ≈ πCheope = 3,142857..
Questa relazione sembra avere davvero qualcosa di strano, di magico si direbbe. E questa sensazione non può altro che accrescersi quando osserviamo che anche altri angoli che hanno per tangente dei numeri interi sembrano avere delle caratteristiche piuttosto particolari.
Per esempio, dall’angolo che ha la tangente pari a 4 (75°,9637… ) possiamo ricavare il rapporto fra il numero di giorni dell’anno solare e di quello delle fasi lunari (365,25 : 354,36 = 1,03076) semplicemente facendo l’inverso del suo seno, dato che
1/sen 75°,9637… = 1/0,97014250014533189407562584846449 = 1,0307764064044151374553524639935
E in The Snefru Code parte 3 e parte 7 avevano notato che questo rapporto caratterizza tanto il rapporto fra 2ɸ e π, come anche il rapporto fra massa e raggio classico del protone, dato che
2ɸ/π = 1,03007.. ≈ 365,25 : 354,36 = 1,03076
3√mp/rp = 3√1,089576.. = 1,029009.. ≈ 365,25 : 354,36 = 1,03076
Un altro angolo interessante è quello che ha 3 come tangente (71°565..), dato che il suo coseno risulta pari a 1/10 ∙ √10. Oppure, quello che ha il 7 come tangente (81°,869..) ha il coseno che è pari a 1/10 ∙ √2. Il seno è quasi altrettanto interessante, in quanto corrisponde a
0,9899494936.. ≈ 1/10 ∙ π2 = 0,9869604401..
Risolvendo l’equazione, l’approssimazione di π che otteniamo sembra davvero buona dato che
√(0,989949493.. ∙ 10) = √9,89949493.. = 3,1463.. ≈ π = 3,1415..
È possibile che questo angolo, per mezzo del numero caratteristico della sua tangente, abbia dei legami con quello che ha 6 come tangente (80°,537..) e, per mezzo di questo, anche con ɸ. Vediamo perché.
Se facciamo la somma di seno, coseno e tangente di 80°,537.. otteniamo un risultato pari a 7,1507.. (quindi molto vicino a 7 + 1/7). Questa cifra, divisa per 72, ci riporta senz’altro a ɸ, dato che
7,1507929.. : 72 = 0,14593.. ≈ 1/ɸ4 = 0,145898 (+ 0,000032) ≈ (7 + 1/7) : 72 = 0,14577..
Quindi, sembra proprio che vi sia un legame numerologico fra l’angolo che ha 6 come tangente, e il numero intero 7. Un legame che passa per ɸ e dunque anche per l’angolo che ha 7 come tangente.
Un fatto come questo può essere molto importante per capire come mai, per esempio, nel racconto biblico si dice che Dio crea il mondo in 6 giorni e il settimo si riposa. Questa sembra un’allusione al fatto che nell’Antico Testamento, in testi che noi giudichiamo incomprensibili perché primitivi, vi possano essere criptati una matematica e una fisica molto avanzate. Una cosa di cui abbiamo trovato altri indizi chiarissimi, e che esporremo anche nell’ultima parte di questo articolo, dopo aver già visto in The Snefru Code parte 3 e parte 7 il profondo legame fra le misure dell’Arca dell’Alleanza e concetti scientifici raffinatissimi. Ma anche queste caratteristiche trigonometrico-numerologiche dei numeri interi, che tanto spesso compaiono nell’Antico Testamento come in molti altri testi sacri dell’umanità, sembrano dare delle indicazioni molto chiare.
Per esempio, anche l’angolo che ha 9 come tangente (83°,6598..) ha delle caratteristiche che paiono scientificamente significative, perché se facciamo la somma di seno e coseno vediamo che questa cifra è vicinissima a h/6
sen. 83°,6598.. + cos. 83°,6598.. = 0,993883.. + 0,110431.. = 1,104315.. ≈ h/6 = 6,626/6 = 1,104333..
6. Anche nel caso di angoli la cui tangente sia pari alla radice di un numero intero hanno caratteristiche particolari, nel senso che il loro seno e il loro coseno si possono matematicamente dedurre a partire dalla tangente. Se prendiamo per esempio l’angolo con tangente pari a √5, subito ci rendiamo conto che seno e coseno rispondono a delle caratteristiche ben precise
tg x = √5; x = 65°,905157447889299032928958365289
sen 65°,905.. = 1/√(1 + 1/5)
cos 65°,905.. = 1/√6
tg/sen/cos 65°,905.. = 6
tg/cos 65°,905 = √30
tg/sen 65°,905 = √6
Ovviamente, se prendiamo l’angolo con tangente pari a √6, vediamo che le caratteristiche di seno e coseno si ritrovano in modo del tutto simile dato che
tg x = √6; x = 67°,792345701403512512944379973822
sen 67°,792.. = 1/√(1 + 1/6)
cos 67°,792.. = 1/√7
tg/sen/cos 67°,792.. = 7
tg/cos 67°,792.. = √42
tg/sen 67°,792.. = √7
In pratica, vediamo che anche in questo caso abbiamo delle successioni regolari, che però in questo caso sono successioni di radici di numeri naturali. Inoltre, ovviamente, bisogna tener presente che ogni numero naturale è la radice (quadrata, cubica, etc.) di un altro numero naturale. Quindi, le caratteristiche dell’angolo con tangente pari a 2 che abbiamo analizzato sopra, sono anche e caratteristiche dell’angolo la cui tangente è pari a √4, 3√8, etc.
Facendo la radice cubica della successione dei numeri interi non sembra di poter rintracciare alcun ritmo particolare che leghi fra loro le tangenti con i seni, i coseni e gli angoli ottenuti con la radice. Questo ritmo ritorna se facciamo la radice quarta. Prendiamo come primo esempio il caso di 4√5, perché è intimamente connesso con ɸ
tg x = 4√5; x = 56°,22775759929083110858308337433
sen 56°,227.. = 1/√(1 + 1/√5)
cos 56°,227.. = 1/√(√5 + 1) = √2ɸ
tg/cos 56°,227.. = √(5 + √5)
tg/sen/cos 56°,227.. = 1 + √5 = 2/ɸ
Le caratteristiche dell’angolo con tangente pari a 4√6 seguono di conseguenza
tg x = 4√6; x = 57°,423737013239160808006004457456
sen 57°,423.. = 1/√(1 + 1/√6)
cos 57°,423.. = 1/√(√6 + 1)
tg/cos 57°,423.. = √(6 + √6)
tg/sen/cos 57°,423.. = 1 + √6
7. Davvero, con ogni buona volontà, si fa fatica a ipotizzare che cose di questo genere possano essere il frutto del caso.
All’opposto, queste evidenze ci costringono a ipotizzare che chi ha costituito la trigonometria a base sessagesimale lo abbia fatto in modo tale che si potesse creare quel rapporto armonico – che ha davvero del miracoloso – fra la costante di Planck misurata dallo stesso Planck, quella in uso oggi, e poi anche con la velocità della luce misurata ugualmente con il sistema metrico decimale. Dunque, le persone che hanno inventato la trigonometria a base sessagesimale conoscevano anche i joule e gli erg in quanto unità di misura, come anche la costante di Planck e tutta quanta la nostra scienza empirica più avanzata.
Questo a sua volta sembra una prova inoppugnabile e definitiva che tutte quelle tradizioni ermetiche – finora giudicate alla stregua di invenzioni romanzesche – che parlano di una sapienza Antico Egizia filtrata nella cultura occidentale e fissata nelle costruzioni architettoniche, sono nel vero.
Un primo indizio molto importante lo avevamo già visto nel fatto che l’inclinazione dell’allineamento di S. Michele sembra coincidere con quella del tetto della Camera della Regina, come possiamo vedere ancora una volta nelle foto sottostanti
Un secondo indizio consiste nel fatto che gli angoli tipici dell’allineamento di San Michele Arcangelo sono al tempo stesso angoli caratteristici dell’atomo di idrogeno: proprio come quelli del circolo di Nabta Playa
Molto significativamente ritroviamo questo stesso angolo tipico in due famosissimi dipinti che sono stati realizzati in epoca relativamente recente, che hanno come tema la lancia di Longino che, con ogni probabilità, anche nel mito aveva un significato astronomico. Essa rappresentava probabilmente l’asse terrestre che “ferisce” la stella polare su cui punta (cfr. de Santillana e von Dechend, Il Mulino di Amleto)
7. Gli allineamenti – come del resto anche le pitture – sembrano costituire un indizio importante dell’effettiva presenza di una tradizione ermetica Antico Egizia nella pittura, nell’architettura e dunque nella geometria sacra occidentale. Una tradizione che sarebbe arrivata fino ai nostri giorni per mezzo della massoneria (i cui simboli sono appunto il righello e il compasso, che a loro volta sono i simboli della geometria euclideo-pitagorica). Ma questo non basta.
Infatti, quegli allineamenti che abbiamo visto costituiscono anche un indizio di conoscenze tecniche molto evolute, riguardanti la cartografia. Effettuare un allineamento come quello che va dal Sud dell’Inghilterra fino in Palestina – percorrendo migliaia di chilometri con salti di anche molte centinaia di chilometri – presuppone il possesso da parte degli architetti di carte geografiche molto dettagliate e precise, di cui la storiografia ufficiale esclude assolutamente la presenza durante il Medio Evo e fino a tempi relativamente recenti.
D’altra parte, l’oggettiva presenza di questi allineamenti contesta le affermazioni della storiografia ufficiale. Essi invece sembrano provare – in un modo apparentemente inconfutabile o comunque sia difficilmente questionabile – che l’originale da cui l’ammiraglio arabo Piri Reis tracciò la sua celebre mappa – non meno che tutte le altre mappe che riportano conoscenze “anacronistiche” – perché in anticipo sui tempi di molti secoli – risalgono effettivamente a svariate migliaia di anni prima di Cristo, ovvero al tempo in cui l’Antartide non era ancora ricoperto di ghiacci.
8. L’effettiva presenza ermetica della sapienza Antico Egizia nella nostra cultura ci spinge a ipotizzare che l’introduzione del metro nel corso della Rivoluzione Francese non fu un caso. Le persone che hanno approfittato di questa occasione per cambiare la metrologia ufficiale e introdurre il nuovo sistema sono probabilmente gli eredi di quegli architetti (o “muratori”) che –convinti di seguire i metodi matematici con cui Dio (o il Demiurgo) ha creato il mondo – hanno costruito il sistema di allineamenti che vediamo nelle immagini sopra. L’angolo da loro utilizzato sembra rimandarci non solo all’Antico Egitto, ma anche a un ciclo cosmico e dunque un’unità di tempo fondamentale (il ciclo precessionale) e soprattutto a una costante geometrico-scientifica ancor più fondamentale, il numero d’oro.
Se questo è vero, allora dobbiamo concludere che da ciò che chiamiamo “Antico Egitto” fino al Medio Evo vi è stata una trasmissione esoterica di nozioni matematiche e geometriche tenute per sacre, che non erano patrimonio comune della casta intellettuale del tempo.
Si dice che gli anonimi architetti che orientarono queste costruzioni sacre erano dei monaci. Ma di certo la Chiesa nel suo complesso non era cosciente che al suo interno vi fosse una corrente ermetica, che in gran segreto si tramandava nozioni che provenivano dall’Antico Egitto (forse passando per l’eredità veterotestamentaria). Non è escluso che una parte di questa eredità possa essere venuta proprio da quegli ebrei che già al tempo della predicazione di Paolo si erano sparsi per l’Impero Romano. Forse alcuni di loro hanno trasmesso alla Cristianità nascente alcune nozioni di geometria che il popolo d’Israele aveva appreso al tempo in cui viveva in Egitto.
Un altro indizio storico molto noto di queste tradizione ermetiche è il fatto che al tempo delle Crociate sia stato creato un ordine religioso combattente – i Templari – che con il pretesto di difendere i pellegrini che si recavano in Terrasanta si è recato a Gerusalemme. Ma, da quel che pare di capire, almeno all’inizio i fondatori dell’ordine non si sono minimamente preoccupati di adempire al compito che si erano dati. Al contrario, pare assodato che i primi 9 Templari giunti in Terrasanta si siano rinchiusi addirittura per degli anni in un palazzo adiacente alla collina dove era stato eretto il Tempio di Salomone, senza uscire in pratica quasi mai.
Non avendo altre risposte, molti ipotizzano che questa sorta di reclusione volontaria fu l’occasione per fare degli scavi in cerca dell’Arca dell’Alleanza, perduta al tempo della deportazione in Babilonia. Questa sarebbe un’altra prova che testimonia che già al tempo delle Crociate in Occidente circolavano delle voci quanto a questo sapere-potere occulto, fondato sulla geometria sacra, il cui segreto era racchiuso nell’Arca (al tempo non si era capito che l’Arca – in quanto oggetto – non significava probabilmente nulla, e che il suo segreto era racchiuso nelle sue misure, come abbiamo ben visto in The Snefru Code parte 3 e parte 7).
9. Se davvero fu la massoneria francese – erede dei Templari – ad approfittare della Rivoluzione per introdurre come unità di misura ufficiale il metro, allora c’è da pensare che la spedizione di Napoleone in Egitto aveva probabilmente un fine simile a quello dei primi Templari che si recarono in Palestina. Con il pretesto della guerra agli Inglesi – e forse proprio su suggerimento di quella stessa massoneria che aveva imposto il sistema metrico decimale – Napoleone voleva impadronirsi dei segreti della sapienza ermetica Antico Egizia.
Per solito, nei libri di storia si legge che il motivo per cui Napoleone si recò in Egitto fu la guerra contro gli Inglesi, e che gli studiosi che si portò dietro per studiare la Piramide e la cultura Antico Egizia non erano altro che una sorta di decorazione culturale – elegante forse, ma del tutto superflua – di un’impresa che aveva tutt’altri scopi. Ma alla luce di quel che abbiamo visto fino ad adesso, è del tutto plausibile ipotizzare che fosse vero il contrario: che l’impresa bellica fu lo strumento necessario alla spedizione culturale, che si rivelò però quasi del tutto fallimentare. Gli studiosi francesi non erano in grado di rendersi conto delle dottrine scientifiche criptata nell’arte sacra Antico Egizia. In effetti, non è chiaro se anche con i mezzi moderni si riuscirà a rivelare fino in fondo il segreto di questa straordinaria sapienza – a cui Santo Stefano, il primo martire cristiano – attribuisce i poteri di Mosè nel suo discorso davanti al Sinedrio.
In effetti, l’unico risultato degno di nota della spedizione di Napoleone fu il rinascere dell’interesse per l’Egittologia, e poco altro. Si dice che fu merito di Napoleone se Champollion ha trovato il modo di decodificare i geroglifici Antico Egizi: detta così questa sembra una pressoché totale falsificazione dei fatti. Champollion, a ben vedere, non ha affatto decodificato la scrittura geroglifica. Ha solo trovato il modo di accedere a un primo livello di significato, che evidentemente è quello più banale (ammesso che non si riveli infine addirittura fuorviante).
Davvero si può credere che un lavoro simbolico tanto complicato possa servire soltanto a fissare in un segno il suono di una consonante?
10. Tanto per fare un esempio, il dio Ptah viene rappresentato nei geroglifici come un essere umano divinizzato nell’atto di separare il Cielo dalla Terra: questa era esattamente la funzione che gli attribuiva il mito Antico Egizio. Ma, con ogni probabilità questa divinità Antico Egizia e il geroglifico connesso rappresentano anche qualcosa come una forza fisica divinizzata. Forse, rappresenta lo spazio, che, come abbiamo visto in The Snefru Code parte 7 e parte 3, può essere immaginato come una forza che si oppone alla forza di gravità.
Ma a nozioni di questo genere non si può arrivare solo studiando il geroglifico come modo di fissare suoni in forma scritta. Qui sarebbe necessario un lavoro di decodificazione più complesso, in cui l’analisi geometrico-matematica del geroglifico stesso dovrebbe avere una parte fondamentale. Ce lo suggerisce il fatto che il linguaggio sacro architettonico Antico Egizio ci dimostra che a quei tempi si avevano conoscenze scientifico matematiche che sembrano per certi versi molto più avanzate delle nostre.
Tanto per fare un esempio, ricordiamo che la carica magnetica di un elettrone esprime una forza pari a 4,17 ∙ 10-42 rispetto a quella del suo campo gravitazionale, e che la sua massa è pari a circa 1/1835,791 quella del protone (ricordiamo che la costante per calcolare la massa del protone si può calcolare con ottima approssimazione con ħ + 1/ɸ = 1,6726, così che mp – ħ ≈1/ɸ). Facendo x = 4,17/1836 e poi 1/x otteniamo 440,28…, che corrisponde numerologicamente in modo quasi perfetto alla lunghezza del lato della Grande Piramide espressa in cubiti. Sembra piuttosto notevole anche il fatto che possiamo ottenere un’ottima approssimazione al valore di questa costante per via cosmologica, facendo la radice cubica della durata in anni solari del Giorno Precessionale, dato che 3√72,2222 = 4,16444.
Se invece dividiamo 1835,791 per uno dei due numeri tipici del ciclo di Sirio e poi eleviamo al quadrato il risultato e lo moltiplichiamo per due vediamo che
(1835,791 : 1460)2 ∙ 2 = 1,25653…2 ∙ 2 = 3,162064736.. ≈ √10 = 3,162277
Essendo vicino alla radice di 10 il risultato è dunque molto simile anche al prodotto di ħ per la costante da cui si ricava la velocità della luce.
La sapienza inclusa nei geroglifici è dunque – con ogni probabilità – enormemente più complessa e profonda di quella scoperta da Champollion. Il vero lavoro di decodificazione, probabilmente, deve ancora da iniziare.
parte quarta: L’ESPLORAZIONE DELLE PARTI NON VISIBILI DELLA GRANDE PIRAMIDE
1. Adesso che abbiamo visto come quelle che sono state considerate solo delle leggende corrispondono invece alla realtà storica, possiamo tentare di mostrare che quella che fino ad adesso è stata considerata la realtà storica dell’esplorazione della Grande Piramide altro non sia che una leggenda. O meglio: una montatura costruita per occultare la verità.
La nostra tesi è radicale. Noi sosteniamo che quando John Taylor, Piazzi Smyth, Davison, i fratelli Waynman e John Dixon si sono recati a Giza conoscevano già la disposizione delle strutture non visibili della Grande Piramide. Inoltre, essi erano al corrente del significato astronomico della geometria della struttura, anche se in modo evidentemente distorto.
Piazzi Smyth, in particolare, era un sostenitore della tesi di Robert Menzies, che la Grande Piramide conteneva cifrate nelle sue misure delle profezie relative alla Seconda Venuta di Cristo. Anche da questo pare di poter dedurre che sia Piazzi Smyth sia Menzies erano al corrente della tesi ermetica (che affiora nel racconto evangelico della fuga in Egitto) che Cristo fosse una sorta di successore di Osiride (la scena delle Resurrezione che troviamo nel Vangelo secondo Matteo è quella che si trova architettonicamente rappresentata nella Camera del Re, come abbiamo mostrato in The Snefru Code part. 7).
Gli episodi che ci apprestiamo ad analizzare sono la chiave per comprendere come nozioni importanti quanto alle strutture interne della Grande Piramide fossero conservate dalla Massoneria inglese. In questo senso, la storia della “scoperta” dei cosiddetti “pozzi di areazione” della Camera della Regina è davvero esemplare ed istruttiva, e conviene forse analizzarla per prima.
2. Al tempo in cui furono scoperti, si credeva che quelli che si vedevano nella Camera del Re fossero “pozzi di areazione”. Dunque, questo era anche quello che credevano quegli esploratori inglesi che andarono a cercarne l’equivalente nella Camera della Regina. E qui sorge il problema di spiegare come è che a qualcuno possa essere venuta in mente un’idea tanto balzana. L’unico dubbio che possiamo avere è questo: sono più strampalate delle persone che costruiscono dei pozzi di aereazione fin dal principio sigillati, e dunque impossibilitati a svolgere la loro funzione, o delle persone che si mettono a cercarli?
Si tenga presente che le pareti della Camera della Regina non presentavano al tempo dell’esplorazione nessun genere di fessura. Lo riconoscono senza mezzi termini anche due egittologi ortodossi quali Ian Lawton e Chris Ogilvie-Herald:
(..) la teoria dei pozzi come mezzi si ventilazione, cade quando la si voglia applicare a quelli rinvenuti nella Camera della Regina. In origine questi due altri fori erano tappati all’estremità inferiore che sfocia nella stanza con blocchi fissi di roccia spessi una quindicina di centimetri.
Le pietre, lì come in ogni altra parte interna della Grande Piramide, erano incastrate l’una con l’altra in modo tale da rendere impossibile inserirvi anche uno spillo. Dunque: come è che a Waynman Dixon – un ingegnere! – è potuto venire in mente l’assurda ipotesi che dei pozzi di aereazione – che per definizione devono essere aperti – potessero trovarsi lì, epperò fin dal principio sigillati? Eppure questo è il modo con cui, a quanto pare, giustificarono davanti al mondo le loro ricerche
Nel 1872 due fratelli, Waynman e John Dixon, giunsero alla Piana di Giza con l’intenzione di esplorare la Grande Piramide. Il primo, laureato in ingegneria, era affascinato dai pozzi di ventilazione della Camera del Re, ed era convinto che strutture identiche si trovassero anche nella Camera della Regina. Un giorno, mentre era nella Camera, uno dei suoi compagni, un certo dottor Grant, notò una piccola fenditura nel muro a sud, circa nello stesso punto (..) in cui nella Camera del Re c’era il pozzo. Eccitato, Dixon introdusse un cavo rigido nella crepa, e poiché si era reso conto che dall’altra parte non sentiva resistenza aveva dato immediato ordine al factotum Bill Grundy di lavorare con mazza e scalpello. Dopo un attimo lo scalpello fece breccia nel masso e si presentò un’apertura. Subito si intuì trattarsi di un pozzo di ventilazione: ancora 52 cmq di sezione, ancora 1,80 m in orizzontale per poi sparire verso l’alto dentro il cuore della Piramide con un’inclinazione di 30 gradi.
Qui c’è da notare che i due autori non si sono resi conto dell’ovvio significato numerologico delle misure che loro stessi forniscono. 52 cmq di sezione per 180 di lunghezza danno un volume di 9360, che corrisponde a 26 volte un anno solare “puro” di 360 giorni, con il 26 che contiene un ovvio riferimento al ciclo precessionale (26000 anni di 360 giorni ciascuno sono costituiti da un totale di 9360000 giorni).
Ma, a parte questo, c’è da tenere presente che al tempo non c’era la possibilità di rischiarare a giorno gli ambienti con luci elettriche. Individuare una piccola fessura in un ambiente illuminato dalla luce tremula di torce che – presumibilmente – lo riempivano rapidamente di fumo, non deve essere stato facile. E, in effetti, dalle note prese da Piazzi Smyth – stese, a sua detta, a partire dal racconto fattogli da Dixon – pare di poter capire che uno dei motivi per cui questa fessura venne individuata fu proprio che venne cercata nel posto giusto. Cioè più o meno sulla perpendicolare dei “pozzi di areazione” della Camera del Re.
Questo è un altro aspetto enigmatico della questione storica. Perché i pozzi di areazione non avrebbero potuto trovarsi, per esempio, in uno spigolo in alto? che bisogno c’è di simmetria architettonica per un pozzo di aereazione, per di più fin da principio sigillato?
A ben vedere, pozzi di areazione sigillati sono altrettanto logici che dei secchi sfondati. Eppure Waynman Dixon era tanto sicuro di trovarli che non solo andò a cercarli, ma si portò dietro addirittura un operaio con tanto di mazza e scalpello per aprirli: di dove gli veniva la sicurezza che avrebbe avuto bisogno del suo aiuto?
Nessuna persona ragionevole può aver dubbi: se un ingegnere si è mosso nel modo in cui di fatto si è mosso Dixon, questo significa che sapeva che i canali erano lì. Il fatto poi che – dopo averli “scoperti” – si sia messo addirittura a controllare che contenessero qualcosa dimostra anche che sapeva che c’era qualcosa da cercare. Se davvero credeva che fossero “pozzi di areazione” – una fandonia che solo a una persona un po’ tonta e/o totalmente ignorante di tecnologia edilizia si può dare a bere – perché aveva pensato che i suoi costruttori, dopo averli sigillati, li avessero addirittura ingombrati con oggetti del tutto estranei alla loro funzione?
E invece, contrariamente ad ogni logica – non solo Dixon si mise a esplorare i “pozzi di areazione” con un’ingegnosa asta snodata, ma trovò anche qualcosa: una sfera di pietra, una sorta di doppio uncino di rame, e un pezzetto di legno, che però è andato misteriosamente smarrito. Peccato, perché dei tre reperti era l’unico che poteva essere datato col Carbonio 14.
Ci si domanda se non sia stato proprio questo il motivo per cui è stato smarrito: perché uno degli ultimi segreti che la Massoneria inglese conserva ancora per sé sola, cioè la vera età delle Piramidi, rimanga ancora un segreto.
3. Ma, a parte questa che abbiamo or ora raccontato, tutta la storia delle “scoperte” delle strutture non visibili della Grande Piramide pullula di stranezze. O, meglio ancora, di particolari talmente incredibili che ci si domanda come mai fino ad adesso siano stati presi per buoni senza ulteriori riflessioni.
Come fonte della nostra indagine abbiamo utilizzato “Il Codice di Giza”, scritto da Ian Lawton e Chris Ogilvie-Herald. Questa è una fonte che dovrebbe parere particolarmente affidabile agli egittologi ortodossi, perché i due autori hanno scritto il libro proprio per difendere le tesi cosiddette “ortodosse”. E fra le tesi “ortodosse” che si vogliono difendere vi è anche quella che vuole escludere a tutti i costi che la massoneria europea – e in particolare quella inglese – fosse depositaria di una tradizione ermetica proveniente dall’Antico Egitto.
Quanto alla scoperta della prima delle Camere Superiori della Camera del Re da parte di Nathaniel Davison i due autori scrivono
“Nel 1765 Nathaniel Davison – che sarebbe divenuto poi console generale britannico in Algeria – mentre si trovava in vacanza in Egitto, decise di visitare la Grande Piramide. Contrariamente ai ricercatori che l’avevano preceduto, non ha lasciato precise annotazioni, tuttavia fu il protagonista di alcune importanti scoperte. Superato l’ostacolo dei pipistrelli, Davison, assistito dai suoi aiutanti, decise di proseguire il cunicolo che aveva condotto Greaves alla piccola grotta. Dopo un percorso di circa 30 m dovette però fermarsi, impossibilitato a procedere per l’ostruzione del condotto.
Quella “piccola grotta” a cui gli autori si riferiscono è quella sorta di nicchia che si trova nel cunicolo che collega il canale ascendente con quello discendente, all’altezza della collinetta di pietra inglobata nella struttura. Quella che sotto indichiamo con la freccia
Seccato, decise allora di scoprire altre strutture ancora inesplorate. Secondo il racconto di Tompkins, sarebbe accaduto che, mentre si trovava all’interno della Grande Galleria, Davison si sarebbe reso conto dell’eco della sua voce proveniente dall’alto. Utilizzando batterie di grosse candele legate ad alti pali, gli fu possibile scorgere sulla parete orientale una piccola apertura larga non più di 60 cm, appena sotto i blocchi che costituivano il soffitto. Grazie ad una serie di scale a incastro Davison riuscì ad arrampicarsi fin là in cima, sopra l’abisso della Grande Galleria.
Quello che Davison aveva individuato era il canale di collegamento originario fra la Grande Galleria e la prima delle Camere Superiori (per arrivare alle altre Vyse dovette usare la dinamite) che nella foto sottostante è indicato dalla freccia rossa
Che questo racconto non possa essere altro che una falsificazione della realtà lo si capisce già dal fatto che Davison, deluso dall’aver trovato il pozzo di collegamento ostruito abbia deciso “di scoprire altre strutture ancora inesplorate”. Come faceva a sapere che esistevano altre strutture inesplorate? Al limite, Davison poteva aver deciso di esplorare accuratamente il monumento sperando di scoprire strutture inesplorate. Come poteva essere certo fin dal principio che queste strutture esistevano?
4. Qui si può immaginare che nel riportare lo scritto di Tompkins i due autori abbiano commesso qualche strafalcione, o che la traduzione dall’inglese all’italiano lasci a desiderare, o che magari Tompkins stesso si sia espresso male. Ma il seguito del racconto di questa “scoperta” lascia pochi dubbi: con ogni evidenza, Davison sapeva bene cosa cercare e dove cercarlo. Si dice infatti che rivolse la sua attenzione alla parte terminale in alto della Grande Galleria (lunga più di 40 m e alta più di 8!) perché “si sarebbe reso conto dell’eco della sua voce proveniente dall’alto” (!?).
Qui davvero non si capisce il nesso fra la percezione dell’eco e quel che ne segue, dato che in un ambiente come quello l’eco poteva provenire e rifrangersi dappertutto, compreso dal Corridoio Discendente.
Comunque sia, anche ammesso che sia stato possibile rendersi conto che l’eco proveniva effettivamente dall’alto, non è chiaro come Davison abbia potuto connettere un fenomeno tanto vago con un cunicolo di 60 cm di larghezza che si trovava nel posto più improbabile del mondo. Per di più questo cunicolo, come si spiega successivamente, era ostruito per metà della sua altezza (e dunque anche per metà della sua superficie) dal guano di pipistrelli, che di per sé tende ad assorbire l’eco.
“Qui, quasi a penzoloni, si avvide che l’ignota imboccatura era ostruita per almeno metà della sua altezza dal guano dei pipistrelli. Indifferente decise di forzare il passaggio e si infilò nel cunicolo, lungo il quale ebbe il coraggio di inoltrarsi per oltre 7 m, munito solo di un fazzoletto premuto contro il naso per sopportare il lezzo irresistibile. Il premio al suo ardimento fu sfociare nella parete nord-est di una stanza, troppo bassa per poter stare in piedi.”
Questa persona – che, giova ricordarlo, si trovava in Egitto per una vacanza – si lancia in un’avventura del genere perché in una struttura gigantesca come la Grande Galleria sente un’eco che proviene dall’alto, che poi si scopre essere un cunicolo molto stretto per metà otturato dal guano di pipistrello! Il lato più stupefacente di questa fandonia non è tanto il fatto che la si sia potuta inventare e raccontare, ma che si sia trovata così tanta gente disposta a prenderla anche minimamente sul serio.
Non c’è affatto bisogno di essere ingegneri per sapere che cunicoli di dimensioni tanto ridotte e per di più ostruiti dal guano non rimandano un’eco purchessia. Posto poi che un’eco qualsiasi si percepisca, non si capisce come è che possa venire in mente di localizzarlo nel punto più improbabile di un ambiente enorme e buio come la Grande Galleria. A fatica si crede che una persona minimamente ragionevole possa credere una cosa tanto assurda, a meno che a promuoverne la fede non siano quelle stesse ragioni che con cui un celebre ex Presidente del Consiglio italiano ha convinto il parlamento che lui pensava veramente che una certa signorina era la nipote del Presidente Egiziano Mubarak.
Qui è del tutto chiaro che Davison sapeva benissimo quel che stava cercando, e che in Egitto non ci era andato per una vacanza, ma invece proprio per “scoprire” quel condotto.
5. A ben vedere, il racconto di Lawton e Ogilvie-Herald lascia pochi dubbi quanto al fatto che vi fossero parti della massoneria inglese che erano al corrente di tradizioni ermetiche Antico Egizie. Essi sapevano che la Grande Piramide era stata costruita in modo tale da conservare in un codice matematico conoscenze di vario tipo (una cosa di cui era al corrente anche la tradizione copta). Dunque, presumibilmente, dovevano sapere anche quali parti della sua struttura risultassero celate.
In effetti, che l’accesso alle Camere Superiori fosse situato in cima alla Grande Galleria e fosse di dimensioni tanto ridotte è qualcosa che non ha alcun senso pratico. Dunque, nemmeno lo si poteva dedurre a partire da una sua presunta “funzione”. A ben vedere, a che cosa diavolo può servire un accesso del genere? Perché i costruttori, posto che l’abbiano usato per qualche riparazione o per rifinire la costruzione della Camere Superiori, non l’hanno poi sigillato del tutto? Qui davvero non si capisce come è che Davison abbia potuto immaginare una cosa del genere a partire da nozioni di tipo “tecnico”.
Al contrario, questi racconti – con ogni evidenza totalmente falsi – sono talmente mal costruiti che lasciano trapelare la verità. Ovvero, che gli inglesi che si sono succeduti nell’esplorazione della Grande Piramide erano persone che sapevano come e cosa cercare, anche se magari non avevano chiaro il significato di quelle nozioni che pur gli erano giunte. Per esempio, può darsi che Davison sia rimasto profondamente deluso dal fatto che la prima delle Camere Superiori (che gli venne poi intitolata, dato che viene per solito chiamata Camera Davison) fosse apparentemente del tutto vuota. Forse quel che lui sapeva era che conteneva dei segreti e lui, da buon occidentale moderno, si aspettava senz’altro di trovare dei geroglifici, dei papiri o, comunque sia, dei documenti scritti. E invece ha trovato solo un tetto basso e un pavimento sconnesso (che però, come abbiamo dimostrato in The Snefru Code part. 7, contiene importanti informazioni fisiche codificate a un livello puramente geometrico, come peraltro accade con il resto della struttura).
6. Indizi che la massoneria inglese sapeva molte cose riguardo alle strutture nascoste della Piramide ci provengono già da fatto che ad occuparsi di essa sono stati in molti casi degli astronomi. Indipendentemente da quel che poi questi astronomi hanno scoperto, o creduto di scoprire, qui c’è da notare che non si capisce affatto il motivo per cui proprio un astronomo dovesse occuparsi di una tomba, se non come hobby. E invece queste persone vi andavano sperando di scoprire dei dati connessi con la propria scienza.
Il primo esploratore menzionato da Lawton e Ogilvie-Herald è un certo Greaves, che vi si recò nel 1638: quest’uomo era un astronomo, proprio come Newton, che in quel periodo si interessò profondamente alle misure della Grande Piramide, sperando di ricavarne quelle della Terra. Di questo personaggio gli autori dicono
“Al pari di tanti altri liberi pensatori prima di lui, anche Greaves pensava quel che autori come Tolomeo, Pitagora ed altri della scuola classica avevano a più riprese testimoniato, con un grado più o meno elevato di onestà, vale a dire che gran parte del loro sapere si basava su conoscenze più antiche, derivate dall’Egitto e dalla Mesopotamia”
Qui non si capisce come mai questa testimonianza degli autori classici possa o debba essere influenzata da “un grado più o meno elevato di onestà”. Un autore come Pitagora – posto che sia mai esistito – non aveva alcun interesse a testimoniare che le sue cognizioni gli provenissero dalla tradizione ermetica egizia. Non è che nella Grecia di allora vi fosse la moda dell’Antico Egitto che c’è adesso. Al contrario, la scuola pitagorica passò dei guai molto seri a causa delle sue dottrine, come guai seri vennero passati in epoca cristiana da chiunque si facesse sostenitore di teorie che provenissero dai pagani. Quindi non si capisce proprio in che senso fosse utile a questi autori e ai loro discepoli far risalire le loro conoscenze all’Antico Egitto. Se dicevano questo abbiamo tutti i motivi di credergli, e nessun motivo di dubitare.
7. Vi è una leggenda legata a Pitagora e a quanto delle sue dottrine è passato nel mondo esterno alla sua scuola. Ancora oggi è comune l’idea che la sua dottrina fondamentale fosse che “tutto è numero (razionale)”. Ma, con ogni probabilità, questa leggenda non fu messa in giro per trasmettere una verità professata dalla scuola pitagorica. Essa ha invece tutte le apparenze di una distorsione che i pitagorici – che avevano portato nel mondo Greco Classico la sapienza ermetica Antico Egizia – avevano evidentemente lasciato passare ad arte, per nascondere quella che era la loro vera dottrina: ovvero che tutto quel che accade nell’universo è causato e prodotto da π e ɸ, cioè dai due numeri irrazionali per eccellenza.
La leggenda a cui ci riferiamo è quella che narra che il discepolo di Pitagora che scoprì i numeri irrazionali venne affogato, per aver in questo modo distrutto le fondamenta della loro dottrina. Ma questa leggenda nasconde molto probabilmente una verità, nel senso che è facile che un allievo della scuola – che come tutti gli allievi era tenuto a non rivelare all’esterno gli insegnamenti che riceveva – possa esser stato punito per aver rivelato quale fosse la reale dottrina che veramente si insegnava nell’ambito del pitagorismo: ovvero che a dar forma al cosmo erano π e ɸ.
La dottrina che tutto è numero razionale era evidentemente una fola che veniva raccontata per impedire che passasse all’esterno la vera sostanza del loro pensiero (che professata in ambito Greco Classico era pericolosa, come ebbe ad avvedersi a sue spese un pitagorico sia pur sui generis quale fu Socrate).
8. In conclusione, sembra di poter dire che tutte le testimonianze che abbiamo raccolto indicano che la massoneria inglese e quella francese avevano ereditato alcune tradizioni ermetiche, inquinate però da distorsioni di vario genere. Il classico esempio è quel Piazzi Smyth che è stato più volte deriso come una sorta di principe dei piramidioti. A questo proposito, senza fare alcun tentativo di dissimulare la loro ironia, Lawton e Ogilvie-Herald scrivono che
“fatta eccezione per alcuni racconti della tradizione araba, il solo “illustre rappresentante” della schiera accademica da considerare come appartenente al campo alternativo è Smyth, con quella che abbiamo valutato come una delle teorie più stravaganti: l’ipotesi della Grande Piramide come scala temporale della scansione di fatti biblici.”
In pratica, l’idea di Smyth era che la Piramide contenesse in codice la data di tutti quei fatti che sono raccontati nella Bibbia. Lawton e Ogilvie-Herald non esitano a mettere alla berlina questo professore dalle idee tanto controcorrente, facendo notare come anche ai suoi tempi non si trovava nella comunità scientifica chi fosse disposto a prenderlo sul serio
“Fra i suoi (di Smyth) contemporanei, restii ad accettare nient’altro che ipotesi allineate a quelle più tradizionali e classiche a proposito dell’evoluzione della conoscenza, suscitava un forte scetticismo nei confronti della sua ricerca; atteggiamento ancor più esaltato da un forte sentimento religioso che faceva dire a Smyth che quella conoscenza (cioè la conoscenza delle date degli avvenimenti biblici) era stata donata a certi Antichi Egizi dall’ Artefice Sommo di ogni Saggezza, cosa che gli meritò un dileggio ancora superiore e quello a suo tempo già riservato a Taylor ed alle sue teorie.
In aggiunta, la posizione di Smyth non veniva certo rafforzata dalla sua amicizia con un altro personaggio catturato da zelo religioso, un certo Robert Menzies, uno dei primi a sostenere che il progetto e le dimensioni dei passaggi e dei vani interni della Grande Piramide erano stati appositamente elaborati per celare una sorta di “calendario” delle profezie bibliche relative a tutti i maggiori eventi della storia dell’uomo – compresa la “seconda venuta”. Una teoria che, fra l’altro, godeva di non pochi sostenitori anche nel mondo arabo.”
Qui può darsi che se Lawton e Ogilvie-Herald avessero contato fino a cento prima di mettere alla berlina Piazzi Smyth avrebbero avuto tempo di comprendere che il significato originale della dottrina esoterica che circolava nella massoneria inglese era un significato astronomico: “il progetto e le dimensioni dei passaggi e dei vani interni della Grande Piramide erano stati appositamente elaborati per celare una sorta di “calendario”. Questo fatto, più che probabile, pare certissimo: è solo che non si trattava del calendario delle “profezie bibliche” intese come eventi storici unici e irrepetibili, concetto questo altrettanto sconosciuto agli Israeliti che agli Antichi Egizi. Le “profezie” che la Grande Piramide e il complesso di Giza contengono riguardano il mutare di certe configurazioni celesti che per loro – che avevano una delle tante religioni dell’eterno ritorno che sono esistite nel passato dell’umanità – erano enormemente più significativi di qualsiasi fatto storico unico e irripetibile che un occidentale moderno possa immaginare.
9. In The Snefru Code part. 5 abbiamo visto come l’orientamento dei pozzi stellari non è legato a una data particolare, unica e irripetibile, ma invece alla sezione aurea del percorso di ascesa e discesa che Orione e altre stelle importanti per la religione Antico Egizia compiono sull’orizzonte di Giza durante la metà di un ciclo precessionale (cioè ogni 13000 anni circa). Può darsi – e anzi, dal nostro punto di vista è praticamente certo – che anche il resto delle strutture sia stato progettato in modo tale da descrivere con un codice geometrico-matematico comprensibile solo agli iniziati la successione di certe configurazioni celesti. Ma a Chauvet e a Gobekli Tepe è parimenti rappresentata una successione di configurazione celesti, simbolizzata però in modo diretto da questa serie di pannelli, nel primo caso naturali, nel secondo caso artificiali (e qui non possiamo non notare di passaggio che il cinghiale inferocito rappresentato nella prima foto a sinistra della seconda fila ricorda immediatamente il cinghiale che nel mito viene rappresentato come l’assassino di Tammuz, il celebre dio della morte e della resurrezione Babilonese, che diventò poi Adone quando il mito passò nella Grecia Classica)
Stando così le cose, non è affatto un caso che della Grande Piramide si siano occupati degli astronomi appartenenti alla massoneria inglese. Queste erano persone che avevano ricevuto notizie in grado di confonderli, dato che già a quel tempo in Occidente il cielo veniva visto in modo quasi completamente “laico”. Anche l’opera di Shakespeare ci testimonia che intorno al ‘600 il significato sacro dei cicli celesti si era oramai quasi del tutto perduto per la nostra religione, e se qualcosa ne rimaneva erano solo delle metafore di interesse meramente teatrale o letterario.
Invece per i sacerdoti Antichi Egizi espressioni come “mondo divino” e “cielo notturno e diurno” erano assolutamente identiche e sinonime. E questo ha fatto sì che i primi esploratori della Grande Piramide, oltre a rimanere personalmente ingannati, abbiano ingannato anche altri, che sono stati spinti a prendere per bubbole delle cose serissime, almeno dal punto di vista storico.
Infatti, se ci proiettiamo nel punto di vista di genti che credevano fermamente che gli astri fossero divinità, ecco che diventa del tutto ovvio che la conoscenza dei ritmi cosmici desse il dono della profezia.
Un astronomo era a quel tempo un “profeta” nel senso che era capace di prevedere infallibilmente il tempo in cui certe entità celesti – crescendo di altezza all’orizzonte – salivano sul trono nel Regno dei Cieli e quelle altre che invece – decrescendo – lo perdevano (questa è precisamente la maledizione che Noè scaglia sul figlio che lo ha visto nudo: che decresca; mentre i figli che sono entrati nella tenda camminando all’indietro li benedice dicendo: che crescano!).
Una volta che abbiamo assunto questo punto di vista ecco che le idee di Piazzi Smyth e dei suoi ispiratori non appaiono affatto strampalate. Esse sono solo la deformazione in stile occidentale moderno di un mondo in cui gli avvenimenti intramondani erano considerati alla stregua di apparenze inconsistenti, il vacuo riflesso di quella storia divina, ciclica, eternamente ritornante, che si contemplava ogni giorno trascorrere nel cielo.
parte quinta: UN BREVE EXCURSUS SULLA NUMEROLOGIA VETEROTESTAMENTARIA.
1. Come abbiamo osservato varie volte nel corso delle parti precedenti di questo lavoro, i rapporti matematici fra le costanti fisiche fondamentali e le misure della Grande Piramide – fondati sostanzialmente su π, ɸ e il 10 – si ritrovano anche nei rapporti che possiamo istituire fra i numeri che in modo tanto reiterato quanto apparentemente abbastanza sibillino vengono inseriti nelle pagine dell’Antico Testamento. I primi cinque libri in particolare – il celebre Pentateuco – che furono in origine costruiti e tramandati oralmente secondo un raffinato codice matematico – sono stati considerati da vari studiosi e sotto vari punti di vista, un frutto dell’influenza che gli Israeliti hanno ricevuto dagli Antichi Egizi. Di questa tesi abbiamo adesso la possibilità di dare anche un riscontro matematico.
Quanto al significato numerologico del 40 possiamo notare per prima cosa che la sua radice 79sima è molto prossima a π/c, mentre la radice 64sima di 40/2 = 20 corrisponde esattamente 32√(2√5), che è a sua volta diverso di solo 1/106 da π/c. Ciò vuol dire in primo luogo che
π/c = 1,047922 ≈ 64√20 = 1,047921.. ≈ 79√40 = 1,047802.. (79√40 ∙ c = 3,1412 ≈ π = 3,1415)
Questo significa come prima cosa che possiamo ricavare un’approssimazione straordinariamente buona di c = 2,9979246 da √5 = ɸ + 1/ɸ e da π. Infatti
π : 32√(2√5) = 2,9979285.. ≈ c = 2,9979246
Inoltre, se facciamo il rapporto fra gli esponenti delle due radici, troviamo di nuovo un numero piuttosto interessante, dato che
79 : 64 = 1,23437.. ≈ 2 ∙ 1/ɸCheope = 1,23564..
Se prendiamo in considerazione un altro numero che ricorre con particolare frequenza nell’Antico Testamento, il 70 (e qui conviene anche ricordare che il periodo in cui nell’Antico Egitto si considerava Osiride-Orione morto, perché svaniva dall’orizzonte, era proprio di 70 giorni, come, per altro verso, la prima trascrizione dell’Antico Testamento in greco venne chiamato appunto La Bibbia dei 70: il suo significato astronomico è confermato dal fatto che venne trascritta sulle pelli di 365 animali di grossa taglia), vediamo che la radice 70sima di 40 ci da un numero piuttosto vicino a ħ
70√40 = 1,054111.. ≈ ħ = 1,054571..
Facendo la radice 40sima di 70 invece si arriva vicinissimi a ħ2, dato che
40√70 = 1,112058.. ≈ ħ2 = 1,11212.. (- 0,000062)
Nell’Antico Testamento ricorre molto spesso anche l’80 (per esempio, questa era l’età che Mosè aveva quando Dio gli affidò il compito di portare gli Israeliti fuori dall’Egitto: oppure, di Gesù si dice che digiunò per 40 giorni e 40 notti). Dato quel che abbiamo visto sopra, è chiaro che la radice 80sima di 70 ci debba portare vicinissimi a ħ
80√70 = 1,054541.. ≈ ħ = 1,054571..
Si arriva molto vicini ad ħ anche utilizzando una cifra che ci riporta a un numero biblico molto importante, il celebre Numero della Bestia, anche se nel modo un po’ complesso che vediamo sotto
66√40 = 1,0574835887878297664997187440786
1,057483.. √1,057483.. = 1,054275.. ≈ ħ = 1,054571..
Questo stesso numero, elevato alla settima, ci porta vicini a ɸ, dato che
(66√40)7 = 1,47882.. ≈ 3√2ɸ = 1,47912..
Inoltre, se moltiplichiamo per 6 la radice 66sima di 666, ecco che ci rendiamo conto che arriviamo a un’ottima approssimazione della costante di Planck attualmente in uso
66√666 ∙ 6 = 6,621.. ≈ h = 6,626
Da notare il fatto che il numero sotto radice si può ricostruire numerologicamente mettendo accanto il 66 dell’esponente della radice e il 6 con cui viene moltiplicato il risultato della radice.
Il Numero della Bestia ci porta a ɸ anche nel modo seguente
(4√666) : π = 1,617032.. ≈ ɸ = 1,618033
2. Anche nei capitoli dedicati all’origine del popolo Ebraico troviamo delle connessioni matematiche fra i numeri che vengono suggeriti. Abramo aveva 86 anni quando Agar gli partorì Ismaele e ne aveva 99 quando Dio gli promette una discendenza per mezzo della moglie. La radice 86sima di 99 ci porta molto vicini a ħ
86√99 = 1,054884.. ≈ ħ = 1,054571..
Il figlio di Abramo e di Sara, Isacco, nascerà quando Abramo avrà raggiunto i 100 anni di età. La radice 99sima di 100 ci da un risultato molto vicino a π/c
99√100 = 1,047615.. ≈ π/c = 1,047922..
Questi numeri riguardanti Abramo hanno relazione con altri numeri simili che si trovano nel resto della Bibbia. Per esempio, gli 86 anni che aveva Abramo al momento della nascita di Ismaele corrispondono in Numeri, 3,24, al numero dei figli maschi della famiglia dei Keatiti, che erano 86 ∙ 100 = 8600, a cui fra l’altro era affidata la custodia dell’Arca dell’Alleanza.
In The Snefru Code parte 3 e parte 7 abbiamo visto in modo abbastanza approfondito i numeri riguardanti il Diluvio e, appunto, la celebre Arca dell’Alleanza. Converrebbe forse esporli ancora una volta, ma, per ragioni di brevità, daremo invece solo una rapida scorsa a quel che potrebbe essere il significato numerologico-scientifico delle età di Noè, Matusalemme ed Enoch.
Noè vive fino a 950 anni, mentre Enoch, viene “assunto in cielo” all’età di 365, un numero che quasi certamente simbolizza i giorni dell’anno solare Antico Egizio. Da notare che la prima copia della “Bibbia dei Settanta” venne vergata sulle pelli di 365 animali di grossa taglia e che il 365, ricorre in vari luoghi dell’Età della Pietra. Per esempio Avebury, il circolo megalitico più grande del mondo, ha un diametro di 365 metri, ed è separato da quello di Stonehenge da una distanza di 36 chilometri, un numero che equivale al numero dei giorni “puri” dell’anno solare Antico Egizio (360) diviso per 10. Il 36 corrisponde due volte il numero dei mesi dell’anno solare Maya (18 ∙ 2 = 36), che a sua volta corrispondono alle 36 enormi pietre di quarzo che decorano il tumulo di New Grange.
Comunque sia, la connessione fra il profeta Enoch ed un sapere trigonometrico fondato sul codice sessagesimale la si può facilmente dedurre da “Il Libro dei Segreti di Enoch”, una parte dell’Antico Testamento non accettata dalla Chiesa, dove al capitolo XXIII si legge
(L’Arcangelo Vereveil) Mi diceva tutte le opere del cielo e della terra e del mare e i movimenti e le vite di tutti gli elementi e il cambiamento degli anni e i movimenti e le modificazioni dei giorni e i comandamenti e le istruzioni e la dolce voce dei canti e le salite delle nubi e le uscite dei venti e ogni lingua dei canti delle milizie armate. Tutto ciò che conviene imparare Vereveil me l’espose in trenta giorni e in trenta notti e la sua bocca non cessò mai di parlare. Io non mi riposai trenta giorni e trenta notti, scrivendo tutti i segni (dell’alfabeto divino usato da Vereveil, che è presumibilmente è quello della trigonometria sessagesimale) e quando ebbi finito, Vereveil mi disse: “Siediti, scrivi tutto ciò che ti ho esposto”.
Mi sedetti il doppio di trenta giorni e trenta notti e scrissi (tutto) esattamente e composi 360 libri.
Sembra proprio che un passo di questo genere basti e avanzi a fondare l’ipotesi che già alle origini della sapienza veterotestamentaria vi fosse fra l’altro anche una perfetta conoscenza di questa branca della geometria: le reiterate allusioni al 30, al 60 e al 120 non sembrano lasciare alcun dubbio.
Dunque, possiamo andare avanti in questo lavoro con la certezza che la decodificazione della numerologia di questa e di altre parti dell’Antico Testamento non è affatto frutto di mera speculazione.
3. Andando avanti nell’analisi matematica del testo biblico, come prima cosa scopriamo che il rapporto fra l’età di Noè e quella di Enoch è pari a
950 : 365 = 2,602739.. ≈ ɸ2 = 2,618.. ≈ carica unitaria + 1 = 1,6022 + 1 = 2,6022
All’età in cui avvenne il Diluvio Noè aveva 600 anni. Come prima cosa, si vede che questa cifra, messa in rapporto con il totale degli anni vissuti da Noè, ci porta vicini a (√10)/2, dato che
950 : 600 = 1,58333.. ≈ (√10)/2 = 1,58113..
Da questo numero – e da un rapporto che abbiamo visto sopra – 80√70 – possiamo arrivare in modo abbastanza comodo a un’approssimazione della costante di Newton G nel modo che vediamo sotto
1,58333 ∙ 4 ∙ 80√70 = 6,6787.. ≈ G = 6,672
Invece il 600, messo in rapporto con il numero dei giorni “puri” dell’anno solare Antico Egizio, ci riporta alla cifra che ci serve per trasformare i sessantesimi di grado in centesimi di grado
600 : 360 = 1,666.. = 5/3;
A parte il fatto che 5 e 3 sono rispettivamente il quarto e il quinto numero della serie di Fibonacci, ci sono altri motivi per pensare che questa costante possa essere enormemente più importante di quanto di solito non siamo inclini a credere. La sua parte decimale contiene infatti una chiara allusione al Numero della Bestia (il 666), e proprio da essa si può ricavare un’approssimazione praticamente perfetta del π in un modo relativamente semplice. Come prima cosa, possiamo fare la radice cubica della parte decimale del numero e poi fare 1/x
1 : 3√(1,666… – 1) = 1 : 3√0,666.. = 1 : 0,8735804.. = 1,144714..
Ebbene, con stupore notiamo che questo numero corrisponde a un’approssimazione straordinariamente buona del logaritmo naturale di π, da cui differisce di soli 15 milionesimi. Infatti
1 : 3√(1,666… – 1) = 1,144714.. ≈ Ln π = 1,144729..
Questo significa che elevando il numero di Eulero alla 1 : 3√(1,666… – 1) arriviamo a un’approssimazione di π che differisce dal numero esatto di soli 49 milionesimi
e1 : 3√(1,666… – 1) = e 1,144714.. = 3,141543.. ≈ π = 3,141592..
Inoltre, c’è da notare che il logaritmo naturale di π si può ricavare fino al quinto decimale per via numerologica, operando con dei numeri che per le antiche religione astronomiche erano importantissimi, vale a dire l’1, il 144 e il 72, presenti in abbondanza anche nella Bibbia. Infatti
1 + 144/1000 + 72/100000 = 1,14472
Questo numero ci porta a un’approssimazione di π che differisce dal numero esatto di soli 31 milionesimi. Infatti
e1,14472 = 3,141561 ≈ π = 3,141592..
Una buona approssimazione del logaritmo naturale di π si può ricavare anche dalla radice di 10 e dal numero di Eulero, dato che
1 : 6√(√10 – e) = 1 : 6√0,44399.. = 1,1449069.. ≈ Ln π = 1,1447298
L’approssimazione di π che possiamo ricavare da questo numero è
e1,1449069.. = 3,1421.. ≈ π = 3,1415..
Con un procedimento abbastanza simile possiamo utilizzare 1/√5
11/10 + [(1/√5) : 10] = 1,1 + (0,447213.. : 10) = 1,1 + 0,0447213.. = 1,144721359.. ≈ Ln π = 1,1447298..
L’approssimazione di π che possiamo ricavare da questa cifra è veramente ottima
e1,144721359.. = 3,141565.. ≈ π = 3,141592..
4. Tutto questo insieme di relazioni pare confermare lo stretto legame – quasi un ritmo musicale si vorrebbe dire – fra i numeri che sono stati codificati dagli Antichi Egizi nei loro monumenti, un legame che emerge anche dal rapporto fra √10 e c = 2,9979246, che ci da un numero molto vicino a ħ
√10/c = 1,054822.. ≈ ħ = 1,054571.. (+0,00025)
Stesso ritmo musicale possiamo trovare nella differenza π e ɸ2, che ci da un numero vicinissimo a π/6
π – ɸ2 = 0,523558.. ≈ π/6 = 0,523598.. (-0,00004
Oppure, anche in questa semplice equazione, in cui di nuovo troviamo π pare legato al numero d’oro da un rapporto inestricabile, però costantemente condannato a un minimo di imperfezione
1/π + 1/3 = 0,31830988.. + 0,3 = 0,6183098.. ≈ ɸCheope – 1 = 0,61859034..
Essendo entrati in tema di logaritmi, prima di uscirne conviene osservare che anche il logaritmo di 2ɸ è abbastanza interessante, dato che corrisponde in modo praticamente esatto alla radice c = 2,9979246 di ɸCheope, con una differenza di 1/100000. Infatti
Ln 2ɸ = 1,174359005.. ≈ 2,9979246√ɸCheope = 1,174250016..
Se poi eleviamo il numero di Eulero al numero che scaturisce dal rapporto fra il sesto e il settimo numero della serie di Fibonacci 13/8 = 1,625 (un numero che si ricava fra l’altro – come abbiamo visto in The Snefru Code parte 7 – anche dalla sezione aurea dell’anno solare Antico Egizio) troviamo di nuovo qualcosa di molto interessante. Stiamo parlando della costante che ci serve per calcolare la lunghezza di Planck ℓp = √(ħG/c3) = 1,616 252, ovvero la distanza sotto la quale parlare di spazio non ha più un senso fisico. Infatti
e1,625 : π = 5,078419.. : 3,1415.. = 1,616510.. ≈ ℓp = √(ħG/c3) = 1,616 252
Elevando il numero di Eulero a ℓp = √(ħG/c3) = 1,616 252 e dividendo il risultato per π arriviamo a un risultato molto vicino alla carica unitaria, dato che
e1,616 252 : π = 5,03418.. : π = 1,60243.. ≈ carica unitaria = 1,6022
I rapporti che stiamo scoprendo sembrano davvero molto interessanti. Essi meritano forse un lavoro più approfondito, ma, siccome non riguardano direttamente l’argomento che stiamo trattando, rimandiamo questo lavoro ad altra sede. Esponiamo solo un qualcosa che, dato tutto quel che abbiamo scoperto fino ad adesso, risulterà forse più di una curiosità. Elevando il numero di Eulero a h – 5 e procedendo poi come abbiamo fatto fino ad adesso otteniamo un’ottima approssimazione del numero d’oro, dato che
e1,626 : π = 1,61822..
Si conferma in questo modo il fatto che la costante di Planck attualmente in uso da luogo a un numero con caratteristiche del tutto particolari, che merita senz’altro ulteriori indagini, che rimandiamo ad altra sede.
5. Tornando all’analisi dei numeri riguardanti Noè, notiamo che il 600 – cioè l’età di Noè al momento del Diluvio – inserito in questa semplice equazione, ci da un’approssimazione veramente buona di ħ
√[(8√600) : 2] = √1,112343.. = 1,054676.. ≈ ħ = 1,054571..
I 600 anni precedenti al Diluvio sono divisi in due fasi distinte di 300 anni ciascuna. Mettendo in rapporto questi 300 anni con i 365 di Enoch, attraverso questa semplice funzione arriviamo a ɸ.
{[(365 : 300) ∙ 5] – 1} : π = 1,618075.. ≈ ɸ = 1,618033..
Qui forse aver inserito il 5 nell’equazione può parere una forzatura a chiunque non sappia quanto esso fosse importante nella numerologia Veterotestamentaria. Si tenga presente che il 5 era uno dei numeri più considerati più sacri dagli Israeliti, una cosa che risulta quasi ovvia, se consideriamo la sua intima connessione con ɸ, che abbiamo più volte visto, e con il triangolo rettangolo – a sua volta considerato sacro – di lato 3,4,5, di area 6 e di perimetro 12, che ha delle caratteristiche numerologiche straordinarie. Infatti, il cateto minore di questo triangolo elevato al quadrato ci da la somma degli altri due, quello medio è la metà della somma degli altri due, il valore del perimetro corrisponde ai segni dello zodiaco e i mesi dell’anno solare Antico Egitto e a due volte l’area, l’area moltiplicata per cateto minore ci da la somma di area e perimetro, moltiplicata per il cateto medio il doppio del perimetro, per quello maggiore la somma numerologica 3 + 4 + 5 + 6 + 12 = 30 e in questo modo anche il numero dei giorni del mese Antico Egizio, etc.
Come ultimo dato, osserviamo che mettendo in relazione la durata esatta dell’anno solare con il numero di giorni “puri” dell’anno solare Antico Egizio, si arriva di nuovo a π, sia pure in un modo un po’ complicato
(365,25 : 360)2ɸ ∙ c = 3,1417.. ≈ π = 3,1415
Matusalemme morì all’età di 969 anni, un numero che ci riporta in modo quasi immediato a π
6√969 = 3,1457.. ≈ π = 3,1415..
Gabriele Venturi