The snefru code parte 18

Gabriele Venturi

LA MORFOGENESI MATEMATICA

DELL’UNIVERSO

parte I

UN BREVE EXCURSUS SULLE PROPRIETÁ ARMONICHE

DEL PRODOTTO FATTORIALE

con nuove importanti scoperte e acquisizioni

Je sais les cieux crevant en éclairs, et les trombes
Et les ressacs et les courants : je sais le soir,
L’Aube exaltée ainsi qu’un peuple de colombes,
Et j’ai vu quelquefois ce que l’homme a cru voir !
A. Rimbaud

Je est un autre.

A. Rimbaud

1.

Il punto di partenza della nostra analisi sono due numeri un po’ particolari. Un paio di quelli su cui la nostra ordinaria istruzione matematica e scientifica per solito non punta mai l’attenzione, ritenendoli probabilmente una parte di quello sterminato e infine quasi del tutto amorfo ammasso di entità che chiamiamo “numeri irrazionali”. Stiamo parlando di 1 + (Ln π)/10 = 1,114472988.., e del numero negativo dal quale possiamo ottenerlo attraverso il prodotto fattoriale

-0,15208351163..! = 1,114472988584.. = 1 + (Ln π)/10

Possiamo immaginare, anche per comodità, di poter passare dall’uno all’altro di questi numeri attraverso un’operazione inversa al prodotto fattoriale. Un po’ come possiamo passare dal logaritmo naturale di n a n per mezzo di en. Siccome il prodotto fattoriale viene simbolizzato con un punto esclamativo – “!” – possiamo simbolizzare l’ipotetica operazione inversa – come del resto altri hanno già fatto – con un punto interrogativo: “?”. In questo modo, possiamo pensare di aver ricavato -0,15208351163.. a partire da 1 + (Ln π)/10.

[1 + (Ln π)/10]? = -0,15208351163..

2.

L’inverso del prodotto fattoriale però, è un’operazione che, anche ad un livello puramente astratto, pone qualche problema. Infatti, qualsiasi numero positivo, e dunque anche 1 + (Ln π)/10, si può ricavare dal prodotto fattoriale di un numero positivo, oltre che da quello di uno negativo. Dunque, occupandoci, sia pure in modo molto vago di un’operazione come l’inverso del prodotto fattoriale, sarebbe forse necessario adottare un simbolismo più preciso. Così, per segnalare un inverso del prodotto fattoriale che ci porti da un numero positivo al suo inverso fattoriale negativo, sarebbe bene apporre il segno meno davanti al punto interrogativo: “-?”.

Ulteriori precisazioni del simbolismo si renderebbero probabilmente necessarie, ove avessimo a che fare con un tentativo davvero serio e approfondito di sviluppare questo genere di operazione. Ma, nel contesto di un lavoro come quello che ci apprestiamo a svolgere, molto breve e di natura sostanzialmente ipotetica, possiamo anche contentarci di questa formulazione piuttosto vaga e provvisoria

[1 + (Ln π)/10] -? = -0,15208351163..

3.

Sul momento, ovviamente, noi non abbiamo a disposizione una calcolatrice in grado di svolgere un’operazione del genere. Eppure, sarebbe davvero utile averne una, non fosse altro perché potremmo renderci conto della fantastica complessità con cui – attraverso il prodotto fattoriale – sono legati fra di loro dei valori che dal punto di vista matematico e scientifico sono giudicati per solito molto interessanti.

Prendiamo per esempio la funzione xx applicata al numero di Eulero, ee = 15,154262..: se risaliamo al numero negativo dal quale ee può essere ottenuto per mezzo di una sequenza di 3 prodotti fattoriali, scopriamo che si tratta di un numero di grande interesse scientifico. Infatti, altro non è che un’approssimazione piuttosto buona del numero caratteristico della costante che definisce un elettronvolt, 1eV = 1,6022 ∙ 10-19 j (nel corso di questo lavoro faremo ricorso costantemente a 1eV per evitare di far confusione con il simbolismo, perché il simbolo della carica unitaria – “e” – è lo stesso del numero di Eulero: ma è del tutto chiaro che le considerazioni che svolgiamo a proposito di 1eV, siccome sono puramente matematiche, valgono anche per la carica unitaria, che con 1eV condivide, oltre che il numero caratteristico, anche il valore della potenza del 10, che è -19)

-1eV!!! = -1,60233176932..!!! = 15,154262.. = ee

Questo significa che, avendo a disposizione una calcolatrice in grado di fare l’inverso del prodotto fattoriale, sarebbe stato molto facile rendersi conto che 1eV è connesso con ee. Ci sarebbe bastato premere per tre volte l’ipotetico tasto “-?” e avremmo avuto che

ee -??? = -1,60233176932.. = -1eV

Questo fatto risulta ancora più importante nel momento in cui ci rendiamo conto che dal numero caratteristico di 1eV, per mezzo del prodotto fattoriale, possiamo arrivare a quello della costante di Dirac ħ, e che, imprevedibilmente, la costante di Dirac risulta strettamente connessa con c – 2 = 0,99792458. In effetti, l’approssimazione di ħ che otteniamo da c – 2 corrisponde differisce dal valore che viene correntemente considerato come esatto di circa 0,15 milionesimi

[(-1,60233176932.. + 1)! : 2]! = [(-0,60233176932..!) : 2]! =

= (2,231491559.. : 2)! = 1,11574577970..! = 1,054592807.. ≈ ħ = 1,054571628..

3√{[(c – 2) ∙ 102] – 102}! = 3√-0,207542! = 3√1,172811069.. = 1,054571472.. ≈ ħ = 1,054571628..

Un valore come 102 [(c – 2) ∙ 102] è interessante anche perché da esso, sempre per mezzo del prodotto fattoriale, possiamo ricavare la tangente dell’angolo che corrisponde alla sezione aurea dell’angolo giro 360°/ɸ. All’uopo, ci basta scegliere un valore di c che differisce da quello sperimentalmente stabilito di pochi milionesimi

tg 360°/ɸ = tg 222°,492235.. = {[102 – (c – 2)] ∙ 102}! = {102 – [(2,99791987409.. – 2) ∙ 102]}! =

= (102 – 99,791987409.. )! = 0,208012591..! = 0,9160819155..

A ciò dobbiamo aggiungere un fatto che sembra parimenti interessante, e cioè che a partire dal coseno dell’angolo la cui tangente è pari a c, noi possiamo risalire a un’approssimazione di π che differisce dal numero esatto di una quindicina di milionesimi. Notiamo di passaggio che l’inverso del seno di quest’angolo corrisponde a un’approssimazione del numero caratteristico di ħ, che poco sopra abbiamo ricavato dal numero caratteristico di 1eV come anche da c – 2

tg x = 2,99792458 = c

x = 71°,553152488144135638246081923736

1/sen 71°,553.. = 1/0,948617606.. = 1,054165.. ≈ ħ = 1,054571..

{[3Ln (10 ∙ cos 71°,553..)4]! ∙ 2}2 = {[3Ln (10 ∙ 0,316424773..)4] ∙ 2}2 = [(3Ln 3,16424773..4)! ∙ 2]2 =

= [(3Ln 100,249429..)! ∙ 2]2 = [(0,423776712..!) ∙ 2]2 = (0,886224658.. ∙ 2)2 =

= 1,772449317..2 = 3,14157658.. ≈ π = 3,141592653.. (-1,607071.. ∙ 10-5

Curiosamente, dalla differenza che sopra registriamo fra π e l’approssimazione che abbiamo ricavato dall’angolo con tangente pari a c, se trascuriamo la potenza del 10, possiamo ricavare un’approssimazione del seno di quello stesso angolo da cui siamo partiti.

1/9√1,607071.. = 0,948652624.. ≈ sen 71°,553152.. = 0,948617606..

Quanto abbiamo visto significa che vi è un’approssimazione di c tale per cui si può circolarmente risalire dalla differenza con il valore di π che si può ricavare dal suo coseno al valore del suo seno. Inoltre, applicando la funzione x√x a c noi possiamo ottenere un’approssimazione del numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone re = 2,81777 (Nell’equazione sottostante il simbolo “3inv. Ln ” rappresenta l’applicazione di una sequenza di 3 inversi del logaritmo naturale, corrispondente all’operazione ex. In generale, d’ora innanzi, incontreremo molte volte sequenze di logaritmi, come anche di inversi di logaritmi, sia in base 10, sia naturali, come anche di sequenze di prodotti fattoriali. Perciò il lettore dovrà tenere a mente che, ogni volta che vede un numero in basso a sinistra di simboli come “!“, “log“, “Ln“, o “inv. log” o “inv. Ln“, esso si riferisce al numero di volte consecutive che va ripetuta l’operazione simbolizzata)

10/3inv. Ln –c√c = 10/3inv. Ln –2,99792458√2,99792458 = 10/3inv. Ln -1,442282275270.. =

= 10/3,548997702.. = 2,817696.. ≈ re = 2,81777

4.

Il lettore che è a conoscenza del lavoro che abbiamo svolto nei precedenti articoli, è già al corrente del fatto che un tal genere di circolarità non è un accidente. Essa corrisponde invece a una delle caratteristiche fondamentali del sistema che ci accingiamo ad analizzare. Sopra abbiamo constatato una relazione fra 1 + c/10 e 1eV attraverso ħ. Qui di seguito possiamo constatare che la relazione fra c e 1eV essere molto più diretta. Nell’equazione compare un valore come 22 = 4, che è piuttosto desueto, se guardiamo alla nostra tradizione scientifico-matematica. Ma, da quando abbiamo dimostrato la stretta relazione fra π e il prodotto fattoriale di 1/2 e -1/2, che riprenderemo più avanti, possiamo considerare quel 22 alla stessa stregua del che ci siamo abituati a vedere in una formula, diventata ormai classica, quale ħ = h/2π.

[Ln (-1/c3)!!!] – 22 = (Ln 270,999431454..) – 4 = 5,602116.. – 4 = 1,602116.. ≈ 1,6022

A un altro livello, possiamo notare come vi sia un rapporto piuttosto stretto fra 1 + c/10 e π. Infatti, da quella stessa x dal cui logaritmo possiamo ricavare 1 + c/10, possiamo ricavare anche un’approssimazione di π quasi identica a quella che abbiamo ricavato dal coseno dell’angolo che ha c come tangente

(log x)! = 1 + c/10 = (log 0,499925419..)! = -0,301094780..! = 1,299792458..

(0,499925419..! ∙ 2)2 = 3,141575570.. ≈ π = 3,141592653..

Possiamo terminare questa prima parte della nostra analisi notando che dal coseno dell’angolo pari a c possiamo ricavare anche il numero caratteristico della costante che descrive la massa del neutrone mn = 1,6748

{-1/Ln [(1/Ln cos 71°,553..)!]}!! = {-1/Ln [(1/Ln 0,316424773..)!]}!! = {-1/Ln [(1/-1,15066974814..)!]}!! =

= [-1/Ln (-0,8690590863..!)]!! = (-1/Ln 7,175714570..)!! = (-1/1,970702348..)!! =

= -0,507433302044..!! = 1,674745.. ≈ mn = 1,6748

Dal numero di Eulero, che, come abbiamo visto, è direttamente connesso con 1eV, possiamo invece ricavare il valore medio della massa del neutrone e di quella del protone, (mn + mp)/2 = (1,6748 + 1,6725)/2 = 1,67365

{-1/Ln [(e – 2) ∙ 10]}!! = (-1/Ln 7,18281828..)!! = (-1/1,971691..)!! =

= -0,507178651..!! = 1,673457.. ≈ (mn + mp)/2 = 1,67365

Da questi due dati, possiamo risalire al numero caratteristico della massa del protone mp = 1,6725

[2 ∙ (mn + mp)/2] – mn = (2 ∙ 1,673457..) – 1,6748 = 1,672307.. ≈ mp = 1,6725

5.

Pur inserito nel contesto di un lavoro puramente matematico, un valore come c – 2 può comunque sia suscitare qualche perplessità, dato che c, in effetti, si riferisce a un’entità come la velocità della luce che, così come noi siamo abituati a concepirla, ha un senso esclusivamente fisico. Ma, andando avanti nel lavoro, ci renderemo conto che tutte le costanti della scienza hanno anche un senso puramente armonico-matematico, e quindi hanno un senso anche ove, come in questo caso, si faccia uso solo della loro parte decimale. In effetti, che una relazione come quella che abbiamo constatato qui sopra non sia un incidente, possiamo rendercene conto andando a vedere quale sia quel numero per mezzo del quale, attraverso 2 prodotti fattoriali, possiamo ottenere 2 + c/10 = 2,299792458

2,07556382442..!! = 2,299792458.. = 2 + c/10

Ebbene, se facciamo la sottrazione fra 103 e 2,07556382442.., quel che viene fuori è proprio un’approssimazione di (c – 2) ∙ 103

(103 2,07556382442..) : 103 = 997,924436.. : 103 = 0,99792443.. ≈ c – 2 = 0,792458

Da (103 2,07556382442) noi possiamo anche ricavare una discreta approssimazione del numero caratteristico della costante che descrive il raggio della prima orbita dell’elettrone intorno al nucleo, 1bohr = 0,531, e di quello del raggio classico del protone rp = 1,535

4Ln (103 2,07556382442..)! – 1 = (4Ln 997,92443617558..)! – 1 =

= -0,417435883..! – 1 = 1,530596.. – 1 = 0,530596.. ≈ 1bohr = 0,531

[1 + 4Ln (103 2,07556382442..)!!] = √[1 + (4Ln 997,92443617558..)!!] =

= √(1 + -0,417435883..!!) = √(1 + 1,358560..) = √2,358560.. = 1,535760.. ≈ rp = 1,535

Queste relazioni hanno ovviamente anche dei rilievi puramente matematici, connessi con le caratteristiche del numero di Eulero. Una di quelle che ci preme sottolineare è che, se applichiamo la funzione x√x = y al numero di Eulero, troviamo un numero un po’ particolare, dato che e√e sembra il punto massimo raggiungibile dalla funzione x√x. Questo significa che il numero di Eulero dovrebbe essere la x in grado di soddisfare la funzione che vediamo qui di sotto

n→∞

x – 1/n√(x – 1/n) < x√x > x + 1/n√(x + 1)

x = 2,7182818284590452353602874713527 = e

In effetti, se sviluppiamo la funzione che vediamo qui sopra fino a n = 1012 (la calcolatrice scientifica di Windows non ci consente di andare molto più lontano) le cose vanno proprio nel modo previsto, dato che

e – 1/10¹²√e – 1/10¹² = 1,4446678610097661336583390726335

e√e = 1,4446678610097661336583391085964

e + 1/10¹²√(e + 1/1012) = 1,4446678610097661336583390726335

Un valore come e√e vede accresciuto il suo significato matematico dal fatto che la x in grado di risolvere l’equazione che vediamo qui di seguito differisce da π – 3 di poco più di 48 milionesimi

1 + [(3 + x) ∙ x] = e√e = 1,444667861009..; x = 0,1415443524345.. ≈ π – 3 = 0,1415926535897..

1 + [(3 + 0,1415443524345..) ∙ 0,1415443524345..] =

= 1+ (3,1415443524345.. ∙ 0,1415443524345..) = 1 + 0,444667861009.. = 1,444667861009..

E qui possiamo notare di passaggio che la x in grado di soddisfare l’equazione che vediamo qui di seguito è vicinissima a π. Questa seconda equazione la presentiamo in una forma tautologica esplicita, ovvero f(x) = x, che è poi la forma nascosta di quella che abbiamo visto sopra

[(-1/3Ln x)! ∙ 2]2 = x = 3,1415130890326438393551379255689 ≈ π (-7,95645571493991075054577106028 ∙ 10-5

[(-1/3Ln 3,141513089032..)! ∙ 2]2 = [(-1/-2,001395334457..)! ∙ 2]2 = (0,499651409585670..! ∙ 2)2 =

= (0,886215703008.. ∙ 2)2 = 1,7724314060162..2 = 3,1415130890326438393551379255689

Qui sopra abbiamo mostrato la differenza fra π e l’approssimazione che risulta dalla soluzione dell’equazione perché essa pare molto significativa. Infatti, da essa possiamo ricavare un’approssimazione di π che pare straordinariamente buona, dato che differisce dal valore esatto di meno di 5 milionesimi

sinh x = -1/-7,95645571493991075054577106028 = 12568,410305134869507919877970352

x = 10°,132089008357268071489642098793

10/√10°,132089008.. = 10/3,183094250624.. = 3,141597204681.. ≈ π = 3,141592653..

È proprio in questa connessione con π che è da ricercarsi la ragione per cui da questo valore, apparentemente del tutto anonimo, possiamo ricavare sia il numero caratteristico della costante di Dirac, come anche quello della costante di Planck

4√1/(3Ln -1/-7,956455714.. ∙ 10-5) = 4√1/3Ln 12568,410.. = 4√0,808635977.. =

= 4√1,236650.. = 1,054536.. ≈ ħ = 1,054571..

x = -1/-7,956455714.. ∙ 10-5 = 12568°,410305134.. = -31°,589694865130492080122029661116

5 + -1/tg -31°,589694.. = 5 + -1/-0,614956201.. = 5 + -1,626132.. = 6,626132.. ≈ h = 6,626

Comunque sia, la cosa più importante è o sembra essere che uno dei valori sperimentalmente possibili del numero caratteristico della costante che descrive 1eV, legandosi al numero di Eulero per mezzo della funzione x√y = x, si lega anche al limite massimo raggiungibile funzione x√x. Dunque, da questo limite potremmo dedurre senz’altro un valore sperimentalmente possibile del numero caratteristico di 1eV, se solo avessimo a disposizione una calcolatrice in grado di fare l’inverso del prodotto fattoriale. Che però, sfortunatamente, non abbiamo affatto a nostra disposizione.

6.

Ma, come abbiamo notato nei lavori precedenti, difficilmente un numero di interesse scientifico e matematico si connette al sistema armonico a cui appartiene solo per una via. Sempre o quasi sempre, numeri di questo genere sono il punto di intersezione di una rete di numeri similmente significativi, legati fra di loro da funzioni a volte semplici, a volte mirabilmente complesse. Chi ha seguito il nostro lavoro fino a questo punto, di certo saprà che la nostra tesi fondamentale è che tutte le costanti della nostra scienza possono essere ricostruite, tanto nei loro numeri caratteristici tanto nel loro valore assoluto, a partire da funzioni di π, di ɸ, del 10 e del numero di Eulero, valori che furono codificati nella Grande Piramide, già a partire dalla misura del suo lato. Le connessioni che abbiamo visto nel paragrafo precedente sembrano proprio l’ennesima conferma della validità di questa tesi. Ma, ovviamente, ben altre ce ne aspettiamo, e di ben maggior rilievo.

In effetti, in un primo senso, possiamo notare che, legandosi al numero di Eulero, l’approssimazione di 1eV che abbiamo sopra ricavato si lega anche alle approssimazioni dei numeri caratteristici delle costanti che descrivono il raggio classico e la massa del protone rp = 1,535 e mp = 1,6725, oltre che con un’altra approssimazione del numero caratteristico di 1eV: tutti questi valori sono infatti a loro volta deducibili dal numero di Eulero.

(e – 1)e – 1 – 1 = 1,718281828459..1,718281828459 = 1,534885.. ≈ rp = 1,535

[(e – 1)e – 1 – 1]e : 2 = 1,534885..2,7182818.. : 2 = 3,204847.. : 2 = 1,602423.. ≈ 1eV = 1,6022

{[(e – 1)e – 1 – 1]e : 2}2 : [(e – 1)e – 1 – 1] = 1,602423..2 : 1,534885.. =

= 2,567761.. : 1,534885.. = 1,672934.. ≈ mp = 1,6725

Sorprendentemente, dal numero di Eulero possiamo dedurre in modo praticamente perfetto anche il rapporto fra i numeri caratteristici della massa del protone e quella dell’elettrone, che corrisponde anche a quello, speculare, fra i raggi classici, dato che re/rp = mp/me = 1,836: il che significa che il numero caratteristico di 1eV, che descrive un’estensione, è strutturalmente legato, sia pure in modo non immediato e diretto, anche a due valori costanti che sono invece numeri puri

(4inv. Ln -e) : 10 = (4inv. Ln -2,718281828..) : 10 = 18,360049.. : 10 = 1,8360049.. = mp/me = re/rp

Nelle equazioni qui sopra vediamo che si fa ricorso, più che al numero di Eulero “in persona”, a e – 1. A questo valore si lega anche un’ottima approssimazione di π, che differisce dal valore originale di meno di due milionesimi. Per rendercene conto, il primo passo è calcolare l’approssimazione di 1/2 che vediamo qui di seguito, che riusciamo a ottenere proprio da e – 1

-1/2Ln 4√(e – 1) = -1/2Ln 4√1,718281828459.. = -1/2Ln 1,144915933347.. =

= -1/-2,000030070832.. = 0,4999924824..

A questo punto, è facile arrivare all’approssimazione di π di cui parlavamo sopra

(2 ∙ 0,4999924824..!)2 = 3,141590930172.. ≈ π = 3,141592653589.. (-1,723417.. ∙ 10-6

A sua volta, dal doppio logaritmo in base 10 di π è possibile ottenere una discreta approssimazione del numero caratteristico di 1eV, quasi identica a quella che otteniamo partendo dall’approssimazione di π che abbiamo derivato da e – 1

(2 ∙ 2log π)!!! – 2 = -0,60702533..!!! – 2 = 3,602475.. – 2 = 1,602475.. ≈ 1eV = 1,6022

(2 ∙ 2log 3,141590930..)!!! – 2 = -0,607025751..!!! – 2 = 3,602501.. – 2 = 1,602501.. ≈ 1eV = 1,6022

7.

Ma i rapporti fra 1eV e il numero di Eulero sono solo una parte relativamente modesta, per quanto molto interessante, del lavoro che siamo chiamati a svolgere. Infatti, attraverso il prodotto fattoriale, il numero caratteristico (ma, come vedremo in un momento successivo, anche il valore assoluto) della costante che descrive 1eV tende a stabilire una catena di relazioni con le altre costanti la cui ampiezza e complessità sembrano molto difficilmente perscrutabili.

Un anello di questa catena che sembra particolarmente interessante, è quello che lega il numero caratteristico della costante che descrive carica specifica del protone (cioè il rapporto fra la sua carica elettrica e la sua massa) e quello di 1eV, che, come abbiamo detto, sul piano puramente matematico è identico a quello della carica elettrica. Piuttosto sorprendentemente, noi possiamo constatare che dal numero caratteristico della carica specifica del protone, possiamo arrivare a quello della carica elettrica. Si nota che l’approssimazione che otteniamo è molto vicina a quella che abbiamo ricavato nel paragrafo precedente dal numero di Eulero. In questo caso, il prodotto fattoriale ci serve per arrivare al valore di un angolo, il cui coseno è legato al numero caratteristico di 1eV

Carica specifica del protone 9,57883376 ∙ 10-7 C kg-1

x = (-log 9,57883376)! = -0,981312636173695..! = 52°,953052188070112723770658804155

1 + cos 52°,953052.. = 1 + 0,602469.. = 1,602469.. ≈ [(e – 1)e – 1 – 1]e : 2 = 1,602423.. ≈ 1eV = 1,6022

Questa sembra una connessione particolarmente interessante, perché stabilisce un legame fra la carica elettrica del protone, la sua massa e, ancora una volta, il numero di Eulero: però per una via diversa da quella che abbiamo percorso all’inizio. Già a questo punto, possiamo vedere come il numero caratteristico di 1eV sembri capace di intessere un bel numero di relazioni armoniche con altri valori scientifici di rilievo. Ma, per quanto i risultati che abbiamo fino a questo punto ottenuto sembrino di un certo rilievo, non siamo in effetti che all’inizio del nostro lavoro di esplorazione.

Infatti, se adesso prendiamo un’approssimazione del numero caratteristico di 1eV che differisce di circa 0,2 milionesimi da quella che abbiamo usato nel paragrafo 3 per arrivare a ee, la dividiamo per -10 e poi facciamo il prodotto fattoriale, otteniamo un risultato che, prima facie, sembra del tutto insignificante. Poi però, se ne facciamo per due volte il logaritmo in base 10 arriviamo un risultato che appare invece scientificamente molto significativo, dato che ci troviamo di fronte a una funzione perfetta del 10 e della costante che ci serve per descrivere la velocità della luce, c = 2,99792458

2log (1eV/-10)! = 2log -0,1602333255..! = 2log 1,1223871347.. = -1,299792458 = -(1 + c/10)

Ma, a questo punto, possiamo sottolineare una connessione strutturale fra il numero caratteristico di 1eV e π, dato che a partire dal doppio prodotto fattoriale di π, possiamo ottenere il valore di c – 2 = 0,99792458. Ma ricordandoci che in alcuni lavori passati abbiamo dimostrato che π non è altro che una funzione del 2, ecco che a questo punto possiamo considerare c come una funzione del 2. Infatti

(-1/2)!2 = π

2 + (3Ln π!!)5! = 2 + {3Ln [(-1/2)!2!! ]5!} =

2 + (3Ln 7380,555557..)5! = 2 + 0,782436107..5! =

2 + 0,99792166.. = 2,99792166.. ≈ c = 2,99792458

Questa connessione, che appare già di per sé meravigliosamente armonica, diventa ancor più stupefacente quando scopriamo che c si connette a π!! = (-1/2)!2!! anche per un’altra via

π : [4Ln (Ln π!!)!]! = π : [4Ln (Ln 7380,555557..)!]! = π : (4Ln 8,906604..!)! =

= π : (4Ln 294190,680..)! = π : -0,073185714..! = π : 1,047927588.. = 2,99791005.. ≈ c = 2,99792458

Se accettiamo di far entrare nelle nostre considerazioni riguardo al prodotto fattoriale anche la trigonometria, troviamo questa ulteriore approssimazione di c, che appare dunque strutturalmente connessa a π, anche se in modo un po’ complicato

x = [4Ln (ππ!)]! = -2,053202328..! = 18°,447291555142340081214832267959

1/tg 18°,447291.. = 2,99784717.. ≈ c = 2,99792458

Un fatto importantissimo, che non possiamo mancare di sottolineare, è che quest’approssimazione di c che abbiamo appena calcolato è vicinissima a un’altra che ci consente di derivare il valore di quell’angolo che ha per coseno iperbolico l’inverso del valore assoluto della costante di Planck

c = 2,9978485145..

x = [(₄Ln 2,9978485145..81)!! – 5] ∙ 10² = [(₄log 4,183929596.. ∙1038)!! – 5] ∙ 10² = (-0,697819723..!! – 5) ∙ 10² =

= (5,770900390.. – 5) ∙ 10² = 0,770900390.. ∙ 10² = 77°,090039020754120398759289151841

1/sinh 77°,0900390.. = 1/1,509206130.. ∙ 1033 = 6,626000117..∙ 10-34 = h

Il sistema delle interne connessioni fra i valori delle costanti si amplia ancora quando scopriamo che, dal valore di 1eV che abbiamo visto sopra possiamo ricavare un’approssimazione del numero caratteristico della costante di Dirac ħ = 1,054571628.. molto vicino al valore oggi accettato come il più esatto

{1 + [(1eV/-10)! : 10]} = √[1 + (-0,1602333255..! : 10)] = √(1 + 1,1223871347../10) =

= √(1 + 0,11223871347..) = √1,11223871347.. = 1,054627286.. ≈ ħ = 1,054571628..

E qui possiamo sottolineare il fatto che dall’approssimazione del numero caratteristico di ħ, per mezzo di 4 prodotti fattoriali, possiamo derivare un’approssimazione di c che, in pratica, possiamo considerare, per così dire, una di quelle esatte

2 + (1,054627286.. – 1)!!!! = 2 + 0,054627286..!!!! = 2 + 0,99792420.. = 2,99792420.. ≈ c = 2,99792458

Ma, al di là di questa già di per sé stupefacente connessione, in cui vediamo “far sistema” 1eV, ħ e c, dobbiamo sottolineare anche un altro fatto. Ovvero che in questo caso, se avessimo a disposizione un’operazione come l’inverso del prodotto fattoriale potremmo, per esempio, risalire da -(1 + c/10) a 1eV , e il legame che abbiamo rilevato ci apparirebbe, per così dire, come perfettamente transitivo. L’equazione avrebbe un aspetto di questo genere

[2inv. log -(1 + c/10)]-? = -0,1602333255.. = 1eV

Se poi prendiamo in considerazione anche le relazioni trigonometriche che si possono creare per mezzo del numero caratteristico di 1eV, ecco che scopriamo che il suo legame con c raggiunge dei livelli di complessità davvero vertiginosi, dato che da un angolo con tangente pari a (1eV – 1) ∙ c possiamo di nuovo risalire a c: ci basta scegliere l’approssimazione del numero caratteristico di 1eV che vediamo qui sotto, che è leggermente “stirata” verso il basso

1eV = 1,6020485444775467117489097489175

tg x = (1eV – 1) ∙ c = (1,602048544477.. – 1) ∙ 2,99792458 = 1,8048961298424605452502313244814

x = 61°,0114208..

cos y = (sen 61°,0114.. + cos 61°,0114.. + tg 61°,0114..) : 10 = 0,31642477291576612291084156708648

y = 71°,553152522756..

tg 71°,553152522756.. = 2,99792458.. = c

Oppure, scegliendo quest’altra approssimazione di 1eV, più vicina a quelle leggermente “stirate” verso l’alto che abbiamo già usato nei precedenti paragrafi, possiamo ottenere anche il numero caratteristico della massa del neutrone mn = 1,6748

tg x = 1eV = 1,60236

x = 58°,032559137306613047861667880647

-cos 58°,032559..!!! = -0,529437263368788..!!! = 1,674807.. ≈ mn = 1,6748

8.

A questo punto, la trama di relazioni che abbiamo scoperto sembra aver già raggiunto un livello di complessità a cui la nostra filosofia della scienza non ci aveva preparato. Ma le ramificazioni che si riscontrano diventano in certi casi davvero incredibili. La velocità della luce, in questo senso, è un valore che ha delle caratteristiche armoniche a cui, come si suol dire, chi non vede non crede. Se espressa in milioni di metri al secondo, c è pari a circa 299792458. Se ne prendiamo un’approssimazione che differisce da questo valore di circa 32 centesimi e la proiettiamo sulla trigonometria a base 360°, noi scopriamo che si tratta proprio di quell’angolo x tale per cui sen x – 1 = tg x

sen x – 1 = tg x = -0,88320350591352586416894746536 – 1 = -1,88320350591352586416894746536

x = -62°,031248458223431517641331825668 = 299792457°,96875154177656848235867 ≈ c = 299792458

E qui possiamo notare di passaggio che è possibile ottenere il valore di un seno molto simile a quello dell’angolo di -62°,031.. dal prodotto fattoriale del 6

1 – 2Ln 6! = 1 – 1,883920941.. = 0,883920941.. = sen -62°,119023083022341482222459690004

Se prendiamo un’approssimazione di c maggiore di quella che abbiamo usato qui sopra di circa 3 centesimi, troviamo un angolo dalla cui tangente, attraverso il prodotto fattoriale, possiamo ricavare il valore di c da cui siamo partiti, diviso per 108

x = 299792457°,99955051731967417114331268269

-(tg 299792457°,99955..)! = √-(-1,880762059457734..)! = √8,987551824613.. = 2,9979245799955.. = c

Se invece prendiamo quest’altra approssimazione di c, espressa questa volta in chilometri al secondo, scopriamo che la tangente dell’angolo corrispondente è pari a -(eπ)

x = 299792°,47443561009670381110164

tg 299792°,474435.. = -23,140692632779269.. = -(eπ)

Da una tangente pari a -(eπ) possiamo ricavare un’ottima approssimazione di ħ

[1/-(eπ)]!2 = 1,026867567..2 = 1,054457001.. ≈ ħ = 1,054571628..

Da quest’approssimazione del numero caratteristico possiamo di nuovo ritornare a un valore molto vicino a c = 2,99792458

2 + (1,054457001 – 1)!!!! = 2 + 0,054457001..!!!! = 2 + 0,997929815.. = 2,997929815.. ≈ c = 2,99792458

Oppure, se prendiamo c espresso in miliardi di millimetri al secondo, scopriamo che sottraendo 1 alla tangente dell’angolo corrispondente, troviamo -G

x = 299792458000°

tg 299792458000° – 1 = -5,67128181.. – 1 = -6,671281.. ≈ -G = 6,672

Se accettiamo di esprimere la velocità della luce addirittura in metri divisi per 10-25 troviamo una sorprendente connessione fra c, il raggio classico dell’elettrone e una discreta approssimazione di ħ. Il punto di partenza è la determinazione di un angolo per mezzo della funzione xx applicata al numero caratteristico della costante che descrive il raggio classico dell’elettrone

x = rere = 2,8177625698147..2,8177625698147.. = 18°,523530574348276562189644637957

inv. log [10/sen 18°,523530..] = 1031,476820702901930920418024168592 = 299792457,982054 ∙ 10-25

1/cos 18°,523530.. = 1,054637.. ≈ ħ = 1,054571..

Da questo valore di ħ possiamo di nuovo risalire a un valore di c per mezzo del prodotto fattoriale

2 + (1,054637318.. – 1)!!!! = 2 + 0,054637318..!!!! = 2 + 0,99792387.. = 2,99792387.. ≈ c = 2,99792458

Come possiamo vedere qui di seguito, all’angolo di 18°,523530.. si connette anche un’approssimazione di π che differisce dal valore esatto di circa 1,5 decimillesimi

(-10 ∙ 3log 18°,523530..) = √9,870589268.. = 3,141749396.. ≈ π = 3,141592653..

Notevole sembra il fatto che quest’approssimazione di π che abbiamo appena ricavato è vicinissima alla x in grado di soddisfare l’equazione che vediamo qui sotto

(-2/x)!! = x = (-2/3,141753832..)!! = 3,141753832.. ≈ √(-10 ∙ 3log 18°,523530..) = 3,141749396..

Per quanto possa sembrare incredibile, potremmo prolungare quest’elenco di relazioni significative di c ancora molto a lungo. Ma, a questo punto, conviene forse riprendere il nostro ragionamento dal punto in cui l’avevamo lasciato al paragrafo precedente.

9.

Tornando al nostro lavoro sul prodotto fattoriale di angoli con tangenti caratteristiche, dobbiamo sottolineare che il numero caratteristico della massa del neutrone non è il punto di arrivo della catena deduttiva che abbiamo iniziato da 1eV: lo è solo se scegliamo arbitrariamente di fermarci. In caso contrario, possiamo proseguire il percorso, che ci porta verso altri valori che sono altrettanto interessanti. In effetti, se accettiamo che il valore del numero caratteristico di mn possa essere “stirato” verso l’alto di un millesimo, ecco che da un angolo con tangente pari a mn = 1,6758 possiamo ricavare, per mezzo del prodotto fattoriale del seno, il valore della costante di Planck

tg x = mn = 1,6758

x = 59°,174208256085749983943377212006

-sen 59°,174208.. = -0,85872931337900319866705009477246! = 6,625433.. ≈ h = 6,626

A sua volta, dal valore del numero caratteristico della costante di Planck, possiamo risalire a quello della costante di Dirac

tg x = 6,626

x = 81°,417654673314238049348856637145

(-cos 81°,417654..)! =√-0,149230668692..! = √1,111752667.. = 1,054396826..

Nei lavori precedenti a questo, abbiamo avanzato una tesi che, di fatto, non è in nulla nuova. Ovvero, che i valori delle costanti scientifiche non corrispondono a dei numeri esatti, che però noi non riusciamo a determinare perfettamente, ma invece a degli intorni numerici la cui estensione dipende dal principio di indeterminazione. Il principio di indeterminazione, che è connesso con la costante di Planck h, a sua volta, dobbiamo pensarlo come un intorno numerico, dato che cadremmo in una contraddizione in adjecto se affermassimo che questo valore è perfettamente determinato. Di fatto, la costante di Planck ha avuto una storia. Il suo valore minimo corrisponde a quello stabilito da Planck stesso all’inizio del secolo scorso, pari ad hPlanck = 6,55. Attualmente, il valore che più comunemente si trova nelle tabelle scientifiche è pari a h = 6,626, anche se vi sono delle tabelle che lo fanno corrispondere a 6,63.

Ebbene, in questa sede sembra molto importante sottolineare il fatto che scegliamo l’approssimazione che vediamo qui di sotto, ecco che possiamo risalire a quel particolare valore di tg x che si lega a quello di (-cos x)! per mezzo della relazione tg x/(-cos x)! = 2π

tg x = 6,6250309.. ≈ h = 6,626

x = 81°,416418022483..

(-cos 81°,416418..)! = √-0,149252010602..! = √1,111772923.. = 1,054406431..

tg 81°,416418.. : √-cos 81°,416418..! = 6,28318.. = 2π

Relazioni di questo tipo le possiamo individuare anche fra i numeri caratteristici di altre costanti che descrivono l’atomo. Se prendiamo una particolare approssimazione del numero caratteristico della costante che descrive il raggio della prima orbita dell’elettrone intorno al nucleo, il cui valore più frequente viene dato pari a 1bohr = 0,53, ma che, come tutti i valori connessi con il mondo macroscopico, è soggetto a variazioni verso l’alto e verso il basso, ecco che possiamo da esso derivare la radice quadrata del numero di Eulero.

tg x = -inv. Ln 1bohr = -inv. Ln 0,52908800331.. = -1,6973835943..

x = -59°,49587395302..

3Ln -1/-59°,49587395302..! = 1,6487212707.. = √e

A sua volta, da √e possiamo ricavare una discreta approssimazione di c espressa in chilometri al secondo

π√(1 + 1/√e) ∙ 1017 = π√160653065971263342,360.. = 299781,325.. ≈ c = 299792458

Questo ci ricorda fra l’altro che in The Snefru Code parte 17 abbiamo scoperto che la radice quadrata del numero di Eulero la possiamo derivare anche dividendo la potenza del 10 che caratterizza G, che è 11, per il suo numero caratteristico

G = 6,671837256838967659641794884903 ∙ 10-11

11/6,671837256838967659641794884903 = 1,6487212707001281468486507878142 = √e

A questo punto non ci stupisce che valore del numero caratteristico di 1bohr si leghi anche a c, sia pure nel modo un po’ complesso che possiamo vedere qui sotto

(4Ln 10c)! – 1 = (4Ln 102,99792458)! – 1 = (4Ln 995,232569..)! – 1 = -0,4177433074..! – 1 =

= 1,531352.. – 1 = 0,531352.. ≈ 1bohr = 0,531

10.

Già a questo punto il lettore può essere preso da un senso di vertigine che possiamo senz’altro attribuire anche ai limiti culturali, intellettuali e stilistici di chi scrive. Forse, uno scrittore di miglior qualità dovrebbe esser capace di esporre il sistema di relazioni che stiamo indagando in modo più lineare e meno confuso. Ma, per altro verso, ci sentiamo di affermare che un tale senso di vertigine sembra dovuto in larga parte anche alle oggettive caratteristiche matematiche del sistema entro il quale pur con tanta fatica e approssimazione ci stiamo muovendo. Un sistema in cui tutto si connette con tutto, e dove sembra perciò molto difficile, se non del tutto impossibile, individuare un punto di partenza.

Nel paragrafo precedente siamo partiti dal numero caratteristico della massa del neutrone e, facendo leva sul fatto, che pare sperimentalmente accertato, che le costanti della scienza non corrispondono a punti ma a segmenti sull’asse delle x, ne abbiamo scelto un valore che ci ha portati ad h, ħ, e alla loro relazione matematica pari a h/ħ = 2π. Successivamente, partendo dalla prima orbita dell’elettrone siamo arrivati alla radice del numero di Eulero, e poi da questo alla velocità della luce espressa in chilometri al secondo, al valore assoluto della costante gravitazione, al suo numero caratteristico, etc.

Ma lo stesso accade se prendiamo in considerazione il numero caratteristico della massa dell’elettrone me = 9,1091 da cui in prima istanza possiamo derivare un’approssimazione di quello del raggio classico del protone rp = 1,535

tg x = me/10 = 0,91091

x = 42°,330702406477220483806741694101

(-sen 42°,330702..!! – 2) = √(-0,673408754..!! – 2) =

= √(4,354319628.. – 2) = √2,354319.. = 1,534379.. ≈ rp = 1,535

Curiosamente, possiamo ricavare un’approssimazione di rp molto simile a questa, non solo da -1/c, ma anche da.. rp

[1 + (-1/c)!] = √[1 + (-1/2,99792458)!] = √[1 + (-0,33356409..!)] = √(1 + 1,354530..) =

= √2,354530.. = 1,534447.. ≈ rp = 1,535

{2 + {[27√(-1/rp)! – 1] ∙ 10}} = √{2 + {[27√(-1/1,535)! – 1] ∙ 10}} = √2,353875.. = 1,534234.. ≈ rp = 1,535

Ma il fatto che in questo momento ci interessa davvero di sottolineare è che un’approssimazione del numero caratteristico di rp può essere ricavata anche dall’angolo il cui seno corrisponde a quel valore negativo da cui, per mezzo del prodotto fattoriale, può essere tratto il numero caratteristico della costante gravitazionale: cioè proprio uno di quei valori di cui nel paragrafo precedente abbiamo constatato la relazione strutturale con il numero di Eulero

-0,85966704..! = 6,672 = G

sen x = G -? = -0,85966704..

x = -59°,2792186943397616459236812407

-cos -59°,279218..!!! = -0,510854754639357..!!! = 1,535318.. ≈ rp = 1,535

Questo è un fatto che sembra davvero molto significativo, dato che il protone è la particella che costituisce la maggior parte di quell’elemento dell’universo che chiamiamo “massa”, che è direttamente connessa con il campo gravitazionale. Questo fatto diventa ancora più importante nel momento in cui ci rendiamo conto che il valore del numero caratteristico di rp appare connesso anche al valore assoluto di G, anche se non per mezzo del prodotto fattoriale, ma delle funzioni logaritmiche che vediamo qui di seguito

(Ln 1/G : 2Ln2 1/G) = √[Ln 1/(6,672 ∙ 10-11) : 2Ln2 1/(6,672 ∙ 10-11) =

= √(23,430516.. : 3,154039..2) = √2,355307.. = 1,534701.. ≈ rp = 1,535

Il valore assoluto di G, per mezzo di una funzione molto simile a quella che vediamo qui sopra, si lega anche al numero caratteristico di h. Una differenza fondamentale sta nel fatto che la connessione viene fuori per mezzo del logaritmo in base 10, e non per mezzo di quello naturale

G = 6,672 ∙ 10-11

2 ∙ {3 + [√(log 1/G : 2log5 1/G) : 10]} = 2 ∙ {3 + [√(10,175743962.. : 1,0075661709..5) : 10]} =

= 2 ∙ {3 + [√(10,175743962.. : 1,038407671803..) : 10]} = 2 ∙ [3 + (√9,799372865.. : 10)] =

= 2 ∙ [3 + (3,13039500.. : 10)] = 2 ∙ (3 + 0,313039..) = 2 ∙ 3,3130395.. = 6,626079.. ≈ h = 6,626

Questo modo di dedurre h da G può forse sembrarci un po’ cervellotico, ma nel corso della nostra analisi ci diventerà familiare. In modo simile noi possiamo vedere che h è contenuto nel valore assoluto della massa del protone mp = 1,6725 ∙ 10-27, come anche dalla tangente di quell’angolo tale per cui xcos x = c – 1

(3 + 54√1/mp : 10) ∙ 2 = [(3 + 54√1/(1,6725 ∙ 10-27) : 10] ∙ 2 =

= (3 + 3,13230 : 10) ∙ 2 = 3,313230.. ∙ 2 = 6,626460.. ≈ h = 6,626

xcos x = c – 1; x = 80°,9367811..

{3 + [(tg 80°,9367811..) : 20]} ∙ 2 = [3 + (6,268975.. : 20)] ∙ 2 =

= (3 + 0,313448..) ∙ 2 = 3,313448.. ∙ 2 = 6,626897.. ≈ h = 6,626

Come ben si vede, questa procedura è strutturalmente molto simile, per non dire quasi identica, a quella dell’equazione sottostante, in cui possiamo ricavare il valore di h in maniera molto astratta, da una funzione solo apparentemente tautologica della forma f(x) = x

{3 + [(x√x)4 : 10]} ∙ 2 = x = 6,6263165981880440047593160779544

Se poi “stiriamo” il valore assoluto di G leggermente verso l’alto, ma sempre rimanendo entro i margini sperimentalmente accettati e stabiliti, ecco che possiamo notare come le due approssimazioni che vediamo qui di seguito si legano rispettivamente a π e a una funzione dell’angolo di 60°, cioè, in ultima analisi, a una funzione del 3

G = 6,67289701438.. ∙ 10-11

inv. Ln [1 + (1/G : log2 1/G)/109] =

inv. Ln [1 + (1/6,67289701438…. ∙ 10-11 : log2 1/6,67289701438…. ∙ 10-11)/109] =

= inv. Ln [1 + (14985994806,229047.. : 10,175685577746503..2)/109] =

= inv. Ln [1 + (14985994806,229047.. : 103,544576977158202..)/109] =

= inv. Ln (1 + 144729885,849../109) = inv. Ln 1 + 0,14472988584.. =

= inv. Ln 1,144729885849.. = 3,141592653.. = π

G = 6,67213674.. ∙ 10-11

1/G : Ln7 1/G = 14987702425,295.. : 23,430495863483..7 =

= 14987702425,295.. : 3876772875,459.. = 3,8660254.. = tg2 60° + sen 60°

Il valore del numero caratteristico di G che utilizziamo qui sopra può essere ricavato in maniera quasi perfetta dalla funzione di che vediamo qui di seguito

5 + {-1/[1 + (log 2π)!!]} = 5 + (-0,506912373..!!) = 6,672114.. ≈ G = 6,672

11.

Il sistema di relazioni che abbiamo constatato si arricchisce a questo punto di una relazione con quel pensiero al tempo stesso mitico e scientifico che ha dato origine, fra le altre cose, anche alla Grande Piramide, dalle cui proporzioni abbiamo tratto l’ispirazione per il nostro lavoro di indagine sulla struttura armonica delle costanti. Infatti, l’approssimazione di rp che abbiamo ricavato da -0,85966704.. è particolarmente vicina a quella che possiamo ottenere per mezzo di un numero sacro diffuso in tutto il mondo, compreso nell’Occidente, vale a dire il 4. In effetti, pochi sanno che il fatto che lo spazio sia stato per millenni rappresentato con l’immagine sacra delle “quattro direzioni” o dei “quattro venti” ha fatto sì che i Vangeli accolti come canonici siano stati appunto quattro, e non uno più o uno meno.

Che fossero 4 significava che la loro verità copriva tutto l’universo, come per tutto l’universo oggi noi supponiamo che sia valida la costante che descrive il raggio classico del protone, il cui numero caratteristico possiamo ricavare appunto dal 4

{4log 1/[1 – (-Ln 4)5!]}3 : -2 = {4log [1/(1 – 0,99999999999928488928117317948145)]}3 : -2 =

= (4log 1398384856600,326..)3 : -2 = -1,453488301..3 : -2 = -3,070680.. : -2 = 1,535340..

Queste connessioni si arricchiscono di significato nel momento in cui ci rendiamo conto che al numero caratteristico di G si connette anche l’inverso del numero caratteristico della carica specifica dell’elettrone, per mezzo di una sequenza di ben 6 prodotti fattoriali

Carica specifica dell’elettrone = -1,75882012 ∙ 10-11 C kg-1

(1/-1,75882012)6! = -0,568562975047158..6! = 6,6726972348.. ≈ G = 6,672

E qui sembra interessante il fatto che da questo particolare valore di G, che abbiamo ottenuto per mezzo di ben 6 prodotti fattoriali, è possibile derivare quello di h – 6 : ci si domanda se, dato il tipo di sistema in cui ci stiamo muovendo, simmetrie del genere siano da considerarsi una coincidenza oppure no, dato che il 6 è un altro numero sacro par excellence,

x = √6,6726972348..! = √2624,572654408.. = 51°,230583194..

cos 51°,230583194.. = 0,626187.. ≈ h – 6 = 0,626

Che possa non trattarsi di una coincidenza sembra confermarcelo il fatto che da 6 – G è possibile ottenere anche, altri valori importantissimi, fra cui anche l’immancabile π

G = 6,6720355909464585324415437387185

2inv. log (6 – G)3 = 2inv. log -0,672035590..3 = 2inv. log -0,303512667.. = 3,141592.. ≈ π

G = 6,671286886674140..

(6 – G)! = 6 – 6,671286886674140..! = -0,671286886674140..! = 2,71828182845904.. = e

G = 6,6718637549013189282588093278824

1 – x! = x = (6 – G)3 = (-0,671863754..3) = -0,3032799071..

1 – (-0,3032799071..!) = 1 – 1,3032799071.. = -0,3032799071..

G = 6,6701001423

x! : -x! = c; x = 6 – G = -0,6701001423..

-0,6701001423..! : 0,6701001423..! = 2,708064818.. : 0,90331319.. = 2,99792458.. = c

Inoltre dal 6, per mezzo di una funzione logaritmica neppur poi tanto complessa, possiamo derivare un valore del numero caratteristico della costante di Planck che corrisponde in modo praticamente perfetto a quello che troviamo nelle nostre tabelle scientifiche

log (5inv. Ln -6) = log 4226864,296175683.. = 6,626018304.. ≈ h = 6,626

Dal 6 e da π possiamo derivare inoltre un’approssimazione di G che sfiora la perfezione, e una di 1eV che, pur meno esatta, sembra rientrare anch’essa nei limiti stabiliti dal principio di indeterminazione

6 + (-10 ∙ 2log π!) = 6 + (-10 ∙ -0,0672153..) = 6,672153.. ≈ G = 6,672

2log (ππ!) – 6 = 1,602098.. ≈ 1eV = 1,6022

A questo punto, troviamo ancora un’altra prova di quella che possiamo forse definire l’infinita transitività del sistema armonico delle costanti nel fatto che un’approssimazione, o, come forse sarebbe meglio esprimersi, un valore sperimentalmente possibile di rp lo possiamo ricavare anche a partire da -(G -?) = 0,85966704.. e, fatto non meno notevole, da questo stesso valore possiamo ottenere anche un’approssimazione della costante di Dirac

c – 1√(1 + 1/0,85966704..2) = 1,99792458√(1 + 1/0,739027..) = 1,99792458√(1 + 1,353129..) =

= 1,99792458√2,353129.. = 1,534673.. ≈ rp = 1,535

1/0,85966704..! = 1/0,948583385.. = 1,054203.. ≈ ħ = 1,054571..

Sia pure in modo un po’ più complesso, da questo numero possiamo ottenere anche il numero caratteristico della lunghezza di Planck

1 + [(2inv. Ln 0,85966704..) – 10] = 1 + (10,616124.. – 10) = 1,616124.. ≈ ℓP = 1,616252..

12.

Come il lettore può facilmente immaginarsi, privi come siamo della possibilità di ottenere in modo facile e immediato l’inverso del prodotto fattoriale, ricostruire questi rapporti ha richiesto un bel po’ di lavoro, che in caso contrario avrebbe potuto essere risparmiato. In effetti, le nostre calcolatrici scientifiche non ci danno la possibilità di eseguire con rapidità e scioltezza anche altri tipi di operazione che nel corso della nostra ricerca sono risultati molto utili, come per esempio una radice della forma x√y = x, che corrisponde poi a una potenza della forma y = xx. Ma supponiamo di averne una: ecco che una relazione come quella che vediamo qui sotto sarebbe immediatamente saltata agli occhi

mp = 1,672990125..

(-Ln mp)!(-Ln mᵨ)! = (-Ln 1,672990125..)!(-Ln 1,672990125..)! =

= -0,514612519..!-0,514612519..! = 1,825022956..1,825022956.. = 2,99792458.. = c

A noi sembra del tutto chiaro che la possibilità di eseguire operazioni del genere ci darebbe un’idea molto più chiara dei complessi rapporti matematici che sussistono fra le costanti della fisica che, così come di solito si imparano, appaiono delle entità isolate e relativamente indipendenti l’una dall’altra. Come un mucchio dunque, e non come una struttura. In questo modo, l’universo tende ad apparirci, per così dire, come un diluvio di coincidenze, e non come il frutto di un’intelligenza demiurgica, comunque la si voglia immaginare.

Ma le idee correnti, che vogliono il caos all’origine della struttura dell’universo e del sorgere in esso della vita umana, trovano un’obiezione che sembra molto seria in queste connessioni strutturali che possiamo riscontrare tra i valori delle costanti. Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato alcuni aspetti del numero caratteristico della massa del neutrone. Non abbiamo detto però che, se accettiamo di “stirarlo” un po’ verso il basso, e ne diminuiamo il valore di circa 3 decimillesimi, ecco che da esso possiamo trarre la tangente di un angolo corrispondente a un numero del codice astronomico sacro, il 72, e, da questa, un valore sperimentalmente possibile della costante di Planck

mn = 1,674496719..

(-1/mn)!!! = (-1/1,674496719..) = -0,597194362134..!!! = 3,077683537.. = tg 72°

tg 72°! = 3,077683537..! = 6,62062.. ≈ h = 6,626

La tangente dell’angolo sacro di 72° risulta scientificamente significativa anche perché possiamo ricavarla dai numeri caratteristici del raggio classico del protone, della carica elettrica, della massa del protone e di quella del neutrone nel modo molto complesso e insieme splendidamente armonico che possiamo vedere qui sotto

Ln {[(rp)1eV²]mp}mn = Ln {[(1,53425..)1,60217..²]1,672465..}1,674802.. =

= Ln 21,708058198.. = 3,077683.. = tg 72°

Invece, dalla media della massa del neutrone e di quella del protone, possiamo ricavare un valore sperimentalmente possibile del numero caratteristico di 1eV

(mp + mn) : 2 = (1,6725 + 1,6748) : 2 = 3,3473 : 2 = 1,67365

[1 + (-1/1,67365)!] : 2 = [1 + (-0,597496489..!)] : 2 = (1 + 2,204031..) : 2 =

= 3,204031.. : 2 = 1,602015.. ≈ 1eV = 1,6022

A sua volta, possiamo ricavare il valore medio della massa del protone e di quella del neutrone facendo la radice G di π³

Gπ³ = 6,67√31,00627668.. = 1,673422.. ≈ (mp + mn)/2 = 1,67365

Nel caso che vediamo qui sopra il valore di G leggermente “stirato” verso il basso. Se però eleviamo π alla c invece che al cubo e prendiamo un valore di G un po’ più alto, praticamente pari a 5 + mp, possiamo ottenere proprio mp = 1,6725.

x + 5√πc = x = Gπ2,99792458 = 6,672503..√30,932699550.. = 1,672503.. ≈ mp = 1,6725

Il che significa che potremmo scrivere un’equazione in una forma tale per cui ci appare chiaro il ruolo di π come, diciamo così, punto di equilibrio fra mp, G e c

c√mp mp + 5 = G = 2,99792458√1,672503..6,672503.. = π

La vastità e l’interna transitività del sistema delle costanti ci consente ora di tornare, diciamo così, all’inizio della nostra trattazione. Infatti, partendo ancora una volta dal numero caratteristico di 1eV, oltre a tutte quelle cose che abbiamo derivato a partire dal paragrafo 2, possiamo arrivare anche a una discreta approssimazione del numero caratteristico della costante che descrive il raggio classico del protone rp = 1,535. In questo caso, possiamo servirci del valore di 1eV che viene per solito tenuto come “esatto”. Anche se, come tutti sappiamo, il concetto di esattezza, riferito a costanti che riguardano il mondo subatomico e dunque la meccanica quantistica, ha perso gran parte del significato che aveva un tempo, quando era riferito essenzialmente al mondo macroscopico, descritto per mezzo della meccanica newtoniana. Ancora di più dunque tende a perderlo in un caso come questo, dato che il protone è una particella composta da sub-particelle, cui l’interazione forte consente di avvicinarsi e di allontanarsi a mo’ di elastico

[inv. Ln (-1eV/10)!] : 2 = (inv. Ln -0,16022!) : 2 = 3,072138.. : 2 = 1,536069.. ≈ rp = 1,535

E qui di nuovo sottolineare ancora una volta che, una volta che abbiamo accettato di aver a che fare con un sistema di segmenti sull’asse delle x, e non con dei punti, il sistema di interne interconnessione fra queste entità fisico-matematiche che sono i numeri caratteristici delle costanti permette una serie di passaggi interminabili. Infatti, un’approssimazione del numero caratteristico di rp quasi identica a quella che vediamo qui sopra la possiamo ricavare da una funzione logaritmica del valore assoluto della massa del protone mp = 1,6725 ∙ 10-27

6√(log 1/mp : log2 1/mp) = 6√(26,776633873.. : 1,427755980..2) = 6√13,135542.. = 1,536059.. ≈ rp = 1,535

E qui possiamo notare di passaggio che nel valore assoluto di mp è contenuta anche una discreta approssimazione del numero caratteristico della massa del protone mn = 1,6748

-1/[3log (Ln 1/mp)] = -1/[3log (Ln 1/1,6725 ∙ 10-27)] = -1/[3log (Ln 597907324364723467862481315,39611)] =

= -1/(3log 61,655477997..) = -1/-0,597143642.. = 1,674638.. ≈ mn = 1,6748

Inoltre, è possibile ricavare un valore di rp molto simile, sia a partire dalla costante di Planck, sia a partire valore positivo della potenza del 10 che caratterizza la costante di Planck, e cioè il 34, dato che h = 6,626 ∙ 10-34. Il che sembra una prova che anche le potenze del 10 che caratterizzano le costanti sono parte integrante del sistema armonico che stiamo analizzando.

3√(h – 3) = 3√3,626 = 1,536299.. ≈ rp = 1,535

π√34 : 2 = 3,072450.. : 2 = 1,536225.. ≈ rp = 1,535

Non meno notevole sembra il fatto che dal 34 possiamo ricavare anche una discreta approssimazione del numero caratteristico di quella stessa costante di Planck che contribuisce a caratterizzare, come anche di quel valore di π che fu codificato nella Grande Piramide, πCheope = 22/7

{3 + [√(3log 34)!! : 10]} ∙ 2 = {3 + [√-0,732567720237..!! : 10]} ∙ 2 = [3 + (√9,816807231.. : 10)] ∙ 2 =

[3 + (3,133178.. : 10)] ∙ 2 = (3 + 0,3133178..) ∙ 2 = 3,313317.. ∙ 2 = 6,626635691.. ≈ h = 6,626

1 : [8√(4Ln 34)!!! – 1] = 1 : (8√-1,463939979..!!! – 1) = 1 : (8√9,11634514.. – 1) =

= 1 : (1,318188731971.. – 1) = 1 : 0,318188731971.. = 3,14278885302.. ≈ πCheope = 22/7 = 3,142857142857

Se adesso andiamo a vedere il numero negativo dal quale, per mezzo del prodotto fattoriale, è possibile ottenere c – 1 = 1,99792458, ecco che ci rendiamo conto che anche da quello è possibile ottenere un’approssimazione del numero caratteristico del raggio classico del protone, molto vicina a quelle che abbiamo ottenuto poco sopra, oltre a un’ottima approssimazione della costante di Dirac e del numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone re = 2,81777

-0,556666206..! = 1,99792458 = c – 1

(2 ∙ 0,556666206..)4 = 1,113332412..4 = 1,536382.. ≈ rp = 1,535

(-0,556666206..! ∙ 0,556666206..) = √1,112177095013.. = 1,054598072.. ≈ ħ = 1,054571628..

π√[inv. log √(c – 1)] = π√(inv. log √1,99792458) = π√(inv. log 1,413479600..) =

= π√25,910727095.. = 2,817893.. ≈ re = 2,81777

A sua volta, dal numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone possiamo ottenere il rapporto che esso intrattiene quello del protone, che è lo stesso che intrattengono anche le rispettive masse

-1/3log 2,81777!! = -1/3log 84,963899.. = -1/-0,544568848.. = 1,836315.. ≈ re/rp = me/mp = 1,836

Un valore di –1/re/rp o di -1/me/mp inferiore a questo di una cinquantina di milionesimi corrisponde a quel numero negativo dal quale, attraverso 4 prodotti fattoriali, possiamo ottenere e – 1

(-1/re/rp)4! = (-1/me/mp )4! = -1/1,836486972698..)4! = -0,5445178838..4! = 1,718281828.. = e – 1

Da re/rp = me/mp = 1,836 possiamo ottenere anche una discreta approssimazione del numero caratteristico del raggio classico del protone rp = 1,535

(1 + √1,836) = √(1 + 1,354990..) = √2,354990.. = 1,534597.. ≈ rp = 1,535

Se prendiamo in considerazione anche le relazioni trigonometriche, scopriamo che da re = 2,81777 e da re/rp = me/mp = 1,836 possiamo ottenere una discreta approssimazione di h

cos x = 1/rere/rp = 1/2,817771,836 = 1/6,699255.. = 0,149270307237964..

x = 81°,415357825944726190612220636095

tg 81°,415357.. = 6,624200.. ≈ h = 6,626

L’angolo che vediamo qui sopra è connesso con il numero caratteristico della massa del protone mp = 1,6725 e con un’approssimazione di ħ

[-1/(3log 81°,415357..)!]!! = (-1/(-0,550994037..!)!! = (-1/1,9725167250..)!! =

= -0,506966550..!! = 1,672387.. ≈ mp = 1,6725

(Ln sen 81°,415357..)!8 = (Ln 0,988796..)!8 = -0,011266805..!8 = 1,006630..8 = 1,054289.. ≈ ħ = 1,054571..

Infine, dobbiamo notare un fatto che a questo punto diventa davvero molto interessante, ovvero che dall’approssimazione del valore assoluto di 1eV che vediamo qui sotto possiamo ottenere di nuovo c – 1

1eV = 1,602581186369479.. ∙ 10-19

1/[(log 1/1eV : 2log8 1/1eV) – 2] = 1/[(18,79517996.. : 6,9419615067334..) – 2]2 =

1/[(2,707473952681..) – 2]2 = 1/0,707473952681..2 = 1/0,500519393.. = 1,99792458.. = c – 1

13.

Il lettore a questo punto avrà compreso l’enorme difficoltà dell’esposizione dell’intricatissima rete di interni rimandi e simmetrie del sistema che stiamo esplorando. E comprenderà anche il motivo per cui questo lavoro, a differenza di quelli che lo hanno preceduto, non sarà diviso in capitoli. Se non operiamo una tale divisione, questo non accade per pigrizia intellettuale, ma per seguire quella che pare l’interna necessità logica del sistema. In effetti, come operare una simile divisione, se non siamo capaci di trovare nemmeno il suo inizio e la sua fine?

Con questo, noi non vogliamo affatto escludere che esse esistono, e, anzi, ci auguriamo che un giorno un matematico di genio riuscirà nell’impresa di scoprire quali siano. Ma, per quanto ci riguarda, dobbiamo confessare di trovarci in una situazione ermeneutica alquanto disdicevole, dato che la nostra impressione è quella di chi si sta muovendo in modo puramente istintivo in una sorta di strano labirinto. Un labirinto senza entrata, senza uscita, senza Minotauro e dunque anche senza alcun filo di Arianna in cui cercare un sicuro orientamento. A furia di aggirarsi per questi corridoi, si può giungere al punto di dubitare non solo dell’esistenza di un Teseo che lo percorra, ma, in ultima analisi, anche di quella del labirinto stesso.

Poco sopra abbiamo visto che c√mp mp + 5 = G = π. Ma questo non significa altro che esiste anche un valore di mp tale per cui 3√mp mp + 5 = G = π, e dunque tale per cui mp mp + 5 = G G = π3. Ma adesso noi ci ccingiamo a scoprire che siamo in grado di ottenere un’approssimazione di rp molto simile a quella che abbiamo ottenuto nel paragrafo precedente direttamente da π3. Questo significa che da π3 possiamo ottenere anche un’ottima approssimazione del numero negativo dal quale, per mezzo del prodotto fattoriale, possiamo ricavare c – 1. Un numero che però, come vedremo subito dopo, viene fuori con approssimazione molto migliore da πCheope = 22/7

8√π3 = 8√31,006276680.. = 1,536141.. ≈ rp = 1,535

(32√π3 : -2)! = (32√31,006276680.. : -2)! = (1,113288699.. : -2)! =

= -0,556644349..! = 1,99782530.. ≈ c – 1 = 1,99792458

(32√πCheope 3 : -2)! = (32√31,043731778425.. 3 : -2)! = (1,11333070053.. : -2)! =

= -0,55666535026..! = 1,99792069.. ≈ c – 1 = 1,99792458

In effetti, l’approssimazione di c – 1 che otteniamo da πCheope = 22/7, cioè da uno dei cosiddetti “numeri di Pitagora” sembra davvero molto buona. Ma c – 1 è un valore che si connette a un’approssimazione della costante di Planck che risulta avere delle caratteristiche armoniche molto particolari. Essa infatti risulta essere quel numero da cui, dividendo il suo doppio logaritmo naturale per il suo triplo logaritmo naturale, ci dà appunto c – 1, ed è dunque in grado di risolvere l’equazione che vediamo qui sotto

(2Ln x : 3Ln x)2 = c – 1; x = 6,626452575.. ≈ h = 6,626

(2Ln 6,626452575.. : 3Ln 6,626452575..)2 = (0,637142597271.. : -0,450761790893..)2 =

=-1,413479603068..2 = 1,99792458.. = c – 1

Un discorso simile vale anche per la costante gravitazionale. Se prendiamo il valore che vediamo qui di seguito, che si situa, diciamo così, sulla parte alta di quelli che si trovano sulle tabelle di internet, ecco che di nuovo possiamo ricavare c – 1: il che significa che il valore di G è matematicamente connesso, oltre che con h, anche con quello di πCheope, ovvero, in ultima analisi, con le proporzioni fondamentali della Grande Piramide

G = 6,67494659

[(6,67494659.. : 2Ln 6,67494659..) – 32]2 = [(6,67494659.. : 0,640990989..) – 9]2 =

(10,413479601605.. – 9)2 = 1,413479601..2 = 1,99792458.. = c – 1

Tutto questo è reso più interessante dal fatto che mezzo di c e di πCheope possiamo ottenere anche il numero caratteristico di 1eV

[3√(ec/πCheope2)]2 = [3√(e2,99792458/3,142857..2)]2 = [3√(20,043894226../ 9,877551020..)]2 =

= (3√2,029237225373..)2 = 1,266030806..2 = 1,602834.. ≈ 1eV = 1,6022

Un’altra discreta approssimazione del numero caratteristico di 1eV si lega a c – 1 e dunque a πCheope e dunque alle proporzioni della Grande Piramide, nel modo piuttosto interessante che possiamo vedere qui sotto

(x : Ln² x)(x : Ln² x) = π; x = 6,559054.. ≈ hPlanck = 6,55

(1 – c)²√6,559054..= 1,601897.. ≈ 1eV = 1,6022

Il valore del numero caratteristico di 1eV si lega anche a quello di h e a π attraverso la struttura armonica che vediamo qui di seguito, cioè attraverso un sistema la cui esistenza possiamo pensarla come completamente astratta e radicalmente slegata dalla realtà empirica, di cui pure il valore del numero caratteristico di h e di 1eV sono parte assolutamente fondamentale e decisiva

[x : (3Ln x)2] – π3 = 1eV; x = 6,62627 ≈ h = 6,626

(6,62627 : -0,450784658998..2) – π3 = (6,62627 : 0,203206808788..) – π3 =

= 32,608503816.. – 31,006276680.. = 1,6022271.. ≈ 1eV = 1,6022

Un altro aspetto davvero molto interessante di πCheope = 22/7 = 3,142857.. è che da questo valore, e proprio a partire da c, possiamo ottenere un’ottima approssimazione del valore di h. Ci basta applicare a c la funzione x√y = x e poi elevare il risultato alla 22/7 = 3,142857..

x√c = x = x√2,9979246 = x = 1,82502296..√2,9979246 = 1,82502296..

1,82502296..3,142857.. = 6,624133.. ≈ h = 6,626

14.

Dunque, l’aver ottenuto c – 1 da πCheope = 22/7 è un qualcosa di molto importante, non solo per il significato intrinseco di c – 1, ma per tutta la complessa ramificazione di rapporti di cui il valore di c – 1 risulta essere il centro. E un fatto come questo diventa enormemente più significativo quando ci ricordiamo che all’inizio abbiamo visto che anche c – 2 risulta parimenti un centro di relazioni parimenti significativo. Ma, ovviamente, sia da c – 2 che da c – 1 si può ottenere c, e, a sua volta, come abbiamo visto fin dall’inizio di questo lavoro, il valore di c si connette in pratica a tutte le altre costanti scientifiche e matematiche che fanno parte del sistema.

Ma, oltre a quanto abbiamo visto, possiamo affermare che c si connette anche altri valori matematici che, in relazione a quella che è la nostra istruzione ordinaria, piuttosto poco conosciuti. Uno di questi è numero il cui inverso è uguale al numero stesso meno 1, meno 1 millesimo, ovvero alla x in grado di soddisfare l’equazione che vediamo qui sotto

1/x + 1 + 1/103 = x = 1,61875768497247538477647144251767 ≈ ɸCheope = 1,618590346796805054049..

1/1,61875768497247538477647144251767 = 0,61775768497247538477647144251767

Si tratta, come ben si vede, di un valore molto vicino al valore di ɸ che fu codificato nella Grande Piramide. Dal suo inverso possiamo ricavare il valore di c nel modo piuttosto sorprendente che vediamo qui di seguito

3 – 1/inv. Ln (0,61775768497247538477647144251767 ∙ 10) =

= 3 – 1/inv. Ln 6,177576.. = 3 – 1/481,823011.. = 3 – 0,00207545089.. = 2,99792454.. ≈ c = 2,99792458

Ancora, da un angolo con tangente pari a 1/c possiamo ricavare un’approssimazione di π un po’ particolare

tg x = 1/c

x = 18°,446847511855864361753918076264

(3log 18°,446847.. ∙ -10) = √(-0,989670349.. ∙ -10) =

= √9,896703499.. = 3,1459026525553981785002886959938

Quest’approssimazione di π è un po’ particolare perché è vicinissima a quella che possiamo ottenere a partire dall’angolo giro diviso per 2π ∙ 102

2 ∙ [1 + 360°/(2π ∙ 102)] = 2 ∙ (1 + 0,572957795..) = 3,1459155902616464175359630962821

Questo significa che noi possiamo ottenere un’ottima approssimazione di c a partire da 2 ∙ (1 + 360°/2π ∙ 102)

x = 3inv. log [2 ∙ (1 + 360°/20π)]2/-10 = 18°,446609865312003732353847861758

1/tg 18°,446609.. = 2,99796600.. ≈ c = 2,99792458

Per altro verso possiamo notare che quel valore di x3 dal quale, per mezzo del prodotto fattoriale, possiamo derivare il valore assoluto della costante di Dirac, ħ = 1,054571628.. ∙ 1034, differisce da quello di πCheope di meno di un decimillesimo

ħ = 1/x3! = 1/3,142775288590..3! = 1/31,0413062825..! = 1,054571628.. ∙ 10-34

x = 3,142775288590.. ≈ πCheope = 22/7 = 3,142857.. (-8,185.. ∙ 10-5

Inoltre, da πCheope3 possiamo ottenere un’approssimazione del valore assoluto di ħ che si trova nell’intervallo che possiamo individuare fra quello che oggi viene accettato come il più esatto, che è quello che vediamo qui sopra, e quello che risulta dal valore di h che fu calcolato da Planck all’inizio del secolo scorso

ħPlanck = hPlanck/2π = 6,55 ∙ 10-34/2π = 1,042464877.. 10-34

1,042464877.. 10-34 ≤ ħ ≤ 1,054571628.. ∙ 10-34

ħ = 1/x3! = 1/πCheope3! = 1/3,142857..3! = 1/31,043731778..! = 1,045780337.. ∙ 10-34

In effetti, se prendiamo in considerazione una definizione del numero caratteristico della costante di Planck non come un punto, ma come un segmento che misura approssimativamente 6,55 ≤ h ≤ 6,626, ecco che in questo modo noi possiamo arrivare a dedurre il valore assoluto di h a partire da una funzione logaritmica del suo numero caratteristico

6,55 ≤ h ≤ 6,626

h = 6,61703..

x = (h/2log h) = 6,61703.. : 2log 6,61703.. = -77°,090032419425090908985531508314

-1/sinh -77°,090032.. = 6,626043.. ∙ 10-34 = h

Possiamo ottenere un risultato molto simile a questo partendo da un valore di h vicinissimo a quello di hPlanck

h = 6,5501192539876395454513992749589

1/[5inv. Ln -1/(h/2π)] = 1/[5inv. Ln -1/1,042483857113530..] = 1/[5inv. Ln -0,95924746764792921..] =

= 1/1,511621936.. ∙ 1033 = 6,615410.. ∙ 10-34

Questo valore di h è particolarmente interessante, perché da esso abbiamo ricavato proprio quel numero negativo da cui, per mezzo del prodotto fattoriale, possiamo ricavare 22! = 24. Essendo dunque il 24 una funzione del 2, noi possiamo equipararlo in un certo senso anche a π, dato che π può essere ricavato dal prodotto fattoriale di 1/2 e di -1/2

-0,95924746764792921..! = 22! = 4! = 24

Un valore di h superiore a questo di un paio di millesimi è invece in grado di soddisfare l’equazione che vediamo qui di seguito. Quest’equazione, di nuovo, ha la forma tautologica f(x) = x. Ma questa è già la terza volta che una funzione tautologica assume un significato fisico estremamente importante. Il che potrebbe spingerci a rivedere il concetto kantiano e wittgensteiniano di “tautologia” come di una sorta di scatola vuota. Diversamente da quanto si è creduto, sembra che vi siano delle tautologie che sembrano invece avere un contenuto di tipo scientifico, e dunque empirico.

h = 6,6170616609377..

-1/sinh (x : 2log x) = x ∙ 10-34 = -1/sinh (h : 2log h) = -1/sinh (6,6170616609377.. : -0,085833992004..) =

= -1/sinh -77°,091388928.. = -1/-1,511244796.. ∙ 1033 = -6,6170616609.. ∙ 10-34

Questa approssimazione di h è particolarmente interessante perché da essa possiamo ricavare in modo piuttosto semplice e diretto anche il valore assoluto della massa del protone mp = 1,6725 ∙ 10-27

cos x = 1/(h/π) = 1/(6,6170616609377../π) = 1/2,106276144164.. = 0,474771554893535..

x = 61°,655522966081414843782604036063

1/e61°,655522966.. = 1/597934211822729630437045094,87367 = 1,672424.. ∙ 10-27

Similmente, quest’altra equazione “tautologica” che vediamo qui sotto ha ancora una volta come soluzione un valore possibile di h

(3Ln x)! = x! = 3,0772524816..! = 6,616976289.. ≈ h = 6,626

Questa è già la quarta volta che nel corso della nostra analisi scopriamo che un’equazione dalla forma apparentemente tautologica assume invece un rilievo di tipo scientifico. Questo potrebbe cominciare a farci sospettare che una certa classe di equazioni della forma f(x) = x possano avere a che fare con la struttura matematica dell’universo. In effetti, se prendiamo la durata espressa in giorni solari dell’anno delle eclissi (346,6) e la dividiamo per -104, scopriamo che il suo prodotto fattoriale coincide 19/10 e con ciò, imprevedibilmente, con l’inverso della x che risolve un’altra equazione della forma f(x) = x

(-0,3466..!2) = 19/10

(1 + x/10) : 2 = x = 10/19

15.

Via via che andremo avanti nel lavoro, vedremo che a 22/7, questa frazione che appare tanto semplice e banale, sono connessi un gran numero di dati scientifici assolutamente fondamentali. Uno di quelli più importanti, e che per questo conviene forse di vedere subito, è il valore assoluto del raggio classico dell’elettrone, che possiamo ottenere da πCheope = 22/7 con un’approssimazione davvero notevole

tg x = 1/(1 + 2Ln 22/7) = 0,88065365782616481817264008050998

x = 41°,368877138494435212123017559103

1/41°,368877138..9 = 1/354865352103074,427.. = 2,817970.. ∙ 10-15 ≈ re = 2,81777 ∙ 10-15

Ci si domanda come abbia fatto Pitagora, lavorando in modo puramente astratto e in condizioni tecnico-culturali che noi immaginiamo di estrema arretratezza (almeno rispetto alle nostre), ad andare a sbattere in un numero così interessante. Ancor più perplessi possiamo diventare nel momento in cui riflettiamo sul fatto che ad una proporzione lato-altezza pari a 11/7, e cioè a πCheope/2, è legato un edificio come la Grande Piramide che, date queste proporzioni, risulta avere un angolo di base che sembra a sua volta molto interessante. In primo luogo, possiamo notare che la sua tangente risulta una funzione perfetta, cioè “intera”, del rapporto lato/altezza

cos x = 11/2 : √[(11/2)2 + 72] = 5,5 : 8,902246907.. = 0,61782155193190350643536954762214

x = 51°,842773412630940423232561163186

2/tg 51°,842773..) = 2/1,272727.. = 1,571428571428.. = 11/7

Se adesso calcoliamo l’area delle quattro facce triangolari della Piramide 11/7 e la dividiamo per l’area di base, ecco che in questo modo otteniamo il valore dell’inverso del coseno dell’angolo di base. Questo è tradizionalmente considerato come il valore di ɸ che fu criptato nella Grande Piramide, che risulta così geometricamente connesso con un rapporto lato altezza pari a 11/7

1/(2 ∙ 11 ∙ 8,902246907382427797273279390737) : 112] = 1,6185903467968050540496871619522

Potremmo dire quindi che la Grande Piramide è qualcosa come un oggetto geometrico supersimmetrico. Forse è per questo che, per esempio, al doppio del suo angolo di base sono connessi tutte le nozioni scientifiche che vediamo qui di seguito

ANGOLO DI BASE DELLA GRANDE PIRAMIDE = 51°,842773412630940423232561163186

2Ln (2 ∙ 51°,842773412..) = 2Ln 103,685546825.. = 1,535008015.. ≈ rp = 1,535

9√(2 ∙ 51°,842773412..) = 1,674822.. ≈ mn = 1,6748

54√(2 ∙ 51°,842773412..) = 1,089753105.. ≈ mp/rp = 1,6725/1,535 = 1,089576547..

2Ln (2 ∙ 51°,842773412..) ∙ 54√(2 ∙ 51°,842773412..) = 1,672779.. ≈ mp = 1,6725

{[2Ln (2 ∙ 51°,842773412..)]254√(2 ∙ 51°,842773412..)} = 1,602413.. ≈ e = 1,6022

[162√(2 ∙ 51°,842773412..) ∙ π] : 2 = 1,616451.. ≈ ℓP = 1,616252..

3√[(2 ∙ 51°,842773412..) : Ln (2 ∙ 51°,842773412..)] = 2,816377.. ≈ re = 2,81777

{3√[(2 ∙ 51°,842773412..) : Ln (2 ∙ 51°,842773412..)]} ∙ [162√(2 ∙ 51°,842773412..) ∙ π] =

= 9,105073.. ≈ me = 9,1091

1/sen [(2 ∙ 51°,842773412..) : π] = 1,835874.. ≈ mp/me = re/rp = 1,836

1/sen [(2 ∙ 51°,842773412..) : ɸ] = 1,054435.. ≈ ħ = 1,054571..

(2 ∙ 51°,842773412..) : [54√(2 ∙ 51°,842773412..)]32 = 6,625498.. ≈ h = 6,626

Per quanto possa sembrare incredibile, questa lista potrebbe continuare ancora. E di questo non c’è da stupirsi più di tanto, se persino quelli che noi siamo inclini a giudicare come errori costruttivi potrebbero avere un senso matematico e scientifico molto profondo. Per esempio, le tre Piramidi di Giza sono orientate verso il Nord con uno scarto di circa 5 centesimi di grado. Si crede comunemente che questo scarto corrisponda a un errore, ma la cosa non è così ovvia come sembra.

Infatti, sul lato Est della Grande Piramide, la cui misura effettiva corrisponde a 230391 millimetri, uno scarto di 0°,04984702913903280120314576568912 corrisponde a uno spostamento molto interessante, dato che, misurato in centimetri, è pari al numero di Eulero elevato alla c =2,99792458

(230391 ∙ sen 0°,049847029139..) : 10 = 20,043894226137236392792223151468 = e2,99792458

Si tratta di argomenti molto affascinanti, ma dobbiamo ricordarci però che in questa sede ci stiamo occupando di altre cose e quindi lasciamo il loro approfondimento ad un lavoro successivo.

16.

Quel che questo punto invece ci preme di sottolineare è che il valore di 1eV appare quasi organicamente connesso, oltre che, come abbiamo visto, con un’entità matematica di grande interesse, quale il numero di Eulero, anche con altre costanti fisiche che però, sulla nostre tabelle, appaiono altrettanto isolate e indipendenti che 1eV. La cosa sarebbe già a questo punto abbastanza stupefacente, se non fosse che la rete dei legami matematici che abbiamo cominciato ad esplorare è ancora più ampia e complessa di quanto abbiamo finora constatato.

Infatti, l’approssimazione del raggio classico del protone rp = 1,536069.. che abbiamo derivato nel paragrafo precedente assume un ulteriore significato quando ci rendiamo conto che essa risulta connessa con il valore del numero caratteristico della costante di Planck h, non meno che con una discreta approssimazione di π.

[3√(1,536069..2) – 1] ∙ 20 = (3√2,359507.. – 1) ∙ 20 = (1,331293.. – 1) ∙ 20 =

= 0,331293.. ∙ 20 = 6,625870.. ≈ h = 6,626

[3√(1,536069..2)]4 = 1,331293..4 = 3,141196.. ≈ π = 3,141592..

Che da un medesimo valore possano derivare al tempo stesso un’approssimazione di h e una di π non può significare altro che questo: che un’ottima approssimazione di h è direttamente connessa con il valore esatto di π, come possiamo constatare osservando l’equazione sottostante

(4√π – 1) ∙ 20 = (1,331335.. – 1) ∙ 20 = 0,331335.. ∙ 20 = 6,626707.. ≈ h = 6,626

Questo fatto diventa ancora più interessante quando ci rendiamo conto che da π, per mezzo del prodotto fattoriale, è possibile arrivare a un’approssimazione di c praticamente identica a quella verificata sperimentalmente. Il che significa che, avendo a disposizione una calcolatrice in grado di fare l’inverso del prodotto fattoriale, potremmo risalire da c a π e da π ottenere h. Che nell’equazione qui sotto compaia reiteratamente il 2 lo possiamo giustificare con il fatto che, come abbiamo visto in alcuni lavori precedenti, possiamo ottenere π da (-1/2)!2. Il che significa, per così dire, che scrivere 2 è un modo di semplice di scrivere π, e scrivere π è un modo complesso di scrivere 2

[23 + (-2/π)!!2/10] = √(8 + 3,1425320804..2/10) = √(8 + 9,875507876../10) =

= √(8 + 0,987550787..) = √8,987550787.. = 2,99792441.. ≈ c = 2,99792458

E qui, se accettiamo di far entrare nelle nostre considerazioni anche la trigonometria a base 360°, possiamo renderci conto che un’approssimazione di h – o, come potremmo dire, uno dei suoi valori sperimentalmente possibili – piuttosto vicino a quello che abbiamo visto qui sopra, è connesso con il valore di c. Di nuovo, possiamo sottolineare la complessità delle relazioni che andiamo scoprendo ricordandoci che se qui sopra abbiamo ricavato c da π, in precedenza lo abbiamo dedotto invece da quello di 1eV, sia pure nelle vestigia matematiche piuttosto inconsuete di 1 + c/10 = 1,299792458

sen x = 1/3√c = 1/3√2,99792458 = 1/1,441916907626945581.. = 0,69352123878328303948243168721154

x = 43°,909495875675126584254901822902

43°,909495.. = 6,626424.. ≈ (4√π – 1) ∙ 20 = 6,626707.. ≈ h = 6,626

In modo un po’ più complesso, ma che a livello strutturale sembra molto simile, vediamo che un valore vicinissimo a h = 6,626 è connesso ancora una volta con una funzione di c, che però questa volta non implica un passaggio per la trigonometria.

h = 6,62600019712..

{-√[(h/2 – 3) ∙ 10]}6! = {-√[(6,62600019712../2 – 3) ∙ 10]}6! = {-√[(3,31300009856..- 3) ∙ 10]}6! =

= [-√(0,31300009856..∙ 10)]6! = (-√3,1300009856..)6! = -1,769180879842.. 6! = 1,0299792458 = 1 + c/102

E qui sembra importante sottolineare che, una volta che abbiamo accolto nelle nostre considerazioni anche la trigonometria, ecco che scopriamo che al valore di π, si connettono anche tutta una serie di approssimazioni della costante di Dirac ħ, che rientrano fra quelle sperimentalmente possibili, o accettabili. Questo è un fatto che di primo acchito può sembrare anche abbastanza strano, dato che, per solito, la costante di Dirac viene derivata da quella di Planck con la formula ħ = h/2π. Però, nelle formule che vediamo qui sotto, noi possiamo renderci conto che ħ viene fuori da funzioni trigonometriche di π che non hanno alcuna relazione diretta con il valore di h. Quindi, in questo modo scopriamo che π, non solo stabilisce il valore di h, non solo stabilisce la relazione fra h e ħ, ma anche il valore stesso di ħ.

Dunque, la relazione fra π e due “mattoni dell’universo”, quali h e ħ non sembra affatto accidentale, ma addirittura ontologica. Il che diventa ancor più stupefacente quando ci ricordiamo che già a partire da The Snefru Code parte 3 abbiamo scoperto che, procedendo per via trigonometrica, possiamo derivare il valore assoluto di h a partire dal numero caratteristico di ħ che per primo compare nella lista che vediamo qui di seguito (questa è una cosa che rivedremo più avanti, in un contesto più ampio, che comprende anche il prodotto fattoriale)

sen π/2 + cos π/2 + tg π/2 = 1,054458788.. ≈ ħ = 1,054571628

1 + sen π = 1,054803.. ≈ ħ = 1,054571628

(3Ln sen ππ) = √(3Ln 0,054803665..π) = √(3Ln 1178884474,466..) =

= √1,111583433.. = 1,054316571.. ≈ ħ = 1,054571628

x = -(sen π/2 + cos π/2 + tg π/2)! = -1,054458788..! = -18°,996446487275457518433257663303

1/cos -18°,996446..√1/cos -18°,996446.. = 1,057598..√1,057598.. = 1,054377.. ≈ ħ = 1,054571628

(cosh π : -10)!!!3 = -1,159195327..!!!3 = 1,017707371..3 =

= 1,054068320.. ≈ √10/9 = 1,054092553.. ≈ ħ = 1,054571628

Come abbiamo detto, la prima delle approssimazioni di ħ che abbiamo visto in questa lista che, volendo, potrebbe continuare ancora piuttosto a lungo, è, per così dire, una vecchia conoscenza, dato che l’abbiamo scoperta già a partire da The Snefru Code parte 3. Allora non ci eravamo accorti che l’angolo pari a π/2 fosse un punto d’intersezione di valori scientifici di grande interesse, anche al di là di quello pur importantissimo della costante di Dirac. In effetti, da esso si possono trarre in modo piuttosto semplice e diretto anche dei valori sperimentalmente possibili dei numeri caratteristici delle costanti che descrivono la massa e il raggio classico del protone mp = 1,6725 e rp = 1,535, quelli che descrivono il raggio classico re = 2,81777 dell’elettrone e la lunghezza di Planck, P = 1,616252

{[π/2 – (sen π/2 + cos π/2 + tg π/2)] ∙ 2}16 = [(π/2 – 1,054458788..) ∙ 2]16 =

= (0,516337537.. ∙ 2)16 = 1,032675075..16 = 1,672704.. ≈ mp = 1,6725

(sen π/2 + cos π/2 + tg π/2)π/2 = 1,054458788..√π/2 = 1,534585.. ≈ 1 + Ln (π – 1)π = 1,534522.. = rp = 1,535

inv. Ln 3√(sen π/2 + cos π/2 + tg π/2)2 = inv. Ln 3 1,054458788..2 =

= inv. Ln 3√1,111883337.. = inv. Ln 1,035984061.. = 2,81787.. ≈ re = 2,81777

{3√[(1 + sen π/2) ∙ 2]}2 = {3√[(1 + sen π/2) ∙ 2]}2 = [ 3(1,027412133.. ∙ 2)]2 =

= [3√(2,054824267..)]2 = 1,271329804..2 = 1,616279.. ≈ ℓP = 1,616252..

A questo punto dunque non ci stupisce che un valore come quello di π/2 – 1 si relazioni ai numeri caratteristici del raggio classico e della massa dell’elettrone re = 2,81777 e me = 9,1091 e della massa del neutrone mn = 1,6749 nel modo altrettanto complesso che elegante che possiamo vedere qui di seguito

re√1/[(π/2 – 1)mn]h = 2,81777√1/(0,570796..1,6749)6,626 = 2,81777√1/0,390958186..6,626 =

= 2,81777√1/0,001983606127.. = 2,81777√504,132340.. = 9,10138.. ≈ me = 9,1091

Che il numero caratteristico della lunghezza di Planck sia connesso, come vediamo in quest’ultima equazione, con il valore del seno di π/2 significa naturalmente che è connesso anche con il valore della costante di Dirac, che dal medesimo angolo abbiamo poco sopra dedotto

[3√(1 + ħ)]2 = [3√(1 + 1,054571628..)]2 = (3√2,054571628..)2 =

= 1,271277699..2 = 1,616146.. ≈ ℓP = 1,616252..

Molto interessante sembra anche il fatto che la lunghezza di Planck si lega anche a una funzione del valore di ɸ che fu codificato nella Grande Piramide, ɸCheope = 1,618590346..

[1 + (ɸCheope – 1)/10]8 = 1,0618590360..8 = 1,616348231.. ≈ ℓP = 1,616252..

Tutte queste connessioni si arricchiscono ulteriormente di significato ove ci ricordiamo che – avendo a disposizione una calcolatrice in grado di fare l’inverso del prodotto fattoriale – anche quelle che in questo momento non lo sono, diventerebbero, per così dire, facilmente ribaltabili, e potremmo passare da un capo all’altro di questo complesso reticolo funzioni andando anche nel senso opposto a quello che di fatto in questo momento siamo obbligati a percorrere. Diventerebbe allora chiaro quel che abbiamo detto sopra. Ovvero, che analizzando il sistema armonico delle costanti ci stiamo muovendo in un reticolo di relazioni di cui risulta difficile immaginare un punto iniziale e uno finale.

17.

Ma, pur privi della possibilità di fare l’inverso del prodotto fattoriale, questi che andiamo constatando sembrano ugualmente dei fatti altrettanto importanti che sconcertanti, dato che il prodotto fattoriale è un’operazione piuttosto anomala per la nostra matematica applicata. Un prodotto fattoriale lo calcoliamo infatti a partire da quelli che potremmo definire come gli elementi costitutivi di un numero, oppure, attraverso la sua relazione con altri valori che stabiliscono la sua posizione nel sistema dei numeri decimali. Dunque, come potremmo dire, a partire dalla sua struttura interna, oppure, a partire dalla sua posizione nel sistema dei numeri decimali: e cosa possono entrarci delle entità matematiche che più astratte non si possono immaginare, con la realtà empirica, che col numero si può connettere solo in modo arbitrario e artificiale, per mezzo di operazioni effettuate sulla base di un sistema di unità di misura che noi crediamo fermamente di aver scelto a caso?

Una delle prime relazioni che abbiamo constato metteva in rapporto ee, e dunque e con 1eV: cosa vorrebbe dire questo che il valore di 1eV o, almeno, uno dei suoi valori sperimentalmente possibili si lega strutturalmente con il numero di Eulero? E che dire poi quando scopriamo che al numero di Eulero si legano i valori di tutti i numeri caratteristici delle costanti che descrivono l’atomo? Data la nostra visione del mondo, e dunque il nostro modo di concepire la matematica e il suo rapporto con la scienza empirica, viene spontaneo reagire dicendo: tutto questo non può essere altro che frutto del caso, dato che e, come anche π, sono dei numeri puri, mentre invece le costanti che descrivono l’atomo hanno un’estensione. Dunque è logicamente impossibile che abbiano qualcosa a che fare.

Quest’obiezione fila liscia come l’olio, si potrebbe dire, e non c’è nessuno scienziato al mondo che non sia ben disposto ad accoglierla senza opporre alcuna resistenza e, anzi, resistendo con tutte le sue forze a qualsiasi controargomentazione tentasse di scalfirla. Però, come subito si nota, si tratta di un’obiezione basata su argomenti totalmente aprioristici: essa non consiste in altro che nell’affermazione che il nostro modo di concepire la scienza e la matematica sono o – addirittura – devono essere quelli giusti, e che tutto quanto li contraddice non può essere altro che un errore e/o una superstizione. Un’affermazione quest’ultima che ci viene del tutto spontanea, dato che noi crediamo fermamente che la nostra cultura scientifica e matematica siano la punta di lancia dell’evoluzione della cultura umana.

Così, quando scopriamo che da due numeri sacri diffusi in tutto il mondo, quali il 144 e il 72 si possono ricavare, come vediamo qui di seguito, due approssimazioni praticamente perfette della costante di Dirac e di quella di Newton, abbiamo la tendenza a scuotere il capo e ad attribuire tutto a uno scherzo del destino, quando siamo di buon umore. Quando l’umore peggiora, sia pur di poco, argomentiamo invece che i numeri si prestano ad ogni sorta manovra o perfino di truffa intellettuale, dato che, con funzioni sufficientemente complicate, possiamo infine ottenere qualsiasi cifra da qualsiasi altra. Alla fine, cosa potevano saperne delle culture del neolitico, e dunque da poco uscite dalla prossimità con lo stato animale, di nozioni tanto avanzate come queste che vediamo qui di seguito?

[2Ln (144 ∙ 72) : 2] = √(2Ln 10368 : 2) = √(2,224242875.. : 2) =

= √1,112121437840.. = 1,054571684.. ≈ ħ = 1,054571628..

2 ∙ [2 + 32√(144 ∙ 72)] = 2 ∙ (2 + 32√10368) = 2 ∙ (2 + 1,335028288..) =

= 2 ∙ 3,335028288 = 6,670056.. ≈ G = 6,672

Naturalmente, qui nessuno vuol mettere aprioristicamente in questione la validità del nostro modo di concepire la scienza e la storia della sua evoluzione. Ma a questo punto però si pone un problema: come conciliare la nostra filosofia della scienza con i risultati che di fatto abbiamo ottenuto, e con quelli che, nel seguito di questo lavoro, continueremo sistematicamente ad ottenere? Perché infatti tutto quel complesso sistema di relazioni che abbiamo visto e che vedremo spinge naturalmente a un’ipotesi assolutamente scandalosa: che, dato il sistema metrico decimale, tutto il sistema delle costanti della fisica può essere trattato alla stregua di un sistema di numeri puri, che derivano da π, ɸ, il 10 e il numero di Eulero. Numeri che, a loro volta, possono essere fatti risalire (e questo lo dimostreremo poco più avanti) a funzioni di 0, 1, 2.

Se questo fosse vero, entrerebbe in crisi anche un’interpretazione delle Scritture che è oramai diventata familiare anche ai teologi cattolici, e che deriva da quest’idea di Galileo

« Se bene la Scrittura non può errare , potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de’ suoi interpreti ed espositori in vario modo : tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo , quando volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole , perché così vi apparirebbero non solo diverse contraddizioni , ma gravi eresie e bestemmie ancora ; poi che sarebbe necessario dare a Iddio e mani e piedi e occhi , e non meno effetti corporali e umani , come d’ ira , di pentimento , d’ odio , e anco talvolta l’obblivione delle cose passate e l’ignoranza delle future … Stante , dunque , che la Scrittura in molti luoghi é non solamente capace , ma necessariamente bisognosa d’esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole , mi par che nelle dispute naturali ella doverebbe esser riserbata nell’ ultimo luogo »

Galileo, come peraltro la stragrande maggioranza di credenti e non credenti, teologi compresi, molto probabilmente non sapeva che il testo della Bibbia da cui sono tratte le sue traduzioni correnti, ivi compresa quella italiana, è un testo che consiste di circa 306.000 consonanti, prive di punteggiatura e di divisione per capitoli (l’aggiunta delle vocali si deve a una corrente di interpreti ebrei, i Masoreti, che hanno terminato di fissare il testo così come viene tradotto dagli interpreti cattolici all’incirca nel nono secolo dopo Cristo). Ma ad ognuna di queste lettere corrisponde un numero! E se fosse vero che la natura, dato il sistema metrico decimale, può essere trattata come un sistema di numeri puri, ecco che i “veri nomi delle cose” sarebbero appunto dei numeri! Dunque è del tutto possibile che l’Antico Testamento, e in particolare il Pentateuco, molto prossimo alla tradizione Antico Egizia, sia stato scritto in un codice in grado di ricostruire l’architettura matematica dell’Universo. Quel che abbiamo visto nei precedenti lavori riguardo alla Grande Piramide e, in generale, riguardo all’arte e all’architettura sacra Antico Egizia rende un fatto di questo genere molto probabile.

18.

Già nelle pagine precedenti, come peraltro in alcuni articoli già pubblicati in questo sito, abbiamo visto che tramite il prodotto fattoriale di 0,5 e -0,5, e dunque di 1/2 e -1/2, possiamo ottenere la radice di π, e dunque π.

(0,5! ∙ 1/0,5)1/0,5 = (0,886226925452.. ∙ 2)2 = 1,772453850..2 = 3,1415926535897932384626433832795.. = π

-0,5!1/0,5 = 1,77245385090551602729816748334112 = 3,1415926535897932384626433832795 = π

A ciò possiamo oggi aggiungere che al prodotto fattoriale di valori vicini o vicinissimi alla durata dell’anno solare (365,25) diviso per -104 (-0,36525) sono connessi di nuovo il 2, π, c – 1 e perfino una funzione della costante gravitazionale

3inv. Ln (-0,3652890927..!2) = 3,141592653.. = π

-0,3650722807873..!2 = 1,414213562373..2 = 2

-0,364706383..!2 = 1,99792458.. = c – 1

(-1/e)!!!! = -0,367879441171..!!!! = 1,066737102.. ≈ 1 + G/102 = 1,06672

Il legame strutturale fra il 2 e π sembra significare non solo che una figura geometrica come il cerchio, in modo assolutamente inaspettato, risulta connessa intimamente con la struttura di 1/2, o che lo sviluppo infinito dei decimali di un numero trascendente è contenuto in un numero finito e dunque “razionale”. Al di là di tali considerazioni, importantissime forse, ma totalmente astratte e di scarso o nullo interesse scientifico, a partire dal lavoro che abbiamo svolto noi siamo portati ad affermare che anche il numero caratteristico di h che abbiamo derivato da π, proprio come il cerchio, risulta ugualmente connesso con la struttura di 1/2. Infatti noi abbiamo scritto l’equazione in questo modo

(4√π – 1) ∙ 20 = (1,331335.. – 1) ∙ 20 = 0,331335.. ∙ 20 = 6,626707.. ≈ h = 6,626

Ma, naturalmente, l’avremmo potuta scrivere in quest’altro che vediamo qui di seguito, e se non l’abbiamo fatto è solo per non rendere l’esposizione troppo complicata

(√-0,5! – 1) ∙ 20 = (√1,772453.. – 1) ∙ 20 = (1,331335.. – 1) ∙ 20 = 0,331335.. ∙ 20 = 6,626707.. ≈ h = 6,626

Se poi guardiamo l’equazioni che seguono, che sono solo alcune delle moltissime che potremmo mostrare, vediamo come il legame fra π e le costanti della fisica sia non solo stringente, ma anche molteplice. Andando avanti nel lavoro, forse arriveremo alla conclusione che un valore come h possa essere considerato quasi come un’emanazione di π. E lo stesso diremo infine anche delle altre costanti

(10/π√10π = 1,112810060.. ≈ ħ² = 1,112121318..

π√(10/π)10/π : 2 = 1,616083.. ≈ ℓP = 1,616252..

[(10/π)⁴ππ²]!= 1,054901.. ≈ ħ = 1,054571..

[ππ² – (2³ ∙ 10)] : 10² = 6,626659.. ≈ h = 6,626

[1 + (10/π)⁸2inv. log π] = 1,534113.. ≈ rp = 1,535

542inv. Ln π = 1,535001.. ≈ rp = 1,535

π ∙ π³2inv. Ln π = 6,626340.. ≈ h = 6,626

[ππ² – (2³ ∙ 10)] : 10² = 6,626659.. ≈ h = 6,626

[(10/π)⁷ππ]!! ∙ 3 = 3,141521838.. ≈ π = 3,141592653..

Ora, essendo h la quantità minima di energia di cui è possibile la trasmissione, viene anche correntemente immaginato dalla nostra filosofia della scienza che h sia, come si è detto, uno dei cosiddetti “mattoni dell’universo”. Infatti, le quantità di energia maggiori di h che di fatto vengono trasmesse possono essere a loro volta solo dei multipli interi di h: cioè, in ultima analisi, dei multipli di funzioni di π e dunque di 1/2.

A ciò dobbiamo aggiungere che, anche la potenza del 10 che caratterizza h, cioè -34, può essere a sua volta ridotta a una funzione di 0,5, e dunque del 2, dato che possiamo ottenerla nel modo che vediamo qui di seguito

-1 ∙ [1/0,5 + (1/0,5 ∙ 1/0,5 ∙ 1/0,5 ∙ 1/0,5 ∙ 1/0,5)] = -1 ∙ [2 + (2 ∙ 2 ∙ 2 ∙ 2 ∙ 2)] = -34

Dunque, sembra che possiamo legittimamente ipotizzare che uno degli elementi fondanti dell’universo così come lo possiamo misurare riposa in qualche modo su 1/2 e sulla struttura interna. Per altro verso, anche un altro numero che usiamo molto frequentemente nel corso di questa ricerca, il numero di Eulero, è un numero che, volendo, si può ricondurre ai primi due numeri della serie decimale, vale a dire all’1 e allo 0. Infatti anche il numero di Eulero, proprio come π, pur avendo un numero di decimali infinito, potrebbe anche essere espresso nel modo rigorosamente finito, che proponiamo qui di seguito

[1 + 1/(1/0)]1/0 = (1 + 1/∞) = e = 2,7182818284590452353602874713527..

Per accettare una formulazione come quella che vediamo qui sopra ci basterebbe concepire un rapporto come 1/0, invece che come un infinito attuale, con il farsi infinito del finito, ovvero come l’infinito disfarsi dell’unità. Una cosa che per la matematica occidentale è piuttosto difficile da concepire, ma che per altre concezioni filosofiche potrebbe risultare del tutto accettabile. In effetti, ad altre culture potrebbe parer forzato il contrario, ovvero che una divisione sia pur infinita di qualcosa che è possa aver fine nello 0, cioè nel nulla. Per esempio, Leopardi nello Zibaldone concepisce la materia in modo tale che, per quanto la si possa suddividere, rimane sempre qualcosa. Lui non avrebbe accettato che il risultato di un’operazione come 1/∞ potesse essere 0. Dunque, perché una matematica “altra” non potrebbe vedere in una formula come quella che vediamo qui di sotto un’espressione corretta di quell’entità matematica che noi chiamiamo “il numero di Eulero”?

Un discorso simile vale o sembra valere anche per il numero d’oro, ovvero per l’altro numero irrazionale che, nel corso dei lavori passati, abbiamo scoperto essere alla base delle leggi matematiche con cui possiamo ricostruire l’universo “in quanto numero, peso e misura“.

Infatti, il numero d’oro lo si calcola per solito con la formula ɸ = (1 + √5) : 2. In questa formula vi sono un 2 e una radice quadrata, che si riferisce immediatamente al 2. Ma, in un certo senso, noi possiamo considerare anche il 5 come una funzione tutta interna al 2. Per esempio, lo possiamo ricavare da 1/2 ∙ 10 = 5, e possiamo considerare il 10 ancora una volta come una funzione tutta interna al 2. Infatti, la somma dei componenti interi di 22 = 4, è appunto 4 + 3 + 2 + 1 = 10 (potremmo forse definire un’operazione di questo genere come “somma fattoriale”). Oppure, più semplicemente, potremmo considerare il 5 come la somma del 2 più i suoi componenti interi, così che avremmo 2 + (2 + 1) = 5.

Ma, avendo a disposizione questi valori, siamo già in grado di stabilire un valore sperimentalmente possibile della costante di Planck. E qui non stiamo parlando di numero caratteristico, ma proprio del valore assoluto della costante, che viene fuori nel modo piuttosto semplice che possiamo vedere qui sotto

x = (3Ln 102 + [(log π)! ∙ 2]) ∙ 102 = (3Ln 103,772276258.. ) ∙ 102 =

= (3Ln 5919,380..) ∙ 102 = 0,77090005.. ∙ 102 = 77°,090005925..

1/sinh 77°,090005925.. = 6,626219.. 10-34 ≈ h = 6,626 ∙ 10-34

In un modo più semplice di quello che vediamo qui sopra, possiamo arrivare a un’approssimazione di h un po’ meno esatta. Ma, come vedremo subito dopo, quest’inesattezza pare avere un significato matematico-scientifico tanto preciso quanto sconcertante

x = 3Ln 102 + (-1/2)! ∙ 102 = 3Ln 102 + √π ∙ 102 = 77°,09218368279645313820012215823

1/sinh 77°,0921836.. = 6,611804814011.. ∙ 10-34 ≈ h = 6,626 ∙ 10-34

A partire da quel particolare numero caratteristico di h che abbiamo ricavato qui sopra possiamo ricavare un valore molto vicino, ma non identico, a 3.

(6,611804814011.. – 5)!3 = 1,44240285964..3 = 3,000956665710..

Adesso, a partire dall’inverso della differenza fra 3 e quest’approssimazione di 3 che abbiamo appena ottenuto, possiamo di nuovo arrivare un valore sperimentalmente possibile del numero caratteristico di h, diviso però 10

3Ln 1/(3,000956665710.. – 3) = 3Ln 1/0,000956665710.. =

3Ln 1/0,000956665710704.. = 3Ln 1045,297211774.. = 0,662191.. ≈ h/10 = 0,6626

Se adesso facciamo la differenza fra questa e la prima delle prime approssimazioni di h che abbiamo calcolato, dalla cifra che otteniamo possiamo ricavare il valore del numero caratteristico di 1eV

{4Ln 1/[6,626219.. – (0,662191.. ∙ 10)]}!! : 2 = [4Ln 1/(6,626219.. – 6,62191..)]!! : 2 =

= (4Ln 1/0,004309..)!! : 2 = (4Ln 232,072406..)!! : 2 = -0,639177236..!! =

= 3,204728.. : 2 = 1,602364.. ≈ 1eV = 1,6022

19.

È del tutto chiaro che agli occhi di uno scienziato moderno le ipotesi che stiamo facendo appariranno del tutto assurde e incomprensibili ancor prima che scandalose e irricevibili. A dispetto di ciò, esse sembrano le uniche in grado di renderci finalmente ragione dei fenomeni più sconcertanti scoperti dalla meccanica quantistica, che sembrano sfuggire a qualsiasi rapporto con il senso comune. Per esempio, del fatto che la massa di un’entità come l’elettrone possa essere matematicamente trasformata e dunque tecnicamente trattata e intellettualmente concepita come una lunghezza d’onda. Oppure, che nello spazio vuoto sorgano quantità sia pur minime di energia che non paiono avere altra origine che lo spazio vuoto. Ma se gli enti che compongono l’universo, spazio e tempo ivi compresi, derivassero tutti dalla medesima sostanza, quella che a partire da The Snefru Code parte 11 abbiamo definito “etere matematico“, cioè di una materia immaginata sulla base del concetto platonico di “χώρα” (cioè diinvisibile indeterminato“), a questo punto potremmo dire di aver risolto questi enigmi.

In effetti, tutte le equazioni che abbiamo scoperto e quelle che ci accingiamo a scoprire non ci ripetono altro che questo: che ogni entità – e dunque spazio, tempo, massa, velocità della luce, carica elettrica, etc. – può trasformarsi in qualsiasi altra. Ma questa infinita trasformabilità non sembra altro che la conseguenza del fatto che tutte le funzioni matematiche che descrivono, costituiscono e generano e rigenerano l’universo derivano a loro volta da funzioni di 0, 1 e 2. Ma, a loro volta, questi tre numeri possono essere risolti in funzioni dello 0. Infatti, dato lo 0, che in questo contesto costituisce la sostanza ultima del mondo, noi vediamo che attraverso il suo prodotto fattoriale si genera l’1, dato che 0! = 1. Se al prodotto fattoriale di 0 sommiamo quello di 1, che è ancora una volta 1, ecco che abbiamo ottenuto il 2 che però, in questo modo, sarebbe generato dallo 0. Questa origine comune di tutti i numeri nello 0, e, soprattutto di quelli importanti per la morfogenesi matematica del mondo, pur nella sua astrattezza, sembra però in grado di spiegare quell’infinita possibilità di trasformare qualsiasi entità in qualsiasi altra che stiamo riscontrando in un modo che sembra davvero difficilmente negabile.

Quel che stiamo affermando può sembrare, diciamo così, un’esagerazione, ovvero, come a volte si dice, un’iperbole. Ma a sostenere una tale iperbole ci sono, guarda caso, anche le funzioni iperboliche degli angoli pari a 1° e 2°, da cui possiamo ottenere una gran quantità di nozioni scientifiche molto interessanti. Se prendiamo l’angolo pari a 1°, scopriamo che dal suo seno iperbolico possiamo ricavare il numero caratteristico della lunghezza di Planck, dal suo coseno iperbolico il numero caratteristico della massa del neutrone, dalla sua tangente iperbolica, il numero caratteristico della costante di Planck

1 + 1/sinh3 1° = 1 + 1/1,175201193..3 = 1 + 1/1,623067836.. =

= 1 + 0,616117.. = 1,616117.. ≈ ℓP = 1,616252..

cosh3 1° – 2 = 1,543080634..3 – 2 = 3,674225.. – 2 = 1,674225.. ≈ mn = 1,6748

(2 + 1/tanh 1°) ∙ 2 = (2 + 1/0,761594155..) ∙ 2 = (2 + 1,313035285..) ∙ 2 =

= 3,313035285.. ∙ 2 = 6,626070570.. ≈ h = 6,626

In un modo un po’ più articolato, possiamo ricavare un’approssimazione di h vicinissima a quella che vediamo qui sopra anche dal seno iperbolico di 1°

6 + [(-1/sinh 1°)! : 10] = 6 + [(-1/1,175201193..)! : 10] = 6 + (-0,850918128..! : 10) =

= 6 + (6,260620646.. : 10) = 6 + 0,626062064.. = 6,62606206.. ≈ h = 6,626

Invece, analizzando il seno iperbolico dell’angolo di 2°, possiamo ricavare un’altra approssimazione della costante di Planck, una del numero caratteristico del raggio classico del protone, e una della costante di Boltzmann k = 1,38054

sinh 2° + 3 = 3,626860407.. + 3 = 6,626860.. ≈ h = 6,626

6√sinh2 2° = 6√3,626860407..2 = 6√13,154116.. = 1,536421.. ≈ rp = 1,535

4√sinh 2° = 4√3,626860407.. = 1,380011.. ≈ k = 1,38054

Alla tangente iperbolica dell’angolo di 3° è legata invece una discreta approssimazione di c = 2,99792458

2 + (tanh 3°)! = 2 + 0,995054753..! = 2 + 0,99791928.. = 2,99791928.. ≈ c = 2,99792458

Addirittura, nei primi quattro numeri della successione della forma x = n + n! è contenuta la frazione pitagorica che troviamo nella Grande Piramide. Possiamo

1) 0 + 0! = 1

2) 1 + 1! = 2

3) 2 + 2! = 4

4) 4 + 4! = 28

Ebbene, se prendiamo il terzo il quarto membro di questa serie ne possiamo ricavare la frazione 7/11, che è alla base delle proporzioni della Grande Piramide. Una frazione che è costituita dall’ultimo dei numeri primi costituito da una sola cifra, il 7, e dal primo costituito da due cifre, l’11. Si nota che il 7 può venir fuori anche dalla somma dei primi tre membri della serie, e che il 4, cioè il terzo membro, viene fuori dalla divisione del valore del quarto membro per la somma dei primi 3

28/4 = 7

28/4 + 4 = 11

Relazioni di questo genere, caratterizzate da un sistema di simmetrie veramente impressionante, sembrano essere alla base non solo e non tanto del fatto che i costruttori della Grande Piramide scelsero questa frazione come fondamento della più grandiosa e ineguagliabile opera di architettura sacra che la storia umana ricordi, ma che Dio stesso, nel generare l’universo, si sia servito di queste relazioni che, come abbiamo visto, sono in grado di renderci ragione di tutte le costanti che caratterizzano l’atomo, una struttura stabile forse proprio perché armonica, e armonica proprio perché intimamente e radicalmente supersimmetrica.

È da idioti scrivere cose di questo genere? È da lunatici o da fanatici sostenere che i costruttori della Grande Piramide avessero a disposizione delle conoscenze scientifiche e matematiche superiori alle nostre, conoscenze che solo in minima parte ci sono arrivate per mezzo della tradizione pitagorica e degli scritti ermetiche di Platone?

20.

Chissà, magari scrivere cose di questo genere è veramente uno sconfinamento nel delirio. D’altra parte, un tempo si credeva che credere a qualcosa come a un’azione a distanza fosse parimenti uno sconfinamento nel delirio, al punto che gli scienziati di formazione cartesiana pensavano che la teoria gravitazionale di Newton facesse rientrare dalla finestra quel pensiero magico che era stato buttato fuori dalla porta, riducendo il concetto di causa a quello di urto fra corpi solidi. Newton stesso, lungi dall’attribuire alla gravità un’efficacia di tipo meccanico, attribuiva il suo agire direttamente alla volontà di Dio. Sono passati poco più di tre secoli e oggi l’idea dell’azione a distanza è accettata con una naturalezza tanto estrema che si fa fatica a credere che possa mai aver suscitato un qualsiasi genere di opposizione. Allo stesso modo, c’è da scommettere che nell’oggi le ipotesi che andiamo facendo susciteranno ironia e incredulità, se non proprio orrore intellettuale e scandalo: ma chissà che cosa può accadere domani.

Scandalizziamoci quanto vogliamo: però, una volta esaurita la nostra suscettibilità filosofica, l’ipotesi che il sistema della fisica sia costituito in un ultima analisi da numeri puri sembra l’unica in grado rendere ragione di quelle vertiginose relazioni matematiche con cui ci stiamo non è più chiaro se incontrando o scontrando. Se attribuiamo tutto al caso e ci voltiamo da un’altra parte, restiamo saldamente attaccati al senso comune accademico contemporaneo, e a nessuno verrà voglia perciò di vederci rinchiusi in manicomio. Resta però il dubbio se parlare di caso sia una posizione teoricamente produttiva, al di là della sua indubbia capacità di proteggere le nostre relazioni intellettuali e il nostro quieto vivere.

Abbiamo visto sopra che all’angolo pari a π/2 si connette fra l’altro con una discreta approssimazione del numero caratteristico del raggio classico del protone rp = 1,535. Ma cosa dire quando ci rendiamo conto che anche all’angolo con seno pari a 1/√π si connette a sua volta con un’approssimazione di rp? Ancora ci sentiamo di azzardare l’ipotesi del caso?

sen x = 1/√π = 0,56418958354775628694807945156078

x = 34°,346033453944664252483070901083

log 34°,346033.. = 1,535876.. ≈ rp = 1,535

Quest’angolo corrisponde in modo quasi perfetto a quello che, sia pure in modo un po’ più complesso, possiamo ricavare da una funzione di c = 2,9979246 e da π

x√c = x = 1,82502296..√2,9979246 = 1,82502296..

cos y = 1/π√1,82502296.. = 0,82572551929736003447685567102309

y = 34°,337883077880711864811886201827

log 34°,337883077.. = 1,535773.. rp = 1,535

Un’approssimazione di rp viene fuori ugualmente dal doppio prodotto fattoriale di quel numero tale per cui xx = 10

2,5061841455..2,5061841455.. = 10

2,5061841455..!! : 2 = √9,421576250.. : 2 = 3,069458.. : 2 = 1,534729.. ≈ rp = 1,535

Ci sembra che risultati di questo genere impongano in ogni caso un momento di riflessione. Supponiamo pure che la nostra filosofia della scienza sia quella giusta: ma come è che essa può rendere ragione di fatti come questi? Qui non stiamo parlando di navi marziane che sorvolano le Piramidi, ma di relazioni constatate attraverso una calcolatrice scientifica fra le più diffuse al mondo. Che ha da dire su queste cose la nostra filosofia della scienza?

21.

Ebbene, noi siamo certi che sul momento la nostra filosofia della scienza, di stampo fondamentalmente empirista, sia incline a escludere per principio che il mondo dei fatti possa essere strutturalmente e dunque logicamente connesso con degli apriori matematici tanto vaghi e intangibili da apparire infine quasi del tutto irreali. Oltre a ciò, è facile immaginare che l’orrore intellettuale causato da fatti innegabili, che però sembrano capaci di spalancare un abisso sotto i piedi di chi è costretto a constatarli, provochi sul momento un rifiuto categorico, non molto dissimile da quello provato dal cardinal Bellarmino all’idea di guardare nel cannocchiale di Galileo. Ma ci domandiamo quanto una posizione del genere sia in grado di reggere a delle evidenze matematiche che, più andiamo avanti nel lavoro, più diventano inquestionabili. In effetti, il nostro senso di disorientamento non può che aumentare nel momento in cui ci rendiamo conto che, per quanto ci possa sembrare incredibile, a un numero che risulta una funzione immediata del 2 sono legate un gran numero nozioni scientifiche molto importanti.

Infatti, dal numero negativo da cui possiamo ricavare il 2 per mezzo del prodotto fattoriale (e dunque la x che potremmo ricavare se potessimo effettuare l’operazione x = 2-?) possiamo ricavare un valore di G che rientra fra i valori sperimentalmente verificati (che oscillano, come noto, fra un minimo di circa 6,67 e un massimo di circa 6,674-5) e un’approssimazione di c molto vicina al valore verificato sperimentalmente. Oltre a ciò, possiamo ottenere il valore del numero caratteristico della lunghezza di Planck, della costante di Dirac e della costante di Planck, e ancora altre cose. Ma andiamo con ordine.

Il numero negativo da cui possiamo ricavare il 2 per mezzo del prodotto fattoriale è quello che vediamo qui di seguito

-0,5571226035152725..! = 2

2-? = -0,5571226035152725..

Il valore di G segue in modo abbastanza banale e diretto dal valore positivo di questo numero. Si noti che per derivarlo utilizziamo dei numeri interi che sono entrambi riconducibili a funzioni del 2, dato che il 3 possiamo considerarlo come il risultato della somma fattoriale del 2 (2 + 1 + 0 = 3) mentre il 5 segue nel modo in cui abbiamo parlato sopra (anche se, in effetti, potremmo concepirlo come la somma fra il 2 e il risultato della sua somma fattoriale, e dunque come 2 + (2 + 1) = 5). Si noti anche che la cifra in parentesi che vediamo qui sotto è piuttosto vicina al valore del numero caratteristico della costante che descrive la massa del protone mp = 1,6725

5 + (3 ∙ 0,5571226035152725..) = 5 + 1,671367810539 = 6,671367.. ≈ G = 6,672

Per ricavare il valore di c dobbiamo usare un procedimento un po’ più complesso. Il primo passo della dimostrazione è ricavare da 0,5571226035152725.. (oppure, come potremmo anche scrivere, da 2-?) il valore di un coseno. È una cosa che faremo per mezzo di una funzione che, come subito si nota, è costituita di parti che sono ancora una volta riconducibili in toto a funzioni del 2

cos x = (-0,55712260351..! ∙ 0,55712260351..!)2 : 10 = (2 ∙ 0,889409207948..)2 : 10 =

= 1,778818415896701..2 : 10 = 3,164194956733249.. : 10 = 0,316419495673324..

Naturalmente, noi possiamo ricavare la tangente di quest’angolo (e dunque anche il suo seno) non tenendo in nessun conto il modo in cui viene diviso l’angolo giro, dato che, trascurando il valore dell’angolo, noi possiamo ricavare la tangente connessa a qualsiasi cos x per mezzo della formula che vediamo qui di sotto. In questo caso particolare, noi possiamo constatare che il valore della tangente è davvero molto vicino a c = 2,99792458

tg x = √[(1/cos x)2 – 1] = √[(1/0,316419495673324..)2 – 1] = √(3,160361525360669..2 – 1) =

= √(9,987884970980.. – 1) = √8,987884970.. = 2,99798014.. ≈ c = 2,99792458

Chissà, forse è un caso. Ma quest’approssimazione di c è praticamente identica a quella che possiamo ricavare dal 19simo membro della serie di Fibonacci partendo dallo 0, cioè il 2584. Si noti che le cifre che compongono questo numero, sommate, danno proprio 19

(sen 2584° ∙ 10) = √(0,898794046.. ∙ 10) = √8,98794046.. = 2,99798940.. ≈ c = 2,99792458

Comunque sia, il lettore può verificare sulla calcolatrice scientifica di Windows che, dati questi parametri, l’angolo corrispondente a un coseno pari a 0,3160361525.. assumerebbe, espresso in gradi, in radianti e in gradienti, i valori che vediamo qui di seguito

cos x = 0,3160361525..; tg x = 2,99798014..

x = 71°,553471263876718985547551964092

x = 1,2488436647854856331989513035903 rad.

x = 79,503856959843192430961409850952 grad.

Se invece consideriamo un angolo con tangente pari a 0,55712260351.., ecco che dall’inverso del suo seno possiamo ricavare un’ottima approssimazione del numero caratteristico della lunghezza di Planck P = 1,616252.., come anche della costante di Dirac ħ = 1,054571628. Inoltre, visto che l’inverso del suo coseno è vicinissimo a Ln π, possiamo ricavarne un’approssimazione di π che risulta straordinariamente buona

tg x = 0,5571226035152725..

sen x = 1/√[1 + (1/tg x)2] = 1/√[1 + (1/0,5571226035152725..)2] = 1/√(1 + 3,22179899772..) =

= 1/√4,221798997727.. = 1/2,054701680956943.. = 0,48668865620154..

(3√1/sen x)2 = (3√2,054701680..)2 = 1,271304522..2 = 1,616215.. ≈ ℓP = 1,616252..

1/sen x – 1 = 1/0,48668865620154.. – 1 = 2,054701680.. – 1 = 1,054701.. ≈ ħ = 1,054571..

1/cos x = √(1 + tg2 x) = √(1 + 0,5571226035152725..2) = √(1 + 0,310385595347..) =

= √1,310385595347635.. = 1,144720749941.. ≈ Ln π = 1,144729885849..

e1,144720749941.. = 3,141563952.. ≈ π = 3,14159253389.. (-0,000028701..

Invece, dall’angolo il cui coseno è pari a 0,5571226035152725.. è possibile ricavare una discreta approssimazione di h = 6,626

cos x = 0,5571226035152725

tg x = √[(1/cos x)2 – 1] = √(1/0,55712260351527252 – 1) = √(1/0,310385595.. – 1) =

= √(3,221798997.. – 1) = √2,221798997.. = 1,490570024..

2 ∙ tg3 x = 2 ∙ 1,490570..3 = 2 ∙ 3,311746.. = 6,623493.. ≈ h = 6,626

Piuttosto incredibilmente, da 0,5571226035152725.. è possibile ricavare ancora un’altra approssimazione di ħ, oltre a quella che abbiamo visto sopra. Questa nuova approssimazione ha di particolare il fatto che coincide in modo quasi perfetto con quella che possiamo ottenere facendo la radice cubica del numero caratteristico della costante che descrive la lunghezza d’onda Compton del muone, oltre ad essere vicina a un’altra, che possiamo ricavare dall’angolo con tangente pari a 1/π

Lunghezza d’onda Compton del muone 1,173444105 · 10-14 m

3√1,173444105 = 1,054761176.. ≈ ħ = 1,054571628.

4√(1/0,5571226035152725.. – 0,5571226035152725..) = 1,054784.. ≈ ħ = 1,054571..

tg x = 1/π

x = 17°,656787151412858478817733478923

2Ln 17°,656787.. = 1,054702.. ≈ ħ = 1,054571..

L’approssimazione del numero caratteristico di ħ pari a 1,05474.. è particolarmente interessante perché è vicinissima a quella da cui possiamo ricavare il valore assoluto del raggio classico del protone 1,535 ∙ 10-18 m

1/101,0547807618771888799657926605582⁵⁴ = 1/1017,813891620186794710459130458185 =

= 1/651465798045602605,86319218241042 = 1,535 ∙ 10-18 = rp

Né sembra meno interessante il fatto che per mezzo di funzioni del 2 possiamo ricavare anche un valore molto prossimo al valore assoluto della massa del neutrone (l’81 che vediamo nella formula sottostanti risulta da 34 = 81) e, passando per la via trigonometrica, uno vicinissimo a c = 2,99792458

1/inv. log {1 + [(√2 – 1) : 10]}81 = 1/1026,775946629860172240497432235189 = 1,675148.. ∙ 10-27 ≈ mn = 1,6748 ∙ 10-27

x = 4inv. Ln (3 + √2 : 10)2 : -10 = 71°,553578895064437869682320091773

tg 71°,553578.. = 2,99799891.. ≈ c = 2,99792458

22.

Di fronte a fatti di questo genere, già a questo punto ci possiamo forse legittimamente domandare se sia anche solo teoricamente possibile far ricorso alla nozione di caso, in qualunque cosa consista, per spiegarci in qualche modo la situazione teorica in cui ci troviamo, che sembra davvero molto, molto scomoda. Nei primi tre numeri della serie decimale, vale a dire 0, 1 e 2, abbiamo già tutti i fondamenti matematici a partire dai quali, nei lavori passati, abbiamo ricostruito tratti molto vasti del sistema armonico delle costanti, vale a dire π, ɸ, il 10 e il numero di Eulero.

Addirittura in delle funzioni del 2 troviamo al tempo stesso inscritte delle costanti fondamentalissime, fra le quali anche la lunghezza di Planck e la velocità della luce: vale a dire il quanto minimo di spazio e la velocità massima raggiungibile nell’universo. Dunque, il rapporto fra queste due costanti ci dà anche il quanto minimo di tempo, che non è altro che quello che la luce, muovendosi nel vuoto, impiega ad attraversare il quanto minimo di spazio. In onore a Planck, in The Snefru Code parte 11 abbiamo battezzato questa unità di misura con il nome di “istante di Planck” (ιp) e il suo valore risulta dal’equazione

ιp = ℓp/c

Se facciamo astrazione dalle potenze del 10, ed utilizziamo i valori di c e di ℓP sperimentalmente accettati, abbiamo che il valore di ιp risulta pari a

ιp = ℓP/c = 1,616252../2,99792458 = 0,539123635.. ≈ ɸ/3 = 0,539344662..

A questo punto, noi possiamo vedere che nell’angolo con tangente pari a c che abbiamo poco sopra derivato è criptato anche il valore di ιp: però in modo puramente matematico, e dunque del tutto indipendente dal rapporto P/c. Infatti, se prendiamo il valore di quest’angolo espresso in gradi abbiamo che

1/log 71°,553471263876.. = 1/1,854630707.. = 0,539190899.. ≈ ιp = ℓP/c = 0,539123635..

Piuttosto incredibilmente, troviamo che nel logaritmo in base 10 di 71°,553471263876.. sono inclusi inoltre un’altra discreta approssimazione della lunghezza di Planck, una di 2 + Ln π e una di ɸ

1,854630707..!! = 1,616803.. ≈ ℓP = 1,616252..

1,854630707..1,854630707.. = 3,144260333.. ≈ 2 + Ln π = 3,144729885..

1,854630707.. : 3 = 0,618210235.. ≈ 1/ɸ = 0,618033988..

Si pensi che in funzioni di tipo diverso, che però hanno in comune con queste che abbiamo appena visto il fatto di essere composte esclusivamente da funzioni del 2 (infatti π possiamo a questo punto considerarlo come una funzione del 2, ovvero del suo inverso), i medesimi valori sono criptati con un grado di approssimazione non molto minore

[(π²√π!)4 : 2] = √[(9,869604401..√7,188082728..)4 : 2] = √(1,221217586..4 : 2) =

= √(2,224191616.. : 2) = √1,112095808.. = 1,054559532.. ≈ ħ = 1,054571628..

[(π²√π!)4 : 2] ∙ 2π = 1,054559532.. ∙ 2π = 6,625992957.. ≈ h = 6,626

(π!√π!)4 = (7,188082728..√7,188082728..)4 = 1,315743661..4 = 2,99698898.. ≈ c = 2,99792458

sinh x = (π!π!)9 = 11,817934516216559641068154822346

x = 3°,1645506609834530811025649048867

cos y = x/10 = 3°,1645506609834530811025649048867 : 10 = 0,31645506609834530811025649048867

y = 71°,551322827900429554264556029005

tg 71°,551322.. = 2,99760567.. ≈ c = 2,99792458

(π!ππ)2 = 2,719971719.. ≈ e = 2,718281828..

23.

La vastità e la complessità dei rapporti che abbiamo scoperto sono già a questo punto del tutto stupefacenti. Ma se accettiamo di far entrare nel nostro ragionamento delle funzioni trigonometriche appena più complesse, possiamo arrivare a risultati che appaiono davvero strabilianti. Possiamo analizzare per prima la funzione che vediamo qui sotto, in cui partendo da una funzione logaritmica di π, arriviamo alla tangente di un angolo da cui possiamo ricavare, oltre a un’approssimazione di 1/ɸ che differisce dal numero esatto di circa 2 milionesimi, anche un valore praticamente esatto del numero caratteristico della costante che descrive la massa del neutrone mn = 1,6748.

tg x = [(π ∙ 2Ln6 π) ∙ 105] – 1 = [(π ∙ 0,135168701..6) ∙ 105] – 1 = [(π ∙ 6,098974995832.. ∙ 10-6) ∙ 105] – 1 =

= 1,916049504133.. – 1 = 0,916049504133..

x = 222°,49122624005108310510170840803

222°,491226.. : 360° = 0,618031184.. ≈ 1/ɸ = 0,618033988.. (-2,804749752.. ∙ 10-6

Il valore di mn segue piuttosto semplicemente dalla differenza che sopra abbiamo registrato fra il valore esatto di 1/ɸ e l’approssimazione che avevamo appena ricavato

0,000002804749752.. ∙ 103 = 0,001674738.. ∙ 103 = 1,674738.. ≈ mn = 1,6748

Per altro verso, dalla sezione aurea dell’angolo giro noi possiamo ricavare una discreta approssimazione della costante di Dirac

[(222°,49122624 : 2) : 102] = √1,112456131200.. = 1,054730359.. ≈ ħ = 1,054571628..

{√[(222°,49122624 : 2) : 102]}9 = 1,054730359..9 =

Non meno stupefacenti sembrano i risultati che possiamo ottenere a partire da un angolo il cui coseno è pari a 1/2inv. Ln -2

cos x = 1/2inv Ln -2 = 0,87342301849311664298903234866254

x = 29°,141113725185400378409525353187

Adesso, se facciamo il prodotto fattoriale di -tg 29°,141113.. noi arriviamo a un’ottima approssimazione del valore di 2, cioè del numero da cui siamo partiti.

-tg 29°,141113..! = -0,55753310534871373497454896653699! = 2,0018707236450734445283394051597

Ebbene, a questo punto, partendo dall’inverso della differenza fra 2 e il risultato che abbiamo appena ottenuto, noi possiamo arrivare a due ottime approssimazioni della costante di Newton G = 6,672 e di quella che descrive la massa del protone mp = 1,6725. E il tutto, di nuovo, con numeri che sono funzioni del 2 (a parte ovviamente l’1)

-tg 29°,141113..! – 2 = 2,001870723645073444528339.. – 2 = 0,00187072364507344452833940515968

[1/0,001870723.. : (2 ∙ 102)] – 1 = (534,552499.. : 200) – 1 = 2,672762.. – 1 = 1,672762.. ≈ mp = 1,6725

[1/0,001870723.. : (2 ∙ 102)] + 22 = (534,552499.. : 200) + 4 = 2,672762.. + 4 = 6,672762.. ≈ G = 6,672

Addirittura, dal seno di questo stesso angolo, dopo averne ricavato la massa, possiamo ricavare anche una discreta approssimazione del raggio classico del protone (che, è bene ricordarlo, è anche quello del neutrone, di cui poco sopra abbiamo ricavato la massa)

1 + [(1/sen 29°,141113.. – 2) ∙ 10] = 1 + [(1/0,486962247.. – 2) ∙ 10] =

= 1 + (0,0535472.. ∙ 10) = 1 + 0,535472.. = 1,535472.. ≈ rp = 1,535

Quest’approssimazione di rp è molto vicina a quella che caratterizza la tangente dell’angolo molto particolare, che possiamo vedere qui di seguito

tg x = rp = 1,5355541..

x = 56°,926589153..

(360°/56°,926..)²√ (360°/56°,926..) ∙ 3 = 6,323934.. 6,323934.. ∙ 3 =

= 39,992142..√6,323934.. ∙ 3 = 1,047197.. ∙ 3 = 3,141592.. = π

Potremmo ancora andare avanti piuttosto a lungo con esempi di questo genere. Invece, essendoci ripromessi di fare un lavoro piuttosto breve, rimanderemo ad altra sede gli approfondimenti, e concluderemo invece con una curiosità, che però, andando avanti nelle nostre ricerche sulla struttura interna dei numeri, potrebbe rivelarsi qualcosa più di una curiosità.

Possiamo partire dal fatto che dal numero negativo da cui per mezzo del prodotto fattoriale si può ricavare il 2, moltiplicandolo per -1, possiamo anche ricavare una discreta approssimazione del numero di Eulero. E lo possiamo fare per mezzo di valori che sono tutti riconducibili a delle funzioni del 2, se anche il 3 di cui pur facciamo uso può essere considerato il risultato della somma fattoriale del 2, dato che 2 + 1 = 3 (e si noti che le prime 3 cifre di 2/ɸ sono appunto 1, 2 e 3).

1/(100,5571226035152725.. – 3)2 = 1/(3,606804505.. – 3)2 = 1/0,606804505..2 =

1/0,368211707952.. = 2,715828906.. ≈ e = 2,718281828..

Ebbene, un’approssimazione del numero di Eulero quasi identica a questa la possiamo ricavare anche dalla parte decimale di 2/ɸ = 1,236067977.., che si trova dopo 1,23..

1/[(2/ɸ – 1,23) ∙ 102 ] = 1/0,606797749..2 = 1/0,368203509.. = 2,715889377.. 2,715828906.. ≈ e

Ma, al di là di questa curiosità, al termine di questo ragionamento possiamo concludere che in delle funzioni del 2, neppure troppo complicate, troviamo già l’espressione fisica delle due categorie fondamentali della percezione, vale a dire spazio e tempo, che nella teoria della relatività vanno a braccetto appunto con la velocità della luce, e sono da essa inseparabili, oltre a dei mattoni fondamentali dell’universo, quale la costante di Planck e quella di Dirac. Più che delle questioni di tipo logico-matematico, in circostanze di questo genere sembrano legittime delle esclamazioni che, nella loro ineleganza, appaiono però molto più significative di qualsiasi intuizione filosofica, per quanto geniale e illuminante. Roba tipo: ma che diavolo sta succedendo qui?

24.

In effetti, se seguiamo in modo dogmatico e pedissequo la nostra tradizionale filosofia della scienza, il fatto che per mezzo del prodotto fattoriale si possano stabilire delle connessioni fra il numero di Eulero, il numero caratteristico della costante che descrive l’elettronvolt, quella che descrive il raggio classico del protone, per arrivare poi per vie solo appena più traverse anche alla costante di Planck, a π e a c, etc., etc., etc., può infine anche sembrare un surreale scherzo del fato. Uno scherzo del fato in fondo non molto più improbabile ed ironico di quello che fa sì che il muschio, crescendo sulle rocce di una grotta siciliana, abbia disegnato il ritratto di un santo umbro, molto famoso, con un grado di somiglianza veramente sconcertante. Ma commenti di questo genere stanno in piedi solo se, dopo aver fatto omaggio al presunto scherzo del fato con un’esclamazione di meraviglia, decidiamo far finta di niente, e di pensare ad altro. Il che è poi quel che storicamente accade sempre quando ci si incontra con fatti che mettono radicalmente in crisi la visione del mondo corrente. Galileo venne condannato dall’Inquisizione, e di questo tutti si ricordano. Pochi si ricordano che il cardinale Bellarmino si rifiutò di guardare nel suo cannocchiale, dicendo che quanto avrebbe visto, ove contraddicesse le dottrine della Chiesa, era da considerarsi a priori un inganno del demonio. Cose del genere accaddero anche quando si scoprirono che i manoscritti dei Vangeli contenevano più discrepanze redazionali che parole, o quando vennero fuori delle prove irrefutabili che la Terra era più antica di quei circa sei o settemila di anni che si potevano ricavare dalla Bibbia. Sarebbe strano se questo non accadesse anche oggi, anche se i custodi delle dottrine sacre del giorno d’oggi lavorano con acceleratori di particelle e radiotelescopi.

Ma uno spirito libero da pregiudizi sarà già arrivato alla conclusione che fenomeni come quelli che abbiamo registrato nei paragrafi precedenti non costituiscono un’eccezione, ma la regola. O meglio: un insieme di regole. Un insieme di regole e dunque un sistema. Un sistema di cui però non sospettavamo neppure l’esistenza, e che dunque non abbiamo mai esplorato.

Prendiamo per esempio quel numero negativo dal quale, attraverso una sequenza di 4 prodotti fattoriali, possiamo ottenere il numero caratteristico della costante di Dirac ħ che, oggi come oggi, è considerato più esatto ħ = 1,054571628. Questo numero, anche a prima vista, risulta interessante anche perché deriva dalla radice di una discreta approssimazione di π che ha due punti di interesse molto immediati

(-√3,1470622747543649054025..)4! = -1,77399613155..4! = 1,054571628.. = ħ

Il primo è punto di interesse è che, attraverso l’inverso della radice cubica, da quest’approssimazione di π possiamo ricavare il numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone re = 2,81777

(-1/33,1470622747543649054025..)! = (-1/1,4654413630935433395556411801119)! =

= -0,68238827235571016302086080170823! = 2,81777029.. ≈ re = 2,81777

Il secondo è che dalla sua radice quadrata, oltre che ħ, si può anche ricavare una discreta approssimazione del numero caratteristico del raggio classico del protone rp = 1,535

-1,77399613155..!! ∙ -10 = -0,1533669.. ∙ -10 = 1,533669.. ≈ rp = 1,535

Se adesso prendiamo in considerazione il valore positivo di -1,77399613155.., ecco che in modo assolutamente immediato si crea una connessione con il numero caratteristico di 1eV, dato che possiamo ricavarne un’approssimazione molto vicina a quella che da cui, nel paragrafo 3, abbiamo ricavato il valore di ee = 15,154262.., che era di 1,602331.., e dunque di meno di 3 decimillesimi superiore a questa che vediamo qui sotto

1,77399613155..!!3 : 2 = 1,47432085543..3 : 2 = 3,204616.. : 2 = 1,602308.. ≈ 1eV = 1,6022

Dobbiamo inoltre considerare che quell’approssimazione di π da cui siamo partiti risulta molto interessante anche per altri motivi, oltre che per quelli che abbiamo già visto. Il primo è che risulta davvero molto vicina ad altre due che possiamo derivare da due funzioni del valore esatto di π, che sono quelle che vediamo qui di seguito

[(π/4)! ∙ 2](π/4)! ∙ 2 = 1,855178186..1,855178186.. = 3,14704653.. ≈ π = 3,141592653..

cos π√π = 3,1470101162452.. ≈ π = 3,141592653589..

I valori di ħ e di rp che potremmo derivare da queste approssimazioni di π – però derivate dal valore esatto di π, e che dunque sono delle funzioni di π – sarebbero pari a

(-√3,147046535722..)4! = -1,77399169550..4! = 1,054605.. ≈ ħ = 1,054571..

-1,77399169550..!! ∙ -10 = -0,15343372.. ∙ -10 = 1,534337.. ≈ rp = 1,535

(-√3,1470101162452..)4! = -1,773981430637..4! = 1,05468290.. ≈ ħ = 1,054571..

-1,773981430637..!! ∙ -10 = -0,1535884.. ∙ -10 = 1,535884.. ≈ rp = 1,535

Ma, cosa ancora più importante, potremmo arrivare ad un valore ancora più vicino al valore oggi accettato come esatto della costante di Dirac a partire da quel numero negativo da cui, attraverso un doppio prodotto fattoriale, possiamo ricavare il numero caratteristico della costante che descrive la massa del protone, mp = 1,6725

-x!! = mp = -0,5069888295..!! = 1,6725

1/{1/[(1/0,5069888295) – 0,5069888295..]3} = 1/[1/(1,972430045423.. – 0,5069888295..)]3 =

= 1/(1/0,682388340885..3) = 1/0,317756756611.. = 3,1470613266047083068899090041583

L’approssimazione di ħ che possiamo ricavare è davvero vicinissima al valore sperimentalmente verificato

(-√3,14706132660..)4! = -1,7739958643144..4! = 1,054573647.. ≈ ħ = 1,054571628..

Per altro verso, solo 3 decimillesimi più in basso di questa particolare approssimazione di π c’è quella da cui possiamo ricavare un valore che, siccome è il doppio di quello del raggio classico del protone, possiamo anche definire come il suo diametro classico dp = 2rp = 2 ∙ 1,535 = 3,07

-3,14678928..! = 3,07 = dp

Il nostro stupore nel prendere atto di queste connessioni non può che aumentare nel momento in cui ci rendiamo conto che possiamo ricavare un numero vicinissimo alla x da cui, con due prodotti fattoriali, possiamo ottenere mp, facendo l’inverso del logaritmo naturale del prodotto fattoriale di π

(-1/Ln π!)!! = (-1/Ln 7,188082..)!! = (-1/1,972424..)!! = -0,506990..!! = 1,672507.. ≈ mp = 1,6725

Più proseguiamo ancora nella nostra esplorazione, più ci rendiamo conto che connessioni di questo genere riguardano tutto il sistema delle costanti scientifiche, esplorato con metodi matematici per quanto diversi. Nei prossimi paragrafi vedremo come il numero caratteristico della costante di Planck riveli delle connessioni con quello della costante di Newton G che sembrano davvero molto, molto interessanti e che fino ad oggi sono rimaste del tutto inesplorate.

25.

Possiamo partire dal fatto che, se scegliamo le approssimazioni dei numeri caratteristici di h e di G che vedremo qui di seguito, approssimazioni del tutto legittime, dato che rimangono entro il margine di oscillazione sperimentalmente verificato, da h possiamo ottenere il numero d’oro, che, come vedremo, si può ottenere anche dal numero caratteristico della massa del protone, sia pur leggermente “stirato” verso l’alto, come anche da quel numero negativo da cui si può ottenere il numero caratteristico della massa dell’elettrone.

Da G invece otteniamo di nuovo un’approssimazione del numero caratteristico di 1eV: cioè di quello stesso valore che potremmo ottenere, per esempio, a partire da ee oppure dal raggio classico del protone, oppure anche da π se solo avessimo a disposizione una calcolatrice in grado di fare l’inverso del prodotto fattoriale. Le equazioni che vediamo implicano il logaritmo naturale, e dunque il numero di Eulero: d’altra parte, dopo aver constatato il legame diretto fra il numero di Eulero e 1eV, chissà, forse potremmo immaginare di averlo derivato da un’approssimazione sperimentalmente possibile di 1eV

(3Ln h)! = (3Ln 6,6271077688195..)! = -0,450679738..! = 1,618033988.. = ɸ

-mp!! = √-1,672744511168..!! = √2,618033988.. = 1,618033988.. = ɸ

-0,89575349307..! = 9,109682.. ≈ me = 9,1091

(1/0,89575349307..)!9 = 1,116378565907..!9 = 1,054923213179..9 = 1,618033988.. = ɸ

(3Ln G)! = (3Ln 6,673226725..)! = -0,44495169..! = 1,602108.. ≈ 1eV = 1,6022

E qui dobbiamo sottolineare il fatto che a partire da 0,89575349307.. possiamo derivare un’approssimazione di π che sembra molto interessante, dato che da essa possiamo a sua volta derivare il valore assoluto della costante di Planck

3inv. Ln -(1 + 0,89574710033..8)2 = 3inv. Ln -2,000698.. = 3,1418517153948303351502068644844

tg x = 1/(Ln 3,14185171..)π = 1/1,52939355992.. = 0,65385393675406088836384289783617

x = 33°,178824038772617993934532466574

1/1033°,178824038.. = 6,624848..∙ 10-34 ≈ h = 6,626 ∙ 10-34

Dall’angolo di 33°,178.. possiamo a sua volta derivare una discreta approssimazione del numero caratteristico del raggio classico del protone

[-1/(3√33°,178824038.. : 2)]! = √[-1/(3,213317.. : 2)]! =

= √(-1/1,606658..)! = √-0,622409671..! = √2,353650.. = 1,534161.. ≈ rp = 1,535

Un valore di rp del tutto simile a questo viene fuori anche dalla radice del numero di Eulero

[-1/(1 + 1/√e)]! = √(-1/1,606530659..)! = √-0,622459331..! = √2,353969.. = 1,534265.. ≈ rp = 1,535

Inoltre, possiamo notare di passaggio che l’approssimazione del numero caratteristico di G che abbiamo usato poco sopra, è molto vicina a quella che possiamo ottenere dall’inverso del numero di Eulero, per mezzo di una sequenza di 4 prodotti fattoriali

[(-1/e)!!!! – 1] ∙ 102 = (1,06673710.. – 1) ∙ 102 = 0,0667371 ∙ 102 = 6,673710.. ≈ G = 6,672

Se accettiamo il messaggio profondo della meccanica quantistica, e cioè che le costanti della fisica siano degli intorni numerici, e dunque dei segmenti sull’asse delle x, e non dei punti inestesi che non riusciamo a fissare con precisione, noi vediamo che, per esempio, il rapporto fra G e 1eV risulta ulteriormente arricchito dalla possibilità di dedurne c = 2,99792458. Ci basta solo “stirare” un po’ verso il basso il valore di G, un po’ verso l’alto quello di 1eV, e il gioco è fatto

1/(1eV⁴√G – 1) = 1/(1,602355263..⁴√6,67 – 1) = 1/(6,59227391..√6,67 – 1) =

= 1/(1,333564095.. – 1) = 1/0,333564095.. = 2,99792458 = c

Una cosa del genere accade anche nel caso di h (e dunque, in un certo senso, anche di mp). Infatti, se moltiplichiamo ɸ per 4, possiamo arrivare a 1eV facendo la radice h di elevato a un’approssimazione del numero caratteristico della massa del protone mp = 1,6725 che, di nuovo, rimane largamente entro i margini consentiti dal principio di indeterminazione

h√[(4ɸ)mp] = 1eV = 6,626√(6,4721359..)1,67247025.. = 6,626√22,722338690.. = 1,6022 = 1eV

Se adesso prendiamo 1eV e lo eleviamo alla G, possiamo scoprire il legame di questi due valori con una funzione di π che chi ha letto i lavori precedentemente pubblicati in questo sito troverà piuttosto familiare

Ln 1eVG = Ln 1,60226,67135925 = Ln 23,213404.. = 3,14472988.. = 2 + Ln π

Questa funzione di π che abbiamo ricavato da Ln 1eVG è a sua volta molto importante anche per il fatto che da essa è possibile trarre un’approssimazione di h che sembra molto interessante. Non solo perché sfiora la perfezione, ma anche perché è quasi identica a quella che possiamo ricavare dalla tangente iperbolica dell’angolo di 1°.

5 + [2 + Ln π√(2 + Ln π)!]2 = 5 + 1,439553105..!2 = 5 + 1,275175604..2 =

= 5 + 1,626072821759.. = 6,6260728217.. ≈ h = 6,626

(2 + 1/tanh 1°) ∙ 2 = (2 + 1/0,761594155..) ∙ 2 = (2 + 1,313035285..) ∙ 2 =

= 3,313035285.. ∙ 2 = 6,626070570..

Se al valore di quest’approssimazione di h togliamo circa 4 decimillesimi, ecco che in modo piuttosto semplice possiamo ricavare il valore assoluto di h = 6,626 ∙ 10-34, senza fare però uso del prodotto fattoriale

h = 6,6260302873323002935966319041718

1/[2inv. log √(h/2 – 1)] = 1/{2inv. log √[(6,626030287332../2) – 1]} =

= 1/[2inv. log √(3,313015143666.. – 1)] = 1/2inv. log √2,313015143666.. =

= 1/2inv. log 1,520860001336.. = 1/1,509206157561.. ∙ 1033 = 6,626 ∙ 10-34

Se invece gli aggiungiamo poco più di un decimillesimo, ecco che da essa possiamo ricavare quel numero negativo da cui, attraverso una sequenza di 5 prodotti fattoriali possiamo ottenere il valore assoluto di P = 1,616252.. ∙ 10-35

h = 6,6261662220914790939777452766227

1/[-1/(h – 5)]5! = 1/[-1/(6,6261662220914.. – 5)]5! = 1/(-1/1,6261662220914..)5! =

= 1/-0,61494328588!!!!! = 1,616252.. ∙ 10-35 = ℓP

Molto vicini a questo valore del numero caratteristico di h vi sono anche quelli da cui possiamo ricavare il suo valore assoluto e quello della costante di Dirac

h = 6,6268744086319597987078967797296

1/[-1/(h – 5)]5! = 1/-0,614675598002..5! = 6,626 ∙ 10-34 = h

h = 6,6265187001526908433199761558751

1/[-1/(h – 5)]5! = 1/-0,61481002333765..5! = 1,054571628.. ∙ 10-34 = ħ

26.

Tutte queste relazioni, alla luce dell’istruzione matematico-scientifica che abbiamo ricevuto ci appaiono forse del tutto straordinarie. Ma invece, utilizzando il prodotto fattoriale è facile riscontrare questo genere di prossimità e di simmetrie fra le costanti della scienza. Per esempio, se prendiamo il numero negativo da cui, attraverso 5 prodotti fattoriali, possiamo ricavare il valore assoluto della costante che descrive la massa del protone mp = 1,6725 ∙ 10-27, noi ci accorgiamo che da esso possiamo ricavare anche un’ottima approssimazione del numero caratteristico del suo raggio classico rp = 1535, come anche di π/2

1/-0,61343026025..5! = 1,6725 ∙ 10-27 = mp

(2inv. log -0,61343026025..)2 : 2 = 1,752022522..2 : 2 = 3,069582.. : 2 = 1,534791.. ≈ rp = 1,535

1 + 1/(2inv. log -0,61343026025..) = 1 + 1/1,752022522.. = 1 + 0,570768.. = 1,570768.. ≈ π/2 = 1,570796..

Oppure, se andiamo a vedere quel numero negativo da cui, sempre con i soliti 5 prodotti fattoriali, è possibile ricavare il valore assoluto di 1eV = 1,6022 ∙ 10-19, noi ci rendiamo conto che da esso possiamo ricavare una discreta approssimazione del numero caratteristico di c = 2,99792458, come anche di quello di ħ = 1,054571628.. e di mp = 1,6725

1/-0,611234347..5! = 1,6022 ∙ 10-19 = 1eV

(1 + 0,611234347..)!3 = 1,611234347..!3 = 1,441780577..3 = 2,99707431.. ≈ c = 2,99792458

18√(1 + 0,611234347..)2 = 18√1,611234347..2 = 18√2,596076120.. = 1,054429.. ≈ ħ = 1,054571..

-0,611234347..! – 0,611234347.. = 2,283981502.. – 0,611234347.. = 1,672747.. ≈ mp = 1,6725

Circa 3 milionesimi più in basso di quest’approssimazione di mp troviamo quel numero negativo che abbiamo visto poco sopra, ovvero quello dal quale, attraverso due prodotti fattoriali, possiamo ricavare ɸ2

-mp!! = -1,672744511168..!! = 2,618033988.. = ɸ2

E qui possiamo ricordare che in un lavoro precedente abbiamo visto che è possibile ottenere ɸ2 anche dal numero caratteristico di G, anche se moltiplicato per 103

G! = 6,671431667430154..! = 2618,033988749894.. = ɸ2 ∙ 103

Un valore pari a ɸ2 è connesso anche con l’angolo pari a c!!

x = c!! = 2,99792375087905609..!! = 699°,25083707004058869671236185214

2inv. log tg 699°,250837.. = 2inv. log -0,37884940210035544216026298456349 = 2,618033988.. = ɸ2

Invece, se prendiamo un angolo con seno pari a 0,611234347.. scopriamo che la sua tangente (viene quasi spontaneo dire: come al solito) risulta connessa con un’approssimazione di π che differisce di circa 5 decimillesimi dal valore esatto

sen x = 0,611234347..

x = 37°,67880790037357873588883785644

(1 + tg 37°,678807..)2 = 1,772297182791..2 = 3,1410373041293256658261468415062

Come abbiamo visto, noi possiamo ottenere il valore di π da 1/2. La differenza fra 1/2 e 0,611234347..

è pari a circa ħ2/10, e dunque da essa possiamo ottenere una discreta approssimazione del numero caratteristico di ħ

[(0,611234347.. – 0,5) ∙ 10] = √(0,111234347.. ∙ 10) = √1,11234347.. = 1,054676.. ≈ ħ = 1,054571..

Fenomeni del genere li riscontriamo anche se ci occupiamo di quel numero negativo dal quale, attraverso 5 prodotti fattoriali, possiamo ottenere la costante gravitazionale G, dato che da quello stesso numero possiamo ottenere anche il suo numero caratteristico, e in più anche il numero caratteristico di h e di ħ. Si noti la ridondante presenza del 2 fra le funzioni che utilizziamo, oppure di sue funzioni molto dirette, quali xx = 22 = 4, oppure di quella che abbiamo chiamato la sua “somma fattoriale”, ovvero 2 + 1 + 0 = 3

1/-0,6069476..5! = 6,671684.. ∙ 10-11 ≈ G = 6,672

(-0,6069476..4! – 10) ∙ 2 = (13,335875.. – 10) ∙ 2 = 3,335875.. ∙ 2 = 6,671751.. ≈ G = 6,672

2inv. log (-0,6069476 : 2) = 2inv. log -0,3034738.. = 3,141914.. ≈ π = 3141592..

2 ∙ [2 + (1/0,6069476..)!!] = 2 ∙ (2 + 1,64758868..!!) = 2 ∙ (2 + 1,313113..) =

= 2 ∙ 3,313113.. = 6,626226.. ≈ h = 6,626

3√(1/0,6069476.. – 0,6069476..)4 = 3√(1,647588688.. – 0,6069476..) =

= 3√1,040641088..4 = 3√1,17274577.. = 1,054551.. ≈ ħ = 1,054571..

A questo punto, possiamo forse vedere un’ulteriore ramificazione della struttura matematica che stiamo analizzando nel fatto che dal prodotto fattoriale di , da cui abbiamo ricavato il numero caratteristico di 1eV, è possibile ricavare un’approssimazione di π che differisce dal numero esatto di meno di 4 decimillesimi

(4ɸ! : 103)2 = (1772,551185.. : 103)2 = 1,772551185..2 = 3,141937.. ≈ π = 3,141592..

L’approssimazione di -1/2 da cui possiamo derivare l’approssimazione di √π che vediamo qui sopra differisce dal numero esatto di poco più di 27 milionesimi

-0,500027966..! = 1,772551185.. = (4ɸ! : 103)

Un fatto di questo genere ci permette di osservare che, siccome un gran numero di relazioni fra le costanti gira attorno ad approssimazioni a volte davvero molto buone del valore esatto di π, questo significa a sua volta che il sistema armonico delle costanti gira attorno ad approssimazioni di 1/2 che differiscono dal numero esatto di valori davvero trascurabili.

Per dare un’idea di quel che questo significa, possiamo notare che due approssimazioni di π molto simili a quella che abbiamo ricavato da 4ɸ! le possiamo ricavare anche nel modo che vediamo qui di seguito (ce ne sono anche molti altri, ma li trascuriamo per brevità)

tg x = 1/π√1/π = 0,0274256931232981061195562708591

x = 1°,5709826638592404058430098146085

2 ∙ 1,570982.. = 3,141965327718480.. ≈ π = 3,141592653.. (+3,726741286875.. ∙ 10-4

π√(360°/π2) = 3,141961935314.. ≈ π = 3,141592653.. (+3,69281724295.. ∙ 10-4

In questo caso, dalla differenza fra il valore esatto di π e il valore delle due approssimazioni che vediamo qui sopra possiamo ricavare in entrambi i casi un valore sperimentalmente possibile del raggio classico del protone

1 + 2log 1/(3,726741286.. ∙ 10-4) = 1 + 2log 2683,309419.. = 1 + 0,535125.. = 1,535125.. ≈ rp = 1,535

1 + 2log 1/(3,69281724.. ∙ 10-4) = 1 + 2log 2707,959628.. = 1 + 0,535628.. = 1,535628.. ≈ rp = 1,535

27.

Notevole sembra anche il fatto che in numeri caratteristici di G e h, che sottoposti alla funzione “(3Ln x)! ” ovviamente raggiungono risultati diversi, mostrano invece una radice comune quando decidiamo di ricavare h a partire dalla funzione h = -x! – x!. Una cosa che non ci stupisce, dato che già avevamo notato che attraverso i valori dei numeri caratteristici di ħ, G, e h si può costruire la concatenazione matematica che possiamo rivedere qui sotto

h/2π = ħ = 3√1/(log G)log G = 3√1/{log [(Ln h)Ln h]}{log [(Ln h)ᴸⁿʰ]}

Nel caso del prodotto fattoriale invece, la parentela matematica fra questi valori assume dei tratti un po’ diversi. Infatti, con la stessa x con cui ricaviamo h, possiamo ricavare anche G, anche se ovviamente con una funzione diversa. La funzione da cui ricaviamo G è un po’ più complessa, ma è anch’essa notevolmente simmetrica, dato che ha la forma G = 1 + [-x! – (x! ∙ 2)]

-x! – x! = h = -0,8757194..! – (0,8757194..!) =

= 7,579672731.. – 0,953678427.. = 6,626

1 + [-x! – (x! ∙ 2)] = 1 + [-0,8757194..! – (0,8757194..! ∙ 2)] =

= 1 + [7,579672.. – (0,953678.. ∙ 2)] = 1 + 5,672315.. = 6,672315.. ≈ G = 6,672

Da -0,8757194.. possiamo ricavare anche il coseno di un angolo con tangente molto vicina al numero caratteristico di h

cos x = 1/(-0,8757194..! – 0,8757194..) = 1/6,703953331590.. = 0,14916571618834981836524881331435

x = 81°,421418302819941829230542148173

tg 81°,421418.. = 6,6289509179164989637778008382092

E qui possiamo notare che, nell’ambito del sistema armonico che stiamo analizzando, la relazione fra due costanti come G e h può assumere dei tratti piuttosto semplici e lineari come quelli che abbiamo poco sopra constatato. Ma può anche arrivare a dei livelli particolarmente complessi e, almeno prima facie, davvero molto, molto strani. Per fare un esempio, se vogliamo ottenere il valore del numero caratteristico di h con la formula h = -x! – x, il valore della x che dovremmo usare è quello che vediamo qui sotto

-x! – x = h = -0,87446806..! – 0,8744680.. = 7,500467.. – 0,8744680.. = 6,626

Come ben si vede, -x! ci da un valore molto simile a 7,5 con un piccolo avanzo, di circa a 4,6 decimillesimi. Sembra un numero banale. Ma non lo è affatto. Infatti, in prima istanza, possiamo notare che la radice ottava di -x! = 7,500467.. elevata alla 1eV3 corrisponde in modo praticamente perfetto al numero caratteristico della costante che descrive il raggio classico del protone rp = 1,535.

(8√-x!)1eV³ = (8√-0,87446806..!)1eV³ = (8√7,500467..)1,6022³ =

= 1,28642966..4,112919242648 = 2,817707.. ≈ re = 2,81777

Il rapporto con G viene fuori in un modo ancora più complesso e sorprendente. Infatti, se prendiamo la parte decimale dopo 7,5, ne facciamo l’inverso e poi il logaritmo naturale, quel che viene fuori è un valore pari a 7 + G/10

Ln 1/4,679222865.. ∙ 10-4 = Ln 2137,107012.. = 7,667208330.. ≈ 7 + G/10 = 7,6672

Cose del genere sembrano molto strane, ma sembreranno forse un po’ meno strane nel momento in cui ci rendiamo conto che una cosa del genere viene fuori anche da Ln π. Infatti, Ln3 π ci dà un risultato vicinissimo a 1,5. Dal resto decimale, possiamo ricavare di nuovo un’approssimazione del numero caratteristico di h

Ln3 π = 1,144729885849..3 = 1,5000614963907043215285598722401

5 + [(1/0,000061496390704..) : 104] = 5 + (16261,116929.. : 104) = 5 + 1,626116.. = 6,626116.. ≈ h = 6,626

28.

Sembra una conferma dell’importanza delle relazioni che abbiamo appena scoperto il fatto che da questa stessa x = 0,87446806.. da cui attraverso la funzione -x! – x abbiamo ottenuto h, possiamo ricavare anche un’ottima approssimazione di π. Infatti, il presupposto a partire dal quale ci muoviamo, è che tutti i numeri di rilievo che troviamo nella scienza, o da cui possiamo derivare dei valori di importanza scientifica, siano delle funzioni di π, di ɸ, del 10 e del numero di Eulero, e questa che vediamo qui di sotto sembra l’ennesima conferma alla nostra ipotesi, in specie se consideriamo che un’approssimazione quasi identica possiamo derivarla da una funzione che coinvolge π, il 3 e il numero di Eulero, e anche da 3 + (√2 : 10)

3inv. Ln -{1 + [(log -0,87446806..!!) : 10]}2 = 3inv. Ln -[1 + (log 14048,074. : 10]) = 3inv. Ln -(1 + 0,414761..)2 =

= 3inv. Ln -(1,414761..2) = 3inv. Ln -2,001550.. = 3,141437.. ≈ π = 3,141592..

π√(π/e) ∙ 3 = 3,141439838.. ≈ π

3 + (√2 : 10) = 3,14142135.. ≈ π

Un’ovvia obiezione al ragionamento che stiamo conducendo è che da x = 0,87446806.., propriamente parlando, noi non abbiamo ricavato π, ma solo una sua per quanto discreta approssimazione. Ma entro il nostro modo occidentale e moderno di concepire la matematica, ovvero, entro il nostro stile di pensiero, π può esistere solo come valore perfetto: dunque, le sue approssimazioni non ci interessano. Questo è il motivo che, quando scopriamo un legame di questo genere, siamo tentati di lasciarlo perdere, giudicandolo come uno scherzo del caso.

Può darsi però che nell’ambito del sistema armonico che andiamo esplorando, un valore come π possa aver senso e nel suo valore perfetto, e nelle sue approssimazioni: lo possiamo dedurre dal fatto che queste approssimazioni sembrano far sistema con i valori caratteristici della scienza. Tanto più che vi sono dei casi in cui le approssimazioni di π possono essere ricondotte a funzioni del valore esatto di π.

In effetti, due approssimazioni di π vicinissime a quella che abbiamo ricavato da x = 0,87446806.. le abbiamo ricavate anche da funzioni assolutamente astratte, che non hanno nulla a che fare con valori di derivazione empirica. A questi due esempi possiamo aggiungerne anche altri. Il primo è un’approssimazione di π/2 che può essere ricavata dal coseno dell’angolo il cui seno iperbolico corrisponde a 1/h. È quella che possiamo vedere qui di seguito

sinh x = 1/h = 1/6,626 ∙ 10-34 = 1,5092061575611228493812254753999e+33

x = 77°,0900390384797944467906236344

(1 + cos 77°,090039..)1/cos 77°,090039.. = √(1 + 0,223419576..)1/0,22341957640.. =

= √1,223419576.. 4,475883519.. = √2,465911033.. = 1,570321952.. ≈ π/2 = 1,570796326..

Ebbene, quest’approssimazione di π/2 coincide in modo praticamente perfetto da quella che possiamo ricavare da una funzione del valore esatto di π. Dunque, ci basterebbe alterare il valore di h di una frazione assolutamente trascurabile e potremmo risalire dall’approssimazione di π a π, diciamo così, in persona, se solo avessimo a disposizione una calcolatrice in grado di fare l’inverso del prodotto fattoriale

[2inv. log (1 – √π!!!)] : 2 = {2inv. log [(1 – (-0,5!!!!)] : 2} = [2inv. log (1 – 1,303626294..)] : 2 =

= [2inv. log (1 – 1,303626294..)] : 2 = 2inv. log -0,303626294.. : 2 =

= 3,140652006.. : 2 = 1,570326003406.. ≈ √(1 + cos 77°,090039..)1/cos 77°,090039.. = 1,570321952..

Un’approssimazione molto simile a questa la possiamo ricavare dall’angolo con tangente uguale a 2, pari cioè all’inverso di 1/2 e dunque anche all’inverso del prodotto fattoriale di √π. Quest’approssimazione viene fuori da 10 elevato al valore nominale dell’angolo fratto il seno iperbolico elevato al quadrato

tg x = 2

x = 63°,434948822922010648427806279547

1/√4Ln (1063°,434948822../sinh2 63°,434948822..) = 3,140662239.. ≈ π = 3,141592653..

Ebbene, da quest’approssimazione di π possiamo ricavare il valore assoluto della lunghezza di Planck. Si noti che per far ciò partiamo dal’angolo con tangente pari a 2 e che si aggiunge 2 al risultato di una sequenza di 2 logaritmi in base 10. La potenza invece è pari a 3 ∙ 25 = 96

1/(-2log 3,140662.. + 2)96 = 1/2,3036250..96 = 1/6,187742.. ∙ 10-34 = 1,616098.. ∙ 10-35 ≈ ℓp = 1,616252.. ∙ 10-35

29.

Potremmo fare altri esempi simili a questi, ma sarebbe forse una cosa pleonastica, dato che ciò di cui avremmo davvero bisogno è una dimostrazione di tipo logico, e non l’enumerazione di casi particolari, anche se piuttosto notevoli. Questo che mostriamo qui di seguito, in effetti, dà piuttosto da pensare. Se prendiamo un seno pari 8√1/π noi vediamo che la sua tangente elevata alla quarta potenza corrisponde a un’ottima approssimazione del numero caratteristico della massa dell’elettrone

sen x = 8√1/π = 0,86667499356156716266494683930073

x = 60°,074521466639889794721669434854

tg4 60°,074521.. = 1,737265137087..4 = 9,108868.. ≈ me = 9,1091

La relazione armonica è completata dal fatto che, se andiamo a confrontare la radice 512sima dell’inverso del valore assoluto di me noi vediamo che da essa possiamo ricavare un’approssimazione di π che corrisponde in modo quasi perfetto a quella che possiamo ottenere dal coseno dell’angolo con seno pari a 8√1/π

inv. Ln 512√1/me = inv. Ln 512√[1/(9,1091 ∙ 10-31)] =

= inv. Ln 1,144650492506.. = 3,141343241..

[(cos 60°,074521..)! ∙ 2]2 = (0,498873185824..! ∙ 2)2 = 3,141338045..

Ma, comunque sia, dobbiamo riconoscere che, non ostante singoli esempi per quanto impressionanti, fino a questo momento non siamo riusciti a dimostrare in maniera davvero cogente che tutte le approssimazioni di π che abbiamo ricavato da funzioni di costanti scientifiche siano riconducibili al suo valore perfetto.

Dunque, ci rendiamo conto che l’argomentazione che abbiamo fatto sopra, e cioè che nell’ambito del sistema armonico che stiamo esplorando le approssimazioni di π hanno tanto senso che il suo valore esatto, può essere tranquillamente rifiutata. In questo caso, il nostro modo di vedere il mondo non cambia e possiamo tornarcene a casa, restando tranquilli e beati a goderci le nostre aprioristiche certezze. Ma se invece la accettiamo, dobbiamo prepararci a una forse sconvolgente ma, probabilmente, molto fruttuosa rivoluzione, dato che in questo caso vediamo che relazioni come quelle che andiamo scoprendo ci consentono di costruire delle trame armoniche fra le costanti che fanno davvero venire le vertigini.

Per esempio, dall’approssimazione di π che abbiamo ottenuto da x = 0,87446806.., cioè da quel numero da cui abbiamo derivato h per mezzo della formula -x! – x, possiamo arrivare a un angolo interessante, dato che ha come tangente un valore vicinissimo a c = 2,99792458, e come inverso del seno un valore a sua volta molto vicino a ħ = 1,054571... Eppure, se accettiamo le opinioni correnti nella nostra attuale cultura scientifica e matematica, siamo spinti a ritenere un fatto del genere del tutto casuale ed insignificante

3inv. Ln -{1 + [(log -0,87446806..!!) : 10]}2 = 3,141437633300814381145349980022

x = 4inv. Ln -(3,141437..2 : 10) = 71°,551887962509073630780076091447

tg 71°,551887.. = 2,99770416.. ≈ c = 2,99792458

1/sen 71°,551887.. = 1,054173.. ≈ ħ = 1,054571..

Inoltre, da un angolo direttamente connesso col coseno di 71°,551887.. possiamo ricavare al tempo stesso il numero caratteristico della lunghezza di Planck P = 1,616252.. e un’ottima approssimazione di ɸCheope – 1

x = cos 71°,551887.. ∙ 102 = 0,316445709531152.. ∙ 102 = 31°,644570953115263604023722445406

1 + tg 31°,644570.. = 1,616276.. ≈ ℓP = 1,616252..

1/(1 + tg 31°,644570..) = 1/1,616276.. = 0,618705847.. ≈ ɸCheope – 1 = 0,618590346..

Un modo di apprezzare ancor di più la complessità e la simmetria del sistema di relazioni che in questo modo si crea, è quello di renderci conto che, per mezzo della prima delle funzioni di ɸ che vediamo qui di seguito (di ɸ: cioè del valore che sopra, al paragrafo 17, abbiamo ricavato per mezzo della formula (3Ln h)! = ɸ) possiamo arrivare al numero caratteristico della costante di Dirac ħ = h/2π. Con la seconda invece, troviamo una discreta approssimazione di quell’approssimazione di π che può essere ricavata da c – 1 per mezzo di una funzione logaritmica, mentre con la terza, dove entra in gioco la trigonometria, arriviamo molto vicini a π “in persona”

(2ɸ – ɸ)√(2ɸ – ɸᶲ) = 1,057610409..√1,057610409.. = 1,054388.. ≈ ħ = 1,054571..

3√(-ɸ!!!) = -3,143147740.. ≈ √1/(π₃Ln π) = √1/(π-2,001231..) = 3,143808090.. ≈

3inv. Ln (1 – c) = 3,143203662..

tg x = 3√ɸ – 1 = 0,17398499670532850996668397188625

x = 9°,8698084797722972370532822704077

9°,869808479.. = 3,141625133.. ≈ π = 3,141592653589.. (+3,247996.. ∙ 10-5

Un’approssimazione di π molto simile a quella che vediamo qui sopra è possibile ricavarla da altre funzioni, che coinvolgono fra l’altro il 10, π e, soprattutto, il numero di Eulero

10/(π/e)8 = 3,141643297569.. ≈ π = 3,141592653589.. (+5,064397.. ∙ 10-5

(8√3 – 1/10) ∙ 3 = 3,141608071..

-(360/e7) 4! ∙ 3 = -(360/1096,633158..) 4! ∙ 3 = -0,328277507.. 4! ∙ 3 =

= 1,047228500.. ∙ 3 = 3,141685.. ≈ π = 3,141592..

{{³√[(-ᵉ√e)!! – 1] : -2} ∙ 3}{{³√[(-ᵉ√e)!! – 1] : -2} ∙ 3} = (0,618037041.. ∙ 3)(0,618037041.. ∙ 3) =

= 1,8541111245..1,8541111245.. = 3,141618.. ≈ π = 3,141592..

Un caso molto particolare è rappresentato da un’approssimazione di π, molto simile a quelle che vediamo qui sopra, che possiamo ricavare dalla radice di 987/10. Il 987 è il sedicesimo numero della serie di Fibonacci, partendo da 1, o il diciassettesimo, partendo da 0.

(987 : 10) = √9,87 = 3,141655614.. ≈ π = 3,141592..

Se utilizziamo il seno dell’angolo pari a 987° possiamo ottenere un’approssimazione di π ancora migliore di questa che vediamo qui sopra

(log -sen 987°!! : 103)2 = (log -0,998629534..!! : 103) =

= (1772,454090.. : 103)2 = 1,772454090..2 = 3,141593503.. ≈ π = 3,141592653..

Se invece facciamo la radice 17 ∙ 3 = 51sima di 987, utilizzando dunque come base dell’esponente della radice il posto che il numero occupa nella serie di Fibonacci se partiamo da 0, arriviamo ugualmente a un’ottima approssimazione di π

inv. Ln 51√987 = inv. Ln 1,144753818.. = 3,141667842.. ≈ π = 3,141592653..

Molto interessante sembra il fatto che queste approssimazioni di π, che sembrano far parte, diciamo così, di qualcosa come una famiglia, dato che i primi 5 numeri sono in tutti i casi 3,1416.., vanno molto vicine alla x in grado di soddisfare l’equazione che vediamo qui di seguito

ex – 20 = x = e3,141633302801036706.. – 20 = 23,141633302801036.. – 20 = 3,141633302801036..

A volte, nell’andare avanti in queste complesse catene di relazioni, si può avere l’impressione di star muovendosi come in un cerchio. Ma, probabilmente, si tratta di un’impressione sbagliata. Quasi certamente non ci stiamo muovendo in un cerchio, ma in una sorta di reticolo multidimensionale.

Infatti, se torniamo ancora una volta al lavoro che abbiamo fatto al paragrafo 17, e facciamo per 6 volte il prodotto fattoriale di 3Ln G = 3Ln 6,673226725.. invece che una volta soltanto, troviamo un’altra connessione che, percorrendo una via diversa, va a legarsi a una funzione di π, molto simile a quella di c che abbiamo ottenuto nel paragrafo 3 a partire da 1eV. Il che non fa venire in mente un cerchio, ma qualcosa come una rete fatta di punti di intersezione dotati di estensione. Una rete che viene fuori da funzioni che, a volte, come in questo caso, appaiono relativamente continue: infatti, per passare da (3Ln G)! a 1eV e da 1eV a 1 + 1/10π ci basta continuare con la serie dei prodotti fattoriali. Ma altre volte, come abbiamo visto, sono discontinue, per non dire quasi incredibilmente complicate

(3Ln G)! = (3Ln 6,673226725..)! = -0,44495169..! = 1,602108.. ≈ 1eV = 1,6022

(3Ln G) 6! = (3Ln 6,673226725..) 6! = -0,44495169.. 6! = 1,0318309886.. = 1 + 1/10π

30.

Se fosse vero che il sistema delle costanti è una sorta un reticolo matematico multidimensionale, che in un lavoro precedente abbiamo paragonato a quella che caratterizza il rapporto fra i neuroni del cervello umano, questo vorrebbe dire fra l’altro che diventerebbe molto difficile stabilire quale debba essere considerato il punto di partenza, e quale quello di arrivo.

E una prima conferma di questa ipotesi la possiamo individuare in un fatto che abbiamo già più volte notato. Cioè, che il sistema di relazioni che via via scopriamo si chiude solo se e quando decidiamo arbitrariamente di fermarci. Ma andare avanti è sempre possibile, sia pure in modi diversi da quello con cui siamo partiti. Per esempio, alla fine del paragrafo precedente siamo partiti da un triplo logaritmo di G e siamo arrivati a 1 + 1/10π passando per 1eV per mezzo del prodotto fattoriale.

In altri casi, possiamo continuare a percorrere il sistema armonico utilizzando non il valore che abbiamo ottenuto, ma uno molto vicino, che fa parte di quello che nei lavori scorsi abbiamo definito lo stesso intorno numerico. Per esempio, possiamo notare che un’ottima approssimazione del numero d’oro, che abbiamo poco sopra ricavato nel suo valore esatto dalla costante di Planck, lo possiamo ricavare anche dal numero di Eulero, da cui siamo partiti per ricavare il numero caratteristico di 1eV. In quel caso, siamo partiti dalla funzione xx. In questo caso invece, utilizzeremo una funzione simile, ma, non inversa, dato che fra di esse non vi è continuità: x√x = y.

3√[(-e√e)!! – 1] : -2 = 3√[-(-2,718281828..√2,718281828..)!! – 1] : -2 =

= 3√[(-1,444667861..!!) – 1] : -2 = 3√(-0,888571805.. – 1) : -2=

= 3√-1,888571805.. : -2 = -1,236074083.. : -2 = 0,618037041.. ≈ 1/ɸ = 0,618033988..

Questo fatto diventa ancora più importante e interessante nel momento in cui ci rendiamo conto che dal prodotto fattoriale di un valore sperimentalmente possibile del numero caratteristico della costante che descrive la prima orbita dell’elettrone intorno al nucleo, 1bohr = 0,53105347174.., possiamo ricavare il valore esatto di 1/ɸ

3√-1bohr!: 2 = 3√-0,53105347174..! : 2 = 3√1,88854381999.. : 2 =

= 1,236067977.. : 2 = 0,618033988.. = 1/ɸ

A questo punto, potremmo di nuovo ricavare un’approssimazione di h, oppure di π, con le formule che abbiamo visto sopra. Ma, giunti a questo punto della nostra analisi, un’operazione del genere sarebbe forse del tutto pleonastica.

Sembra invece più utile soffermarsi su altri aspetti della questione. Possiamo notare che la formula che vediamo sopra è caratterizzata ancora una volta dalla radice cubica, cioè dal 3, e che la somma dei due numeri che utilizziamo nella funzione, al di là del numero di Eulero, sono 1 e 2, è ancora una volta 3. Inoltre, anche le equazioni che troviamo alla conclusione del paragrafo precedente sono caratterizzate dalla radice cubica, da una sequenza di 3 logaritmi, oppure da 3 o da 2 ∙ 3 = 6 prodotti fattoriali. Dunque, viene voglia di dire che sono caratterizzate dal 3. Questo ci ricorda che, a partire da The Snefru Code parte 9, ci siamo resi conto di poter ottenere dalla funzione xx applicata a 3/ɸ un’eccellente approssimazione di π, e che un’ottima approssimazione di π la possiamo ottenere anche da 3√(3/2). Invece, con ɸ/3 possiamo arrivare piuttosto vicini a e – 2 = 0,718281828..

inv. Ln 3√(3/2) = inv. Ln 3√1,5 = inv. Ln 1,144714242.. = 3,141543509.. ≈ π = 3,141592653..

(3/ɸ)3/ɸ = 1,854101966..1,854101966.. = 3,141572320.. ≈ π = 3,141592653.. (-2,033329.. ∙ 10-5

(ɸ/3)ɸ/3 = 0,539344662..0,539344662.. = 0,716776182.. ≈ e – 2 = 0,718281828.. (-0,001505..

Per altro verso, se ci spostiamo sulla trigonometria, ecco che dalla funzione che vediamo qui di seguito, possiamo arrivare a un valore sperimentalmente possibile del numero caratteristico della costante di Planck partendo da una funzione del coseno dell’angolo con tangente pari a 3.

tg x = 3

x = 71°,565051177077989351572193720453

1/cos 71°,565051.. = √10

mp√e√10 = 1,6725√2,718281828..3,16227766.. =

1,6725√23,624342922.. = 6,624328.. ≈ h = 6,626

L’equazione che vediamo qui sopra ha delle evidenti parentele con quelle che vediamo qui sotto

me√[1/(4√10 – 1)re]h + 5 = 9,1091√[1/(4√10 – 1)2,81794]6,626 + 5 =

= 1,671610.. + 5 ≈ G = 6,672

(G – 5)G – 5 = √(6,6705 – 5)6,6705 – 5 = √1,67051,6705 = √2,35648.. = 1,53508.. ≈ rp = 1,535

G√103 = 6,67√1000 = 2,816923.. ≈ re = 2,81777

Chissà, forse tutto questo non è altro che un caso. E se si tratta di un caso, noi non abbiamo bisogno di indagare sul perché il 3 abbia una certa rilevanza in relazione a valori come π, ɸ e il numero di Eulero. Oppure, se non si tratta di un caso, allora forse non è vero quel siamo soliti pensare: che i numeri sono infine tutti uguali, delle forme vuote senza alcun contenuto e senza alcun rapporto intrinseco con la realtà. Sarebbe invece vero il contrario: che la struttura matematica del’universo in quanto entità misurabile è una copia di quella che esiste ontologicamente fra i numeri decimali, siano essi naturali, razionali, irrazionali, etc. E in questa struttura un numero come per esempio il 3 – siccome risulta da quella che abbiamo definito come la somma fattoriale del 2, cioè 2 + 1 + 0 = 3 – deve avere un’importanza maggiore, di altri numeri. Per altro verso, altri numeri che si rapportano in modo preferenziale a quelli più fondamentali, devono avere a loro volta un’importanza maggiore di quanto non siamo portati sul momento a pensare. Prendiamone due del tutto anonimi, quali il 1241 e il 126: qui sotto vediamo che intrattengono rapporti un po’ speciali con il 10 e con π, e ciò fa sì che da essi si possano trarre delle ottime approssimazioni di h, di P, di ħ, e di molti altri valori scientifici che fino ad adesso abbiamo derivato da π, ɸ e dal numero di Eulero

log 1241 : 3log 1241 = -10,000187713678306193905783442371

[2 + (3log 1241)!] ∙ 2 = [2 + (-0,309371..!)] ∙ 2 = (2 + 1,313146..) ∙ 2 = 3,313146.. ∙ 2 = 6,626292.. ≈ h = 6,626

(-1/3log 1241) : 2 = (-1/-0,309371370..) : 2 = 3,232361.. : 2 = 1,616180.. ≈ ℓP = 1,616252..

[(√cos 1241°! – 2) : 2] = √[(√17,829006.. – 2) : 2] = √[(4,222440.. – 2) : 2] =

= √(2,222440.. : 2) = √1,111220.. = 1,054144.. ≈ ħ = 1,054571..

(4Ln 1241)!3 : 2 = -0,393502547..!3 : 2 = 1,474472..3 : 2 = 3,205602.. : 2 = 1,602801.. ≈ 1eV = 1,6022

1 + 3Ln 1241 = 1 + 0,674689.. = 1,674689.. ≈ mn = 1,6748

1/sen 1241° : 2 = 1/sen 19° : 2 = 1/0,325568.. : 2 = 3,071553.. : 2 = 1,535776.. ≈ rp = 1535

(Ln 1/1241)!! = (Ln 8,058017.. ∙ 10-4)!! = -7,123672785..!! = 1,005350740.. ≈ 1 + (rp – 1)/102 = 1,00535

-1/cos 1241°√-1/cos 1241° = 1/cos19°√1/cos 19° = 1,057620..√1,057620.. = 1,054397.. ≈ ħ = 1,054571..

3√(tg 1241°)!2 = 3√(tg -19°)!2 = 3√-0,344327..!2 = 3√1,374142..2 = 3√1,888268.. = 1,23600.. ≈ 2/ɸ = 1,236067..

1/[(5Ln 1241!)!!! – 1] = 19,001708042262942332202231903447

sinh 1241° : 1241! = 2,000268.. ∙ 10-2764; [(1/2,000268..)! ∙ 2]2 = 3,14157728.. ≈ π = 3,141592653..

3inv. Ln (2Ln 126 : 4Ln 126) = 3,1414785654810071678647634501135

1 + (tg 126°!!!! ∙ -10) = 1 + (-1,376381920..!!!! ∙ -10) =

= 1 + (-0,0602313.. ∙ -10) = 1 + 0,602313.. = 1,602313.. ≈ 1eV = 1,6022

{3 + [√(1241 : 126) : 10]} ∙ 2 = 6,627668.. ≈ h = 6,626

[log (1241 – 126) – 2] ∙ 3 = (log 1115 – 2) ∙ 3 = (3,047274867.. – 2) ∙ 3 =

= 1,047274867384.. ∙ 3 = 3,141824602.. ≈ π = 3,141592653..

161√1/10,000187713678.. – 10 = 161√5327,262.. = 1,054741.. ≈ ħ = 1,054571..

E qui possiamo notare di passaggio che quei due angoli con cui quello di 1241° condivide i parametri trigonometrici, quello di -19° e quello di 161°, hanno anche altre caratteristiche che sono ad esso simmetrico. Per esempio, la somma e il prodotto dei numeri che costituiscono 1241 è in ambedue i casi 8 (infatti 1 + 2 + 4 + 1 = 8 e 4 ∙ 2 ∙ 1 ∙ 1 = 8): nel caso del 161, abbiamo 1 + 1 + 6 = 8, mentre nel caso del 19 possiamo ricavare la stessa cifra con la sottrazione, dato che 9 – 1 = 8. Se facciamo la somma, troviamo invece il 10, che è proprio quel numero che si può derivare da 1241 per mezzo del logaritmo in base 10.

Per avere un’idea dell’importanza strutturale del 10 e dell’8 – la cui differenza è giusto pari a 2 – possiamo andare a dare un’occhiata a quel numero il cui seno iperbolico diviso per il suo logaritmo naturale ci dà 108, ovvero alla x in grado di soddisfare l’equazione che vediamo qui sotto

sinh x : Ln x = 108

x = 20°,214572523648113..

sinh 20°,214572.. = 300640375,637509..

Ln 20°,214572.. = 3,00640375637509..

Ebbene, a partire dal logaritmo di 20°,214572.. noi possiamo arrivare facilmente al valore di G

(Ln8 20°,214572..) : 103 = 3,00640375637..8 : 103 = 6673,880.. : 103 = 6,673880.. ≈ G = 6,672

Il legame del seno iperbolico di con una funzione di √π e del 10 e un’approssimazione di ɸCheope pare dunque una logica conseguenza della struttura di questo numero, o dei suoi legami con la struttura dell’insieme dei numeri decimali, e non di un caso

1/2log sinh 20°,214572.. = 1/2log 300640375,637.. = 1,077242794553.. ≈ 1 + (√π – 1)/10 = 1,077245385..

(Ln cos 20°,214572..)!12 = Ln 0,938405172..!12 = 1,040943250..12 = 1,618544.. ≈ ɸCheope = 1,618590..

31.

Andando avanti ad analizzare le caratteristiche di quest’angolo potremmo trovare altre cose interessanti, ma per ragioni di brevità ci fermiamo qui. Conviene però di sottolineare che situazioni di questo genere sembrano spiegare il motivo per cui il numero di Eulero non ha senso solo nella sua forma intera, ma anche come e – 1, o come e – 2. Viene spontaneo immaginarlo perché, se è vero che anche il numero di Eulero può derivare da una funzione di 0!, ecco che i suoi stretti rapporti con i numeri che per primi vengono generati nella successione debbono essere per forza di cose molto importanti. E infatti, da funzioni di e – 1 e e – 2 abbiamo a più riprese ottenuto nozioni scientifiche di primaria importanza, e altre ancora ne possiamo ottenere. Il modo più diretto e immediato è proprio quello di andare a vedere la differenza fra 3 e e = 2,71828182818459.. che, senza che nessuno se ne sia mai accorto, corrisponde in modo quasi perfetto al numero caratteristico della costante che descrive il raggio classico dell’elettrone, re = 2,81777, diviso per 10, e la cui radice va vicinissima a 1bohr = 0,531

3 – e = 0,2817181..re/10 = 2,81777

(3 – e) = √0,2817181.. = 0,530771.. ≈ 1bohr = 0,531

Oppure, possiamo prendere quella x tale per cui xx = e – 2. Se ne facciamo l’inverso, quello che otteniamo non è altro che il rapporto fra il numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone e quello del protone, mentre dal suo prodotto fattoriale possiamo ricavare un’approssimazione di 2/ɸ che differisce dal numero esatto di poco più di 10 milionesimi

xx = e – 2 = 0,54475840856738..0,54475840856738.. = 0,718281828459045..

1/0,544758408.. = 1,835676.. ≈ re/rp = 2,81777 : 1,535 = 1,835680..

3√(1 + 0,54475840856738..!) = 3√1,888496289.. = 1,236057607632.. ≈ 2/ɸ = 1,236067977.. (-1,0369.. ∙ 10-5

Questo ultimo che abbiamo visto sembra davvero un dato interessantissimo, dato che a un’approssimazione di 2/ɸ fanno capo anche c, il numero caratteristico della massa dell’elettrone me = 9,1091 e 1bohr = 0,531. Si noti che a un’approssimazione quasi identica a quella a cui arriviamo per mezzo di c la possiamo ottenere da 2ɸ/π, mentre una quasi identica a quella che otteniamo da me la possiamo ottenere anche per mezzo di una funzione dell’angolo giro, attraverso π e attraverso il numero di Eulero

3√[(-c√c)!! – 1] = 3√[(-2,99792458√2,99792458)!! – 1] = 3√(-1,44228227..!! – 1) =

= 3√(-0,888249.. – 1) = 3√-1,888249.. = -1,23600367.. ≈ -2/ɸ = -1,236067977..

3√[1 + 1/(2ɸ/π)4] = 3√(1 + 1/1,030072429..4) = 3√(1 + 1/1,125825426517..) =

= 3√(1 + 0,888237178..) = 3√1,888237178.. = 1,23600107399.. ≈ 2/ɸ = -,236067977..

3√[(-6√me)!! – 1] = 3√[(-6√9,1091)!! – 1] = 3√(-1,445148838924..!! – 1) =

= 3√(-0,888659791.. – 1) = 3√-1,88865979.. = -1,236093278.. ≈ -2/ɸ = -1,236067977..

3√[(-360°/102)! – 1] = 3√(-3,6! – 1) = 3√(-0,888685.. – 1) = 3√-1,888685.. = -1,2360989.. ≈ -2/ɸ = -1,236067..

3√ [(-π√π)!! – 1] = 3√[(-1,439619..)!! – 1] = 3√(-0,888138.. – 1) = 3√1,888138.. = -1,235979.. ≈ -2/ɸ = -1,236067..

3√[(-inv. Ln 1/e)!! – 1] = 3√(-1,444667..!! – 1) = 3√(-0,888571.. – 1) = 3√-1,888571… =

= -1,236074083.. ≈ -2/ɸ = 1,236067977..

3√-1bohr! = 3√-0,531! = 3√1,888329217.. = 1,236021156.. ≈ 2/ɸ = 1,236067977.. (-4,68.. ∙ 10-5

Se “stiriamo” il valore di 1bohr un poco verso l’alto, da esso possiamo ricavare il valore del numero caratteristico del raggio classico del protone, mentre stirandolo leggermente verso il basso possiamo ottenere π e 1 + h/10

-1bohr4! = -0,53136115..4! = 1,535 = rp

inv. Ln 3√-1bohr 4! = inv. Ln 3√-0,528060923..!!!! = inv. Ln 3√1,5000614922.. =

= inv. Ln 1,144729885.. = 3,141592653.. = π

-1bohr !!! = -0,528035464..!!! = 1,6626 = 1 + h/10

Se stiriamo il valore di 1bohr ancora una volta verso il basso, ma un po’ di meno di quanto abbiamo fatto lì sopra, ecco che possiamo arrivare a c – 2, anche se per mezzo di un procedimento diverso dal prodotto fattoriale

π⁵√1bohr = 306,019684785..√0,529522640155787.. = 0,99792458 = c – 2

E qui è interessante notare che se stiriamo ancor un poco verso il basso il valore del numero caratteristico di 1bohr, ecco che possiamo ricavarlo da una funzione “perfetta” di π. Si noti che tutti valori che abbiamo usato per i nostri calcoli rientrano ampiamente nel margine di oscillazione che si riscontra sulle tabelle pubblicate su internet, dove il massimo per il numero caratteristico di 1bohr vale circa 0,532 e il minimo intorno a 0,528

π2Ln π = π√0,135168701620.. = 0,528870427.. ≈ 1bohr = 0,531

Scendendo ancora, ma di pochissimo, sotto il valore minimo che abbiamo trovato sulle tabelle di internet, troviamo un valore pari al numero caratteristico della costante di Dirac diviso per 2

1bohr ∙ 2 = 0,527285814.. ∙ 2 = 1,054571628.. = ħ

Lo ripetiamo per l’ennesima volta, ma forse conviene farlo: se avessimo una calcolatrice in grado di fare l’inverso del prodotto fattoriale e di calcolare l’inverso di xx = y (e dunque x√y = x) potremmo fare con grande facilità delle cose che forse cambierebbero radicalmente il nostro modo di vedere le costanti della fisica. Per esempio, potremmo stabilire una continuità fra un intorno numerico con centro localizzato in 2/ɸ e valori di rilievo matematico e scientifico quali e – 2, re/rp, π, rp, c, e 1bohr, o fra 1bohr e rp, π, h, ħ, e altre cose simili. Tanto per avere un’idea del progresso che potrebbe rappresentare questo modo di mettere in relazioni le costanti, si pensi xx = 0,544758408..0,544758408..= e – 2 possiamo ricavare anche una discreta approssimazione di rp e dunque anche di re

(1 + 1/0,544758408..)= √2,354871254.. = 1,534558977.. ≈ rp = 1,535

1/0,544758408.. ∙ √(1 + 1/0,544758408..) = 1,835676.. : 1,534558.. = 2,816953.. ≈ re = 2,81777

32.

Questo sistema di relazioni, prevedibilmente, è enormemente più ampio di quanto possiamo renderci conto in questo momento. In effetti, i rapporti che si possono instaurare attraverso il prodotto fattoriale sembrano attraversare tutto il panorama dei numeri caratteristici delle costanti della fisica, attraverso delle funzioni che, se in certi casi sono davvero molto semplici, in altri sembrano davvero capaci di dare le vertigini. Per esempio, se partiamo dall’angolo giro, possiamo facilmente ricavare un’approssimazione del numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone. Da questa poi possiamo passare in modo piuttosto diretto a un’ottima approssimazione del numero caratteristico di ħ, semplicemente sottraendogli 1 e facendo per 6 volte il suo prodotto fattoriale

inv. Ln (1 + 360°/104) = inv. Ln 1,036 = 2,817922.. ≈ re = 2,81777

(re – 1)6! = (2,817922.. – 1)6! = 1,817922..6! = 1,054397.. ≈ ħ = 1,054571..

Da questo stesso valore di ħ possiamo di nuovo ricavare il raggio classico dell’elettrone da cui siamo partiti. Il valore che otteniamo è leggermente inferiore, ma sempre fra quelli che possiamo considerare come sperimentalmente possibili

inv. Ln 3√1,054397203143..2 = inv. Ln 3√1,111753461.. =

= inv. Ln 1,035943723.. = 2,81776.. ≈ re = 2,81777

Soddisfazioni ancora maggiori del nostro senso estetico-matematico le possiamo ricavare dal numero caratteristico della massa dell’elettrone me = 9,1091. Se “stiriamo” questo valore molto leggermente verso il basso, possiamo ricavare una funzione “perfetta” di π, cioè 2 + (Ln π)4, da cui poi sarebbe facilissimo ottenere il valore esatto di π. Si noti che tutti i valori presenti in questa funzione, a parte il numero di Eulero, sono riconducibili al 2 o al suo inverso o al suo quadrato

(-me/10)3! = (-0,91090804685..3)! = 2,7171652255.. = 2 + (Ln π)4

Se facciamo entrare nelle nostre considerazioni anche la trigonometria, possiamo addirittura risalire da me fino al valore esatto di c. Il primo passo è derivare un angolo connesso con il numero caratteristico di me – che in questo caso stiriamo molto leggermente verso l’alto – attraverso il seno iperbolico

sinh x = (-re/10)!! = -0,91091523153..!! = 20686620,550760500699519484822369

x = 17°,538144879616391105094902849144

A questo punto, possiamo arrivare all’angolo con tangente pari a c attraverso una funzione della tangente di questo che abbiamo appena derivato

cos y = 1/(10 ∙ tg 17°,538144..) = 1/3,160308811976897.. = 0,31642477349372086020885780229603

y = 71°,553152487848160666964981816528

tg 71°,553152487.. = 2,99792458 = c

Dal prodotto fattoriale di 71°,553152487.. possiamo poi arrivare al rapporto fra il numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone e di quello del protone

(4log 71°,553152487..!)! = -0,517456698928..! = 1,835668.. ≈ re/rp = 2,81777/1,535 = 1,835680..

Non meno stupefacente sembra il fatto che attraverso il rapporto fra il prodotto fattoriale del numero caratteristico della massa dell’elettrone me = 9,109410289.. diviso per 10, e il doppio prodotto fattoriale di quello del suo raggio classico re = 2,81777, possiamo di nuovo ricavare c con l’ausilio di π

π : [(-me/10)! : -re!!] = π : [(-9,109410289../10)! : -2,81777!!] = π : (-0,9109410289..! : -2,81777!!) =

= π : (10,732822850.. : 10,242000507..) = π : 1,047922507.. = 2,99792458 = c

33.

Quanto abbiamo visto fino ad adesso sembra dimostrare come, nell’ambito del sistema armonico che stiamo analizzando, i valori cruciali della scienza possano comparire in delle forme diverse da quelle a cui siamo abituati. In particolare, abbiamo visto più di una volta comparire delle costanti scientifiche nella forma 1 + x/10. Una cosa che può lasciare al tempo stesso stupiti e un po’ perplessi. Ma, al di là di quello che abbiamo visto in questa sede, nei lavori passati abbiamo avuto modo di constatare come il codice matematico-trigonometrico che andiamo esplorando ci offra continuamente funzioni in cui il 10 ha un ruolo molto importante per armonizzare fra di loro numeri che riguardano estensioni diverse. Certe volte è capitato addirittura che il 10 fosse capace di mettere in rapporto numero con un’estensione e altri che un’estensione non ne possiedono alcuna. eInfatti, per mezzo del 10, noi possiamo mettere in relazione G, che ha un’estensione newton ∙ m2/kg2, con la costante di struttura fine α, che è un numero puro (il che sembra un ulteriore indizio che i numeri fondanti della fisica possano essere trattati, in ultima analisi, come numeri puri). Se prendiamo un’approssimazione pari a α = 1/137,0617.., la moltiplichiamo per –102 e poi ne facciamo il prodotto fattoriale, ecco che di nuovo ci troviamo di fronte al numero caratteristico di G, che in alcune tabelle si trova in un valore del tutto simile a quello che calcoliamo qui di seguito (il minimo che si trova è di solito 6,67, il massimo arriva a sfiorare 6,675, un valore praticamente identico a quello che caratterizza la massa del neutrone mn = 1,6749 più (ɸ + 1/ɸ)2 = 5)

(α ∙ -102)! ∙ 2 = -0,7296..! ∙ 2 = 6,674775.. ≈ G = 6,672

Una cosa simile accade nel caso di c = 2,99792458. Attraverso sequenze di prodotti fattoriali e di logaritmi in base 10, arriviamo infine a una funzione del numero caratteristico del raggio classico del protone rp = 1,535 e del 10, e cioè 1 + (rp – 1)/10. Un fatto di questo genere risulta interessante, anche perché, ove moltiplichiamo il risultato di questa funzione per , otteniamo una discreta approssimazione di h = 6,626

(3log 2,99792458!!) 4! = (3log 699,258..) 4! = -0,342918304.. 4! = 1,0535324.. ≈ 1 + (rp – 1)/10 = 1,0535

(3log 2,99792458!!) 4! ∙ 2π = 6,619539.. ≈ h = 6,626 ≈ 4 + ɸCheope2 = 6,619834710

Quest’approssimazione di h che abbiamo appena ricavato è molto interessante perché da essa possiamo risalire a una discreta approssimazione del valore assoluto del raggio classico dell’elettrone rp = 2,81777 ∙ 10-15

tg x = [(3log 2,99792458!!)4!] : 10 = 0,66195396684422399922755388366637

x = 33°,502725298665298909127779771133

1/e33°,502725298.. = 1/354853199968607,764.. = 2,818066.. ∙ 10-15

E qui possiamo notare di passaggio che da 1/re = 1/(2,81777 ∙ 10-15) possiamo ricavare una discreta approssimazione di hPlanck/102 = 0,0655 e di 1 + (re/rp) = 1,1836

3log 1/re = 3log 1/(2,81777 ∙ 10-15) = 3log 354890569492896,865.. = 0,065529.. ≈ hPlanck/102 = 0,0655

4log 1/re = 4log 1/(2,81777 ∙ 10-15) = 4log 354890569492896,865.. = -1,18356.. ≈ -[1 + (re/rp)] = -1,1836

Se pensiamo nei termini in cui siamo stati educati alla scienza e alla matematica nella modernità, possiamo considerare con ogni sorta di legittimità relazioni di questa sorta come una coincidenza, o, peggio, come una delle tante truffe che si possono condurre in porto con gli strumenti perfettamente legali della matematica. Infatti, come tutti sappiamo, qualsiasi valore si può ottenere per mezzo di qualsiasi altro, purché lo si inserisca in una funzione sufficientemente complessa. Ma, in questo caso particolare, sembra difficile parlare di coincidenza, o di truffa, dato che troviamo una funzione caratterizzata 1 + (rp – 1)/10 nella radice h2 = 43,903876 di π. E da π, in questa sede come anche in alcuni lavori passati, abbiamo derivato in modo molto diretto tanto il valore di h ch quello di ħ, sia servendoci di relazioni trigonometriche, sia di altro tipo. Dunque, nella funzione che vediamo qui di seguito usiamo h solo come abbreviazione di una funzione che, in realtà, ha la forma f(π)

(√π)2 = (43,903876√3,141592653..)2 = 1,053530704.. ≈ 1 + (rp – 1)/10 = 1,0535

Che cose di questo genere non siano coincidenze ce lo conferma il fatto che troviamo una funzione che ha come risultato 1 + rp/10 anche all’interno del valore stesso di rp, che qui di seguito, a ennesima conferma della possibilità di ricavare tutte le costanti a partire da π, ɸ, il 10 e il numero di Eulero, ricaviamo con ottima approssimazione da π/2

3√-(π/2)! = –3√-1,57079632..! = –3√-3,616743.. = 1,534991.. ≈ rp = 1,535

A questo punto, la funzione di rp e del 10 di cui parlavamo sopra, la possiamo scrivere in tutta comodità come una funzione di π (è un cosa che in questo caso possiamo fare, visto che le complicazioni espositive sono minime: ma è bene tenere a mente che potremmo farlo quasi sempre)

3√[-3√-(π/2)!] = 3√1,534991.. = 1,1535470.. ≈ 1 + rp/10 = 1,1535

In effetti, tenendo conto del principio di indeterminazione, noi potremmo addirittura arrivare a definire il raggio classico del protone come la x (o, almeno, come una delle x) in grado di risolvere l’equazione che vediamo qui sotto. Un’equazione piuttosto inconsueta in un ambito come quello della fisica, dato che ha la forma f(x) = x

(3√x – 1) ∙ 10 = x = (3√1,53467305145.. – 1) ∙ 10 = (1,15346730514.. – 1) ∙ 10 =

= 0,15346730514.. ∙ 10 = 1,5346730514..

Quindi, da tutto quel che abbiamo visto, potremmo dire che il numero caratteristico ella costante che descrive il raggio classico del protone non è altro un punto di intersezione di funzioni che riguardano √π, 2/ɸ, e – 2, e il 10: ovvero, proprio di quei numeri che noi supponiamo essere a fondamento del sistema armonico delle costanti ma che, dopo che abbiamo dimostrato che π può essere ricavato dal prodotto fattoriale di 1/2, sono a loro volta tutti rigorosamente connessi con dei numeri interi o razionali, o come il numero di Eulero, con la serie dei numeri naturali.

Ma, ovviamente, un fatto come questo non può riguardare soltanto il raggio classico del protone. In effetti, un ritmo matematico simile, se così possiamo esprimerci, sembra caratterizzare l’approssimazione del numero caratteristico della massa del protone mp = 1,6725, che può essere ricavato da √π – e dunque anche dal prodotto fattoriale di -1/2 – in un modo molto armonico e, si starebbe per dire, quasi musicale

1 + 1/10 + Ln √π = 1 + 1/10 + 0,572364.. = 1,672364.. ≈ mp = 1,6725

In modo molto simile possiamo ricavare il valore di ħ a partire da π/2

[1 + 1/10 + (π/2)/102]! = 1,115707963..! = 1,054573072.. ≈ ħ = 1,054571628..

Possiamo invece ricavare il valore del numero caratteristico di 1eV senza neppur bisogno di far ricorso al prodotto fattoriale

1/[(2 ∙ 3)/10 + (1 + √2)/102] = 1,602199.. ≈ 1eV = 1,6022

34.

Il significato di fatti di questo genere sembra inequivocabile, in specie se ci ricordiamo che nei lavori passati ne abbiamo trovati un numero rilevante. Qui non abbiamo a che fare con degli incidenti casuali, ma con un sistema. Il 10, in questo contesto, proprio come π, ɸ e il numero di Eulero, serve come trait d’union fra i numeri fondamentali della scienza. Ma sembra del tutto chiaro che il 10 possa recitare questo ruolo solo se i numeri sono espressi nel sistema decimale, e se il sistema di misura che usiamo per registrare i valori delle costanti della fisica è quello correntemente in uso, vale a dire il sistema metrico decimale.

Il caso del raggio classico del protone sembra particolarmente istruttivo, dato che da una funzione di π e del 10 possiamo ricavarlo con modalità diverse da quelle che abbiamo già visto, ma con un grado d’approssimazione che pare ancora una volta ottimo. Il fatto che i numeri caratteristici delle costanti della fisica non derivino da una sola funzione, ma possano essere ricavate da molte di esse, di nuovo, sembra significare che esse possano o addirittura debbano essere paragonate alla rete neuronale. Infatti, anche i neuroni sembrano tutti uguali. Però ce ne sono alcuni che hanno migliaia di connessioni, altri invece che ne hanno due o tre soltanto. E potrebbe proprio questa capacità di connettersi al sistema in modo molteplice che fa sì che certi numeri, che corrispondono alle costanti della scienza, siano più importanti di altri

{1 + [(9√π – 1) ∙ 10]} = √{1 + [(1,135635.. – 1) ∙ 10]} =

= √[1 + (0,135635.. ∙ 10)] = √(1 + 1,35635..) = √2,35635.. = 1,535041.. ≈ rp = 1,535

Che il sistema delle costanti che, per esempio, descrivono i parametri del protone, sia un sistema armonico, e non un accozzaglia di numeri qualsiasi, lo possiamo vedere anche da questo: che una volta ottenuto il raggio del protone da π, possiamo ottenere anche la sua carica elettrica e la sua massa facendo ancora riferimento a π: cioè proprio a quel valore da cui siamo partiti per derivare il raggio classico stesso. Tutto questo ci porta a sostenere che il protone, almeno su un piano matematico, possa essere pensato come una funzione di π. Ma, siccome π lo possiamo immaginare come funzione del 2, ecco che tutto quanto deriviamo da π lo possiamo immaginare come una funzione del 2. Ma se accettiamo che si possa dar inizio alla serie dei numeri naturali per mezzo del prodotto fattoriale di 0, ecco che, incredibile ma vero, tutto quello che si può derivare da π possiamo immaginarlo infine come una funzione di 0.

Per provare la fondatezza della nostra ipotesi, possiamo cominciare col dedurre da rp il numero caratteristico della carica elettrica unitaria, che, come abbiamo detto, è lo stesso che quello che caratterizza 1eV

27√10/π ∙ √{1 + [(9√π – 1) ∙ 10]} = 27√3,183098.. ∙ 1,535041.. =

= 1,043816.. ∙ 1,535041.. = 1,602300.. ≈ 1eV = 1,6022

A questo punto è facile arrivare al numero caratteristico della massa del protone

{ 27√10/π ∙ √{1 + [(9√π – 1) ∙ 10]}}2 : √{1 + [(9√π – 1) ∙ 10]} =

= 1,602300..2 : 1,535042.. = 1,672504.. ≈ mp = 1,6725

Risulta parimenti legata a una funzione di π anche la proporzione fra la massa del protone ed il suo raggio classico

[27√(10/π)]2 = (27√3,183098..)2 = 1,043816..2 = 1,089552..mp/rp = 1,089576..

Sembra un’ulteriore conferma del significato matematico-scientifico di queste relazioni il fatto che dal numero caratteristico di 1eV , proprio quello che abbiamo ricavato poco sopra per mezzo di una funzione di π, possiamo ricavare anche un’ottima approssimazione di quello della costante di Dirac, della costante di Planck e anche di quella di Newton

18√{1+ { 27√10/π ∙ √{1 + [(9√π – 1) ∙ 10]}}2} =

= 18√(1 + 1,602300..) = 18√2,602300.. = 1,054569.. ≈ ħ = 1,054571..

¹⁸√{1+ { ²⁷√10/π ∙ √{1 + [(⁹√π – 1) ∙ 10]}}²} ∙ 2π = 1,054569991.. ∙ 2π = 6,626058.. ≈ h = 6,626

Ln {¹⁸√{1+ { ²⁷√10/π ∙ √{1 + [(⁹√π – 1) ∙ 10]}}²} ∙ 2π} Ln {¹⁸√{1+ { ²⁷√10/π ∙ √{1 + [(⁹√π – 1) ∙ 10]}}²} ∙ 2π} = (Ln h)Ln h ∙ 2 =

= (Ln 6,626058..)Ln 6,626058.. ∙ 2 = 1,891010..1,891010.. ∙ 2 = 3,336036.. ∙ 2 = 6,672073.. ≈ G = 6,672

Da funzioni di π possiamo ricavare anche il numero caratteristico della costante che descrive il raggio classico dell’elettrone re = 2,81777, mentre quanto alla sua massa me = 9,1091 possiamo far ricorso a una funzione del 2, ovvero dal numero che è all’origine di π

inv. Ln [1 + (2inv. Ln √π)/104] = inv. Ln (1 + 359,702481../104) =

inv. Ln 1,0359702481.. = 2,817838.. ≈ re = 2,81777

inv. Ln 3√(sen π/2 + cos π/2 + tg π/2)2 = inv. Ln 3 1,054458788..2 =

= inv. Ln 3√1,111883337.. = inv. Ln 1,035984061.. = 2,81787.. ≈ re = 2,81777

-0,182119965470725..! = 1,14472988584940017.. = Ln π

3 – 0,182119965470725.. = 2,817880.. ≈ re = 2,81777

10 – 1/6√2 = 10 – 1/1,122462048309.. = 10 – 0,890898718140.. = 9,109101.. ≈ me = 9,1091

E qui sembra interessante notare come i numeri caratteristici di re e me siano connessi anche immediatamente fra di loro da dei rapporti armonici, e non solo per mezzo di π. Questa connessione che avviene per mezzo del 10 ci sembra particolarmente istruttiva quanto a come dobbiamo pensare il sistema delle costanti

10 – (1/re)! = 10 – (1/2,81777)! = 10 – 0,354890569..! = 10 – 0,890666.. = 9,109333.. ≈ me = 9,1091

Un altro esempio che ci sembra utile di portare è quello che riguarda i rapporti che, attraverso la trigonometria, si possono istituire fra il numero caratteristico della costante che descrive la massa del protone e quello del raggio classico dell’elettrone. Sopra avevamo visto che da quel numero da cui si può ricavare mp = 1,6725 per mezzo del prodotto fattoriale si può ricavare anche un’approssimazione di π di cui abbiamo già mostrato delle importanti caratteristiche armoniche. La rivediamo qui sotto

-0,5069888295..!! = mp = 1,6725

1/(1/0,5069888295) – 0,5069888295)3 = 3,1470613266047083068899090041583

Ebbene, se prendiamo l’angolo il cui seno è pari all’inverso di quest’approssimazione di π e gli applichiamo la funzione y√x = y, scopriamo che la y in questione è un valore sperimentalmente possibile del raggio classico dell’elettrone

sen x = 1/3,1470613266047083068899090041583 = 0,31775675661169173215740346650366

x = 18°,527317151586765839772642609882

y√18°,5273171515.. = y = 2,81786296415..√18°,5273171515 = 2,81786296415.. ≈ re = 2,81777

A partire dalle equazioni sottostanti possiamo invece farci un’idea della complessità dei rapporti che il numero caratteristico della costante di Planck intrattiene con quelli che invece caratterizzano il raggio classico e la massa dell’elettrone, del protone e del neutrone

1/mp³√h = 1/1,6725³√6,626 = 1/4,678411..√6,626 = 1/ 1,49809.. = 0,66751.. ≈ G/10 = 0,6672

6√me/6,626 = 6√9,1091/6,626 = 6√1,374750.. = 1,054477554.. ≈ ħ = 1,054571

c – 1√h/re = 1,99792458√6,626/2,81777 = 1,99792458√2,351504.. = 1,534142.. ≈ rp = 1,535

mn√hPlanck = 1,6748√6,55 : 2 = 3,071612.. : 2 = 1,535806.. ≈ rp = 1,535

me√(1 + π/10)re⁴ = 9,1098√1,31415926532,81794⁴ = 9,1098√1,314159265363,05607981391816366096=

= 9,1098√30302456,965855.. = 6,626069.. ≈ h = 6,626

{{[(me)re]mn}mp}1eV : 1013 =

= {{[(9,1094180325..)2,81777]1,6748}1,6725}1,6022 : 1013 = 2Ln (2 + Ln π) = 0,1360402424..

h√{{{[(me)re]mn}mp}1eV}rp = 6,626√[2Ln (2 + Ln π) ∙ 1013]1,5350677.. = 647,213.. = 4ɸ ∙ 102

c√{{{[(me)re]mn}mp}1eV}rp =

2,99792458√[2Ln (2 + Ln π) ∙ 1013]1,53408495997.. = 1618033,988.. = ɸ ∙ 106

{{c√{{{[(me)re]mn}mp}1eV}rp : 1018} – 3} =

= √{{2,99792458√[2Ln (2 + Ln π) ∙ 1013]1,53408495997: 1018} – 3} =

= √[(4112223054890652909,855.. : 1018) – 3] =

= √(4,112223054.. – 3) = √1,112223054.. = 1,054619.. ≈ ħ = 1,054571..

mp√{mn√{re√[G√(me)]}} ∙ 2π = 1,6725√{1,6748√{2,81777√[6,672√9,1091)]}} ∙ 2π =

= 1,0428450493.. ∙ 2π = 6,55238.. ≈ hPlanck = 6,55

Qui sotto mostriamo una relazione che sembra dimostrare definitivamente la fondatezza della tesi che le costanti della fisica formano un sistema armonico. Se prendiamo π√3 ed eleviamo questo valore prima alla mp = 1,6725, poi alla me = 9,1091 e del risultato che abbiamo in questo modo ottenuto facciamo la radice re = 2,81777, arriviamo di nuovo a un’approssimazione sperimentalmente possibile della costante di Planck

re√{[(π√3)mp]me} = 2,81777√[(1,418640689..)1,6725]9,1091 =

2,81777√(1,794760941..)9,1091 = 2,81777√205,954652.. = 6,624234.. ≈ h = 6,626

Con ogni evidenza, il 3 ha profondamente a che fare con il sistema armonico delle costanti. Per rendercene conto ci basta dare un’occhiata alle altre equazioni che vediamo qui sotto

me√{[(3c -1)rp]mn}mp = 9,10984√{[(31,99792458)1,535]1,6748}1,6725 = 2,817858.. ≈ re = 2,81777

(mp⁵π4)π = (1,67268316..⁵π4)π = (13,093882005..π4)π = 1,418640689..π = 3

{[(1eVπ) ∙ π] – 5}π = {[(1,60219394151..π) ∙ π] – 5}π = [(2,043116787.. ∙ π) – 5]π =

= (6,4186406899.. – 5)π = 1,4186406899..π = 3

rp1eV² = 1,53421,6021225² = 1,53422,56679650500625.. = 3

3√{[(3mp)mn]re} = 3√{[(31,672494)1,67479]2,81777025} = 3√5832 = 2 ∙ 3² = 18

3G – 5 = 36,672907799.. – 5 = 31,672907799.. = 6,28318530.. = 2π

1eVmp³ = 1,60211,6724³ = 1,60214,677571951424 = 9,066724660.. ≈ 32 + G/102 = 9,06672

Questa problematica merita di essere sviluppata in un articolo a parte. Ma si nota che il sistema delle costanti ha qualcosa da vedere con dei numeri “cruciali” della serie di Fibonacci, quali il 2, il 3, il 5, l’8 – che però possono tutti essere intesi come funzioni del 2. L’8 può essere scritto come 23 – il 13 può essere scritto come come 23 più 2 più la somma fattoriale di 2, cioè 2 + 1 + 0 = 3. Anche il 4, che vediamo ricorrere più volte, può essere inteso come 22

3inv. Ln -(mn⁵π4)2 = 3inv. Ln -(1,67539184..⁵π4)2= 3inv. Ln -(13,200244619..π4)2 =

= 3inv. Ln -(1,414648960..²) = 3inv. Ln -2,0012316.. = π

reπ⁴ = 2,817796642..π⁴ = e13/8 = e1,625 = 5,0784190371800811144887489580334

⁵√13 + 5 = 6,670277.. ≈ G = 6,672

[13 : (h : log h)]!3 = [13 : (6,62521166.. : log 6,62521166..)]!3 =

(13 : 8,067722377..)!3 = 1,611359364..!3 = 1,44191690..3 = 2,99792458.. = c

{{[(rp)1eV]mp}mn}re = √{{[(1,534627..)1,6022]1,6725}1,6748}2,81777069 =

= √225 = 3 ∙ 5 = 15

1eVrp³ ∙ 10 = 1,60221,53496..³ ∙ 10 =

= 1,60223,616522635367936 ∙ 10 = 55 = 10 + 9 + 8 + 7 + 6 + 5 + 4 + 3 + 2 + 1 + 0

rere : 107 = 9,109390353171..9,109390353171.. : 107 = 55

reme² = 2,817781270856441..9,1091² =

= 2,817781270856441..549487733,591659.. = 2,144729885849.. ∙ 1037 = (1 + Ln π) ∙ 1037

rp√{1eV√{mp√[mn(c√c)]}} =

= 1,535√{1,6022√{1,6725√[1,6748(2,99792458√2,99792458)]}} 1,054599.. ≈ ħ = 1,054571..

(3√e)h = (3√2,718281828..)h = 1,395612..6,626 = 9,103570.. ≈ me = 9,1091

π : (20/π)²√(20/3) = π : 6,366197723675..²√6,666666.. = π : 40,5284734569..√6,666666.. =

= π : 1,047922423080.. = 2,99792483.. ≈ c = 2,99792458

tg x = 20/π√20π – 1 = 0,91627323259970722307533904941705

x = 222°,49819537881083668709678908329

222°,498195.. : 360° = 0,618050.. ≈ 1/ɸ = 0,618033..

[(x/10)! ∙ 10] = x = 2,995885936051.. ≈

Ln 20 = 2,995732273553.. ≈ c = 2,99792458

35.

E qui dobbiamo ripetere un concetto che abbiamo già esplicitato in precedenza. Se continuiamo a pensare al sistema della fisica come un sistema di numeri esatti, che però noi non riusciamo ad afferrare perfettamente, le considerazioni che andiamo svolgendo sono destinate a sembrarci del tutto inutili, o addirittura completamente assurde. Ma se invece accettiamo che le costanti della scienza siano degli intorni numerici, ecco che, per esempio, possiamo renderci conto che un’approssimazione del numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone pari a re = 2,81794 è una delle potenze che possono fare da trait d’union fra G e 1eV: cioè fra due numeri che abbiamo dedotto a partire da funzioni di π che, anche in questo caso, entra nella relazione come elemento “armonizzante”

(π/1eV)x = G = (π/1eV)re = (π/1,60211)2,81794 = 6,670030.. ≈ G = 6,67

La massa dell’elettrone può essere invece facilmente derivata da un’approssimazione di h nel modo che vediamo qui sotto

1/(h/20)2 = 1/(6,626622957../20) = 1/0,331331147..2 = 1/0,109780329.. = 9,1091 = re

Se “stiriamo” il valore di h verso l’alto di circa 40 milionesimi, possiamo derivare il valore di c; se arriviamo a toccare un valore che supera di poco i 6,627 (ma ricordiamo che in alcune tabelle che si trovano su internet il valore di h arriva a 6,63) possiamo ottenere G/10

inv. Ln [inv. Ln (h – 5)4]/103 = inv. Ln [inv. Ln (6,6266446982304558150462459503264 – 5)4]/103 =

inv. Ln [inv. Ln 1,626644698230..4]/103 = inv. Ln [inv. Ln 7,001172980626..]/103 =

= inv. Ln 1097,920242../103 = inv. Ln 1,097920242592.. = 2,99792458 = c

2Ln (h – 5)4] = 2Ln (6,6278867344062531742794114793459 – 5)4 =

= 2Ln 1,627886734406..4 = 2Ln 7,0225806665.. = 0,667383.. ≈ G/10 = 0,6672

E qui possiamo notare di passaggio che da π/1eV e da h/2 può parimenti essere derivato il valore di c. Ci basta solo “stirare” leggermente verso l’alto il valore di h, e verso il basso quello di 1eV e, di nuovo, il gioco è fatto

π : [(h/2)π/1eV : 10] = π : [(6,627678214../2)π/1,6021 : 10] = π : [3,313839107..1,960921.. : 10] =

= π : (10,479225107.. : 10) = π : 1,047922510.. = 2,99792458 = c

Si noti che il valore di h che abbiamo appena usato è vicinissimo a uno di quelli che possiamo trarre da una funzione “pura” di π

{{[(2 + Ln π) ∙ 2] : 102} + 1} π³ = 6,627694191.. ≈ h = 6,626

Questo significa che quel valore particolare valore di h che abbiamo sopra utilizzato costituisce anche il trait d’union fra π, c, 1eV, e la costante gravitazionale G. Un fatto che possiamo cogliere nella sua importanza solo quando ci ricordiamo che possiamo derivare un valore di c vicinissimo a quello sperimentalmente stabilito per mezzo della funzione di π e di ɸ (e cioè, in ultima analisi, di funzioni di 0!) che rivediamo qui di seguito

π : 32√[(2ɸ – 1) ∙ 2] = 2,99792855.. ≈ c = 2,99792458

[(h/2)π/1eV : π/2 = 10π/c : π/2 = 10,479225107.. : 1,570796326.. = 6,671281.. ≈ G = 6,672

36.

Come possiamo vedere, la complessa ramificazione dei rapporti matematici che legano fra di loro le costanti si estende per tutto il sistema della fisica, secondo delle modalità assolutamente inaspettate. Per esempio, qui di seguito possiamo vedere quel numero per mezzo del quale, attraverso 5 prodotti fattoriali, possiamo ottenere la parte decimale della costante che ci serve per calcolare la velocità della luce, c – 2 = 0,99792458

0,7828964.. 5! = 0,99792458.. = c – 2

Ebbene, dal valore negativo di questo stesso numero, elevato alla nona potenza, possiamo ottenere un’approssimazione straordinariamente buona di un’altra funzione caratterizzata da π e dal 10: 1 + (√π – 1)/10.

-0,7828964..9! = -0,11049399202628..! = 1,077242911.. ≈ 1 + (√π – 1)/10 = 1,077245385.. (-0,000002474..

Vedendo ciò, a questo punto forse non ci stupisce che da questo stesso valore possiamo ricavare, sia pure in modo piuttosto complicato, anche il numero caratteristico del raggio classico del protone

[-1/(3√-0,7828964..!! : 2)]! = √[-1/(3√33,040600.. : 2)]! = √[-1/(3,208849211.. : 2)]! =

= √(-1/1,60442460..)! = √-0,623276404852..! = √2,359239.. = 1,535981.. ≈ rp = 1,535

Ciò significa che, se avessimo a disposizione l’inverso del prodotto fattoriale potremmo derivare c – 2 da 1 + (√π – 1)/10, stabilendo in questo modo l’ennesima connessione fra una funzione di π e una funzione di una costante scientifica di primaria importanza, che si connette in modo praticamente interminabile a tutte le altre.

In ultima analisi, considerando che √π è una funzione di 1/2, noi potremmo ricavare la velocità della luce con una funzione in cui compaiono solo l’1, il 2, e, nell’esponente della radice, il 3 e il 2 nella forma 32 = 9, oltre che l’onnipresente 10 che, come abbiamo detto, in questo sistema armonico ha un ruolo strutturale che lo rende praticamente insostituibile e, in un certo senso, ancora più unico di π, ɸ e del numero di Eulero. Ma, come abbiamo visto, sia il 3 che il 10 possono essere immaginati come funzioni del 2, come del resto il 2 e l’1 possono essere immaginati come funzioni di 0. Dunque, se mettessimo a punto un simbolismo adeguato, noi potremmo rappresentare c, come del resto tutto il complesso sistema armonico delle costanti della fisica – specchio matematico della struttura dell’universo – come un sistema di funzioni dello 0.

Il costante isomorfismo logico che troviamo fra le funzioni di π e le costanti della fisica fa sì che anche un valore come (√π – 1)/10 -? = -0,7828964.., si connetta anche alla costante di Planck, con l’ausilio di un altro numero che, a questo punto del lavoro, forse non ci sembra più un corpo estraneo, messo lì solo perché fa tornare i conti: il 3. Anche in questo caso, potremmo scrivere l’equazione che vediamo sotto in modo tale che in essa compaiano solo l’1, il 2 e il 3 e non lo facciamo solo per non complicare troppo l’esposizione. Ma a questo punto è del tutto chiaro che i numeri della Trinità, oltre a rappresentare simbolicamente il Dio della Cristianità, se utilizzati secondo un certo codice, sono in grado da soli di ricostruire le leggi che governano l’universo che, secondo la Cristianità, fu generato da questo Dio Uno e Trino “secondo numero, peso e misura“.

[3 + (0,7828964.. ∙ 4)/10] ∙ 2 = [3 + 3,1315856../10] ∙ 2 = 6,62632.. ≈ h = 6,626

Il particolare significato del 3 nell’ambito del sistema armonico che stiamo analizzando si rende ancora più chiaro quando scopriamo che esso si connette al valore di h anche in un altro modo, che ha veramente del vertiginoso. Infatti, se facciamo e3, troviamo un numero molto vicino al 20, con un resto decimale di circa 86 centesimi

e3 = 20,085536923187667740928529654582

Ebbene, se prendiamo questo resto decimale nel valore negativo (e dunque un valore pari a 20 – e3) e facciamo per due volte l’inverso del logaritmo in base 10, quel che viene fuori è un’approssimazione del numero caratteristico di h del livello di quella che abbiamo ricavato poco sopra

2inv. log0,085536923187667740928529654582 = 6,625623.. ≈ h = 6,626

Se facciamo un’operazione simile con ec = e2,99792458, riusciamo a ottenere un’approssimazione di π che differisce dal valore esatto di una diecina di milionesimi

e2,99792458 = 20,043894226137236392792223151468

3inv. Ln 3√-(2inv. log -0,043894226137..) = 3inv. Ln 3√-8,014373666593.. =

= 3inv. Ln 3√-2,001197088.. = 3,141609.. ≈ π = 3,141592653..

Questo significa ovviamente che con il procedimento inverso possiamo ricavare un’ottima approssimazione di c da π: ovvero, come abbiamo dimostrato nei lavori passati, da -0,5!1/0,5 = √π2 = π

Ln [-2log -(3Ln π)3 + 20] = Ln [-2log 8,014788772.. + 20] = Ln (0,043883418.. + 20) =

= Ln 20,043883418.. = 2,99792404.. ≈ c = 2,99792458

Ci dà un’idea chiara della complessità e dell’armonia del sistema in cui ci stiamo muovendo anche il fatto che dalla differenza fra c e il logaritmo naturale di 20 possiamo arrivare al numero caratteristico della costante gravitazionale G. Si noti che la sequenza delle operazioni che vediamo qui sotto comprende solo numeri sacri, compreso π, che possiamo intendere come un’espressione stenografica del prodotto fattoriale di 1/2, compreso c, che, potendo derivare da una funzione di ɸ e/o di π, può di nuovo essere intesa come un’espressione stenografica di una funzione di 1/2, ancora più complessa di quella da cui possiamo derivare π

{{{{{[3log 1/(c – Ln 20)] ∙ -10} – 3} ∙ 10} – π!} ∙ 104} + 5 =

= {{{{[(3log 1/0,002192306446..) ∙ -10] – 3} ∙ 10} – π!} ∙ 104} + 5 =

= {{{{[(3log 456,14061018725..) ∙ -10] – 3} ∙ 10} – π!} ∙ 104} + 5 =

= {{{[(-0,3718824977494281.. ∙ -10) – 3] ∙ 10} – π!} ∙ 104} + 5 =

= {{[(3,718824977494281.. – 3) ∙ 10] – π!} ∙ 104} + 5 =

= {[(0,718824977494281.. ∙ 10) – π!] ∙ 104} + 5 =

= [(7,18824977494281.. – 7,188082728..) ∙ 104] + 5 =

(1,670459.. ∙ 10-4 ∙ 104) + 5 = 1,670459.. + 5 = 6,670459.. ≈ G = 6,672

Incredibile a dirsi, un’approssimazione di G molto simile a quella che vediamo qui sopra la possiamo derivare dalla funzione logaritmica di c che vediamo qui sotto. Il primo passo consiste nel derivare un’approssimazione del valore di ħ che segue dal valore di h che fu calcolato da Planck all’inizio del secolo scorso.

2Ln (ec – c) = 1,0423642102.. ≈ ħPlanck = 6,55/2π = 1,042464877.. (-1,006670004.. ∙ 10-4

Dalla differenza che abbiamo registrato qui sopra segue poi facilmente l’approssimazione del numero caratteristico di G, dato che la differenza ha la forma 1 + G/103 ∙ 10-4

(1,006670004.. ∙ 10-4 – 1) ∙ 103 = 6,670004.. ≈ G = 6,672

Invece, dalla funzione del 3 e di Ln 20 che possiamo vedere qui di seguito, possiamo ricavare un’approssimazione del valore di ħ che oggi viene giudicato più esatto

3√{[1/(3 – Ln 20)] : (2 ∙ 102]} = 3√{[1/(3 – 2,99573227355..)] : (2 ∙ 102]} =

= 3√[(1/0,004267726..) : (2 ∙ 102)] = 3√(234,316.. : 200) = 3√1,17158399.. = 1,054203554.. ≈ ħ = 1,054571..

Quest’approssimazione è praticamente identica a quella che possiamo ricavare dal numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone re = 2,81777. Questo significa che, in ultima analisi, il numero caratteristico del raggio classico dell’elettrone può essere considerato come una funzione del 3 e del 2 e dunque, di nuovo, in ultima analisi, di 0!

[(1/log 2,81777) : 2] = √[(1/0,449905541..) : 2] = √(2,222688784.. : 2) =

= √1,111344392.. = 1,054203202.. ≈ 3√{[1/(3 – Ln 20)] : (2 ∙ 102]} = 1,054203554.. ≈ ħ = 1,054571628..

Sembra anche molto interessante il fatto che dalla radice h = 6,6264057.. di π⁴ possiamo ricavare il logaritmo naturale di 20 meno 1

hπ⁴ = 6,6264057..π⁴ = 1,99573227.. = (Ln 20) – 1

37.

L’ipotesi che il 3 possa trovarsi nelle formule del paragrafo precedente, come nelle altre che abbiamo visto più sopra, per dei motivi diversi che il caso o l’arbitrio, sembra rafforzarsi in modo abbastanza cospicuo, quando ci rendiamo conto che da delle funzioni del tutto simili noi possiamo giungere ad approssimazioni di h che, insieme alle molte che abbiamo già derivato, vanno a formare una famiglia piuttosto numerosa.

Notiamo che nel primo dei casi che analizziamo, un valore pari a h/2 è connesso in modo molto diretto con il numero caratteristico della massa dell’elettrone me = 9,1091. Il che significa che tutte le funzioni che seguono sono connesse altrettanto bene con h che con me

[√(1/me) ∙ 10] ∙ 2 = [√(1/9,1091) ∙ 10] ∙ 2 = √0,109780329.. ∙ 20 = 0,331331147.. ∙ 20 = 6,626622.. ≈ h = 6,626

[3 + (-√ɸπ/10)!/10] ∙ 2 = [3 + (-√5,083203../10)!/10] = [3 + (-√0,508320..)!/10] ∙ 2 =

= [3 + (-0,712965..!/10)] ∙ 2 = [3 + (3,133870../10)] ∙ 2 =

= (3 + 0,313387..) ∙ 2 = 3,313387.. ∙ 2 = 6,626774.. ≈ h = 6,626

{3 + [(-e/7)!3: 10]} ∙ 2 = [(3 + 3,131403.. : 10)] ∙ 2 = 6,626280.. ≈ h = 6,626

{3 + {[inv. Ln (-√π)!!!] : 10}} ∙ 2 = {3 + [(inv. Ln 1,142530855.. : 10]} ∙ 2 =

= [3 + (3,134691.. : 10)] ∙ 2 = 3,313469.. ∙ 2 = 6,626938.. ≈ h = 6,626

(3 – π)! ∙ 6 = -0,1411592653..! ∙ 6 = 1,104594.. ∙ 6 = 6,627566.. ≈ h = 6,626

{3 + [1/(πCheope/e)]8} ∙ 2 = {3 + [1/(3,142857../2,718281..)]8} ∙ 2 = [3 + (1/1,156192..)8] ∙ 2 =

= (3 + 0,864907..8) ∙ 2 = (3 + 0,313154..) ∙ 2 ) = 3,313154.. ∙ 2 = 6,626309.. ≈ h = 6,626

E qui sembra molto interessante notare che πCheope = 3,142857.. differisce di soli 7 decimillesimi dall’approssimazione di π che si può derivare da -2, come anche da quella che si può ricavare dal numero di Eulero

3inv. Ln -2 = 3,142191833.. ≈ inv. Ln 4√(e – 1) = inv. Ln 1,144915933.. = 3,142177193..

Il lettore potrà forse rimanere un po’ perplesso osservando l’ultima formula della lista, dove invece che il valore di π “normale” compare l’approssimazione che fu codificata nella Grande Piramide (uno dei cosiddetti numeri di Pitagora: 22/7 = 3,142857..). Inoltre, il 10 manca e compare invece il numero di Eulero. È difficile sintetizzare in poche parole come mai l’aver inserito questa formula possa essere invece del tutto legittimo. Però, considerando quel che abbiamo visto fino ad adesso, forse ci basterà osservare che nel 10 e nell’estensione π → πCheope, è contenuta un’approssimazione del numero di Eulero che differisce dal numero esatto di poco più di 0,164 miliardesimi

π : 8√(10/π – 1/inv. Ln πCheope2) = π : 8√(10/π – 1/inv. Ln 9,877551020..) = π : 8√(10/π – 1/19487,938..) =

= π : 8√(3,18309886183.. – 0,000051313790..) = π : 8√3,1830475480473634876539335372846 =

= 3,14159265358.. : 1,1557273497211.. = 2,718281828623.. ≈ e = 2,718281828459.. (+0,00000000016419..

Dunque, a questo punto possiamo avere pochi dubbi che il 10 faccia parte a pieno titolo del complesso e articolato sistema armonico delle costanti che andiamo analizzando. E in esso, come abbiamo già avuto modo di vedere, fanno parte in modo altrettanto costitutivo numeri fondamentali come 1, 2 e 3, che in tutte o quasi tutte le formule che abbiamo analizzato hanno a loro volta un loro ruolo particolare. In effetti, le radici che abbiamo utilizzato nel corso di questo come di altri lavori già pubblicati o sono quadrate, o sono cubiche, o sono potenze o funzioni del 2 o del 3. Quest’ultima che abbiamo visto, per esempio, vale 23 = 8.

Il caso che mostriamo qui di sotto, che è volutamente estremo, ci fa vedere come si possa ricavare un valore del numero caratteristico di ħ e uno di ℓP a partire dalla differenza fra π e c attraverso una potenza del 3 pari a 325 = 847.288.609.443 e una pari a 328 = 22.876.792.454.961

[Ln (π – c)]!!!847288609443 = 1,054231.. ≈ ħ = 1,54571..

{{[Ln (π – c)]!!!22876792454961} – 4} ∙ 10 = 1,616953.. ≈ ℓP = 1,616252..

E questo di nuovo ci rafforza nella nostra ipotesi di partenza. Ovvero, che il sistema delle costanti della fisica si origina da funzioni che possono essere tutte derivate da 0, per mezzo del prodotto fattoriale o del suo inverso, più quell’operazione che ci siamo permessi di chiamare “somma fattoriale”. Ciò fa sì che i numeri che si trovano più vicini a 0, vale a dire 0! = 1, e 1 + 1! = 2, e 2 + 1 + 0 = 3, siano più fondamentali di quelli che da essi derivano. Possiamo ricordare anche che due numeri come il 4 e il 10 si possono generare a partire da una funzione come xx che, proprio come il prodotto fattoriale, si fonda sul numero a cui applicata. Infatti, come abbiamo visto, noi possiamo ottenere il 4 dal 2 con 22 = 4. A questo punto, attraverso la somma fattoriale del 4, possiamo arrivare al 10 che, in questo senso, possiamo considerare come implicito nella struttura del 2, dato che 22 = 4 e 4 + 3 + 2 + 1 + 0 = 10.

38.

Volgendoci alla conclusione del nostro lavoro, possiamo analizzare quella funzione di π da cui abbiamo iniziato. Infatti, forse il lettore ricorderà che abbiamo iniziato il nostro articolo parlando di quel numero negativo il cui prodotto fattoriale è pari a 1 + (Ln π)/10. In quel momento, questa funzione di π ci sembrava forse piuttosto inusuale ma, a questo punto, oramai ci aspettiamo che da essa si possano dipartire connessioni molto interessanti. Ed è in effetti quel che di fatto succede, anche se, in questo caso, per individuarle abbiamo bisogno di far ricorso a funzioni trigonometriche, e non più a funzioni fattoriali

[1 + (Ln π)/10]-? = -0,15208351163..

Se adesso andiamo a vedere la tangente iperbolica dell’angolo corrispondente al valore positivo di questo numero, cioè 0°,15208351163.., scopriamo che facendone l’inverso otteniamo una quasi perfetta approssimazione del numero caratteristico della costante di Planck nel valore che oggi è considerato più preciso, vale a dire h = 6,626. L’inverso del seno iperbolico di 0°,15208351163.. corrisponde invece in modo praticamente perfetto al numero caratteristico della costante quale fu calcolato da Planck stesso all’inizio del secolo scorso hPlanck = 6,55

1/tanh 0°,15208351163.. = 1/0,150921725.. = 6,625951.. ≈ h = 6,626

1/sinh 0°,15208351163.. = 1/0,152670456.. = 6,550055.. ≈ hPlanck = 6,55

Considerando che il coseno iperbolico dell’angolo di 0°,15208351163.. è pari a circa 4√(π/3), attraverso questo stesso angolo possiamo ricavare anche un’ottima approssimazione della costante di Dirac

(1/tanh 0°,152083511..) : (6 ∙ cosh4 0°,15208351..) = 6,625951.. : 6,282958.. = 1,054590.. ≈ ħ = 1,054571..

Inoltre, se facciamo per due volte l’inverso del logaritmo naturale di 0,15208351163.., quel che otteniamo è una discreta approssimazione del doppio del valore del numero caratteristico di 1eV. Se invece facciamo la radice quarta dell’inverso di 0,15208351163.., arriviamo direttamente nei pressi del valore di 1eV = 1,6022

2inv. Ln 0,15208351163.. : 2 = 3,203543.. : 2 = 1,601771.. ≈ 1eV = 1,6022

4√1/0,15208351163.. = 4√6,575334757.. = 1,601324.. ≈ 1eV = 1,6022

Dunque 0,15208351163.., un numero dall’apparenza del tutto anonima, scaturito da una funzione di π che all’inizio di questo lavoro poteva sembrarci a sua volta figlia di un dio minore, si mostra già a questo punto capace di creare un sistema di relazioni matematico-trigonometrico abbastanza complesso, dato che fin dal paragrafo 3 di questo lavoro abbiamo cominciato a renderci conto delle connessioni di 1eV con il numero di Eulero e con il resto del sistema delle costanti.

Ma, se ci volgiamo a connessioni che esulano dalla trigonometria, ecco che il panorama si amplia di nuovo. Infatti, se prendiamo quell’approssimazione di hPlanck che vediamo lì sotto, che differisce dal valore esatto di un po’ meno di 2 decimillesimi, vediamo che, per mezzo del prodotto fattoriale questo valore si connette proprio con 1 + (Ln π)/10, come anche con il valore della costante di Planck così come oggi viene considerato più esatto, h = 6,626

(4Ln 6,5492506255886!)!!! = (4Ln 2059,906..!)!!! =

= -0,34377200651993..!!! = 1,11447298858494.. = 1 + (Ln π)/10

(log 6,5492506255886!) ∙ 2 = log 2059,906.. ∙ 2 = 3,313847.. ∙ 2 = 6,627694.. ≈ h = 6,626

Un paio di decimillesimi più in alto troviamo l’approssimazione di hPlanck che si connette esattamente con c

[-1/4log (6,54946683..!!)]!3 = 2,99792458 = c

Circa 6 millesimi più in alto troviamo un’approssimazione di hPlanck che si trova in relazione armonica con il suo prodotto fattoriale

(x! ∙ π) : 103 = x = (6,555889227157..! ∙ π) : 103 = (2086,8043537.. ∙ π) : 103 =

= 6555,88922715.. : 103 = 6,55588922715.. ≈ hPlanck = 6,55

Se prendiamo in considerazione un angolo pari a 6555°,88922715.. scopriamo che si tratta di un’entità a sua volta piuttosto interessante, dato che il prodotto fattoriale della sua tangente corrisponde con buona approssimazione a e2 + Ln π

(tg 6555°,88922715..)! = 3,978001137..! = 23,219085.. ≈ e2 + Ln π = 23,213404..

In un lavoro successivo, che speriamo di pubblicare entro poco tempo, avremo modo di dimostrare in modo inoppugnabile che il valore di h che fu calcolato da Planck all’inizio del secolo scorso, hPlanck = 6,55, lungi dall’essere frutto di un calcolo meno esatto di quello che facciamo oggi, si trova invece nei pressi del punto di oscillazione minimo di questa costante che viene consentito dal sistema armonico-matematico in cui si trova.

39.

In effetti, i numeri caratteristici del sistema delle costanti, oppure quelli che sono alla loro origine, e in particolare π, ove manipolati per mezzo del 10, conducono con grande frequenza a risultati molto significativi. Se prendiamo la funzione di π che vediamo sotto, essa sembra sottolineare la stretta parentela matematica che esiste fra questo valore e √2

{[(-1/103π)!512 – 1] ∙ 102} = 3,141420215.. ≈ 3 + √2/10 ≈ π = 3,141592653..

[(3,141420215.. – 3) ∙ 10]2 = 1,9999677421530650777.. ≈ 2 (-3,2257846934922218631385075196931 ∙ 10-5

Abbiamo scritto per intero la differenza perché in questo caso essa pare altrettanto significativa che l’approssimazione di 2 che abbiamo ottenuto. Infatti, il suo inverso ci riporta molto vicini al punto da cui siamo partiti, ovvero a π

3√1/3,225784693..∙ 10-5 = 3√31000,209096.. : 10 = 3,141387715.. ≈ π = 3,141592653..

Passando da π al numero caratteristico della costante che descrive la massa del protone, noi possiamo constatare che, dividendolo per 10, possiamo ottenere una funzione del valore di ɸ che fu codificato nella Grande Piramide. Un valore che, nel corso delle analisi che abbiamo svolto nei passati lavori, si è mostrato come il crocevia di un’infinità di funzioni di valori scientifici estremamente significative

(-mp/10)!! = -0,16723898994..!! = 1,0617821551.. = 1 + 1/10ɸCheope

Oppure, per fare ancora un altro esempio, possiamo partire dall’angolo giro, diviso questa volta per 102. Da qui, possiamo arrivare a un valore vicinissimo a ħ = 1,054571628 in un modo sorprendente, attraverso una sequenza di 3 prodotti fattoriali e di 2 logaritmi naturali (si noti ancora una volta il sistematico ricorrere del 2 e del 3)

-(2Ln 360/102)!!! = -(2Ln 3,6)!!! = -0,247589378..!!! = 1,054395.. ≈ ħ = 1,054571..

In modo molto simile, possiamo arrivare allo stesso risultato partendo dalla radice cubica del numero di Eulero. E, in entrambi i casi, possiamo notare come le approssimazioni di ħ che otteniamo siano molto simili alla sommatoria di seno, coseno e tangente dell’angolo pari a π/2

-(inv. Ln –3√e)!!! = -(inv. Ln -1,395612425..)!!! = -0,247681303..!!! = 1,054434.. ≈ ħ = 1,054571..

-(2Ln 360/102)!!! ≈ -(inv. Ln –3√e)!!! ≈ sen π/2 + cos π/2 + tg π/2 = 1,054458.. ≈ ħ = 1,054571..

E qui possiamo notare di passaggio che un valore come π/2 sembra avere un ruolo piuttosto speciale nella trigonometria a base 360°, dato che da esso possiamo ottenere un’approssimazione davvero molto buona della sezione aurea dell’angolo giro

tg x = (inv. Ln –π/2)! = 0,2078795763507619085469556198349! = 0,91611591491148008082355702778287

x = 222°,493295097008.. ≈ 360°/ɸ = 222°,492235949962..

In modo leggermente diverso, possiamo ricavare da eπ un’approssimazione di ħ ancora più vicina a quella giudicata sperimentalmente come la più “esatta”

[(16√eπ)!] = √[(16√23,140692632..)!] = √(1,216952205..!) =

= √1,112107101827.. = 1,054564887.. ≈ ħ = 1,054571628..

Considerando il grande valore teorico di queste concatenazioni di risultati matematicamente e scientificamente sensati, sarebbe davvero utile approfondire le ricerche intorno all’operazione inversa al prodotto fattoriale. Essa ci darebbe la possibilità di esplorare in modo molto più approfondito il sistema armonico costituito dalle costanti della scienza che, privi come siamo della possibilità di eseguire questo genere di operazioni, risulta molto più difficilmente perscrutabile.

In effetti, se avessimo avuto a disposizione una calcolatrice in grado di svolgere queste operazioni, ci saremmo resi conto molto prima, forse subito, che da un valore come il numero caratteristico della costante che descrive la massa del protone (mp = 1,6725) si può derivare π in un modo che pare abbastanza diretto (e vice versa).

[-1/Ln (π!)]!! = (-1/Ln 7,188082728..)!! = (-1/1,972424478..)!! = -0,506990260..!! = 1,672507.. ≈ mp = 1,6725

L’equazione che vediamo qui sopra ci indica che possiamo ricavare un valore molto vicino al numero caratteristico della massa del protone semplicemente aggiungendo 3/10 al valore della massa del protone

[-1/(mp + 3/10)]!! = [-1/(1,6725 + 3/10)]!! = (-1/1,9725)!! = -0,506970849..!! = -1,672409.. ≈ mp = 1,6725

In ultima analisi, questo ci dimostra che potremmo ricavare il numero caratteristico della massa del protone risolvendo l’equazione che vediamo sotto

[-1/(x + 3/10)]!! = x = 1,67246051572322.. ≈ mp = 1,6725

Se aggiungiamo a questa x che abbiamo appena ricavato un valore di 2/10 invece che di 3/10, ne possiamo ottenere il numero caratteristico della lunghezza di Planck, anche se questa volta usando un metodo diverso dal prodotto fattoriale

1 + [3√(1,67246051572322.. + 2/10) : 2] = 1 + (3√1,87246051572322.. : 2) =

= 1 + (1,232549.. : 2) = 1 + 0,616274.. = 1,616274.. ≈ ℓP = 1,616252..

Se invece aggiungiamo solo 1/10, possiamo ottenere un’ottima approssimazione di π

(1,67246051572322.. + 1/10)2 = 1,77246051572322..2 = 3,141616279.. ≈ π = 3,141592653..

Un’approssimazione di π solo leggermente peggiore di questa viene fuori se aggiungiamo 4/10

(1,67246051572322.. + 4/10)π = √2,07246051572322..π =

= √9,868949476.. = 3,141488417.. ≈ π = = 3,141592653..

Il numero caratteristico della costante che descrive il raggio classico del protone (rp = 1,535) segue da una funzione di π del tutto simile a quella che abbiamo visto sopra, anche se con un grado di precisione leggermente inferiore. Comunque sia, l’errore che registriamo sembra rientrare largamente nei margini consentiti dal principio di indeterminazione

[-1/Ln (1 + π!)]!! = (-1/Ln 8,188082728..)!! =

= (-1/2,102679771..)!! = -0,475583..!! = 1,534776.. ≈ rp = 1,535

Notevole sembra il fatto che un’approssimazione di rp del tutto simile a quella che abbiamo ricavato da una funzione “pura” di π come quella che abbiamo usato sopra la possiamo ricavare quasi identica da una funzione di ɸ, di π e del 3

ɸπ – 3 = 4,534757.. – 3 = 1,534757.. ≈ rp = 1,535

E qui possiamo notare di passaggio che il numero caratteristico della costante che descrive la massa del protone può essere ricavato con discreta approssimazione anche da c, ancora una volta per mezzo del prodotto fattoriale, mentre da un valore sperimentalmente possibile di 1bohr possiamo ottenere il numero caratteristico della massa del neutrone

(3Ln 2,99792458!) 4! = (3Ln 5,984382..) 4! = -0,54172756.. 4! = 1,672238.. ≈ mp = 1,6725

1bohr = 0,531321..

(1/1bohr)!! = (1/0,531321..)!! = 1,882101403..!! = 1,674852.. ≈ mn = 1,6748

A sua volta, facendo la radice ɸ2 = 2,618033.. di ec = e2,99792458, possiamo ottenere una discreta approssimazione del valore di π che fu codificato nella Grande Piramide, πCheope = 22/7 = 3,142857..

ɸ²√e2,99792458 = 2,618037493..√20,043894226.. = 3,142772.. ≈ πCheope = 22/7 = 3,142857..

30.

Il grande rilievo del prodotto fattoriale e del suo inverso per giungere a una conoscenza dettagliata del sistema armonico delle costanti lo possiamo comprendere fino in fondo quando ci rendiamo conto della sua importanza strutturale nella determinazione del valore assoluto della costante più fondamentale fra quelle che riguardano la meccanica quantistica, cioè la costante di Planck, a partire da π.

Come tutti sappiamo, fino ad oggi una costante come π risultava importante nella fisica non per la determinazione dei valori in gioco, ma, a volte, per costituire o dedurre dei rapporti fra dei valori stabiliti per via rigorosamente empirica. L’esempio più celebre è senz’altro quello della costante di Dirac, il cui valore, come tutti sappiamo, è connesso con quello della costante di Planck per mezzo di π, dato che ħ = h/2π. Ebbene, fino ad adesso nessuno si era accorto che questa relazione sussiste anche in ambito puramente matematico, e dunque assolutamente astratto. Infatti, i numeri caratteristici di h e ħ risultano far capo alla x in grado di soddisfare la funzione che vediamo qui di seguito

-x! : 1/x! = 2π

Ebbene, se andiamo a vedere quale sia il valore di questa x, esso, in prima persona, non ci dice probabilmente proprio nulla.

x = 0,85873629..

Poi però, se andiamo a svolgere l’equazione, noi vediamo che -x! corrisponde a un’ottima approssimazione di h, mentre 1/x! corrisponde a un’ottima approssimazione di ħ

-0,85873629..! = 6,625777190.. ≈ h = 6,626

1/0,85873629..! = 1/0,948294080.. = 1,054525194.. ≈ ħ = 1,054571628

6,625777190.. : 1,054525194.. = 6,283185288.. = 2π

Questo fatto pare di grandissima importanza, dato che, in questo caso, siccome abbiamo a che fare solo con dei prodotti fattoriali di un numero e del suo inverso, qui sembra che possiamo sostenere che il valore dei numeri caratteristici di h e di ħ è contenuto – almeno in un certo senso – in una funzione di (o che riguarda essenzialmente ). In effetti, questa equazione che vediamo qui sopra, fa il paio con quella che abbiamo visto all’inizio di questo lavoro, e che rivediamo qui di seguito,

tg x/(-cos x)! = 2π

tg x = 6,6250309.. ≈ h = 6,626

x = 81°,416418022483..

(-cos 81°,416418..)! = √-0,149252010602..! = √1,111772923.. = 1,054406431..

tg 81°,416418.. : √-cos 81°,416418..! = 6,28318.. = 2π

In The Snefru Code parte 14, abbiamo dimostrato come faceva capo ancora una volta al rapporto fra h e ħ, determinati però per via trigonometrica. Questa volta però il punto di partenza è il valore assoluto di h, e non il suo numero caratteristico

1/[sinh x ∙ 1034/(-1/3Ln tg x)] = 2π

x = 77°,090143056950877280610673063413

1/sinh x ∙ 1034 = (6,625310809455499916015842879998 ∙ 10-34) ∙ 1034 = 6,625310809..

(-1/3Ln tg x) = 1,0544509653..

6,625310809.. : 1,0544509653.. = 2π

Ancora, facendo di nuovo uso di un’equazione della forma f(x) = x, noi possiamo ricavare sia il valore di h che quello di ħ con un’approssimazione ancora migliore ai valori oggi giudicati come più “esatti”

[32√ log 1/(x ∙ 2π ∙ 10-34)]! = x = 1,054541364573757634387787924275 ≈ ħ = 1,054571628..

[32√ log 1/(1,054541364.. ∙ 2π ∙ 10-34)]! = [32√log 1/(6,625878807.. ∙ 10-34)]! =

= (32√log 1,509233762.. ∙ 1033)! = (32√33,178756..)! = 1,115647196.. = 1,054541364..

Invece, nel caso che vediamo qui sotto, siccome possiamo derivare il numero caratteristico di ħ direttamente da una funzione di π, ecco che anche quello di h può essere ricavato da una funzione di π: ci basta moltiplicare il valore di ħ che abbiamo appena ottenuto, e il gioco è fatto

(inv. Ln 1/π)!!! = 1,374802227..!!! = 1,054356243.. ≈ ħ = 1,054571628

(inv. Ln 1/π)!!! ∙ 2π = 6,624715.. ≈ h = 6,626

In connessione con tutto ciò, non pare meno importante e significativo il fatto che da quel numero negativo da cui per mezzo del prodotto fattoriale possiamo ricavare π2, possiamo a sua volta ricavare un’ottima approssimazione di ħ, mentre dal suo valore positivo possiamo ottenere il numero caratteristico della costante che descrive il raggio classico del protone rp = 1,535

-0,9034655230778..! = 9,86960440108.. = π2

-[-0,9034655230778..! + (-0,9034655230778.. – 1)!] = [9,86960440108.. + (-1,9034655230778..!)] =

= -(9,86960440108.. – 10,92416273668..) = 1,054558335.. ≈ ħ = 1,054571628

(1 + 1/0,9034655230778..3) = √(1 + 1,356017..) = √2,356017.. = 1,534932.. ≈ rp = 1,535

Sopra abbiamo visto come il numero caratteristico della costante che descrive la massa del protone si possa dedurre da un funzione di π. Qui possiamo renderci conto che può essere dedotto anche da quella stessa x in grado di soddisfare l’equazione -x! : 1/x! = 2π. Un valore che è legato con h a doppio filo, dato che se ne facciamo il logaritmo in base 10, ne otteniamo di nuovo una discreta approssimazione

(2inv. log 0,85873629..)/107 = 1,672286.. ≈ mp = 1,6725

-(log 0,85873629..) ∙ 102 = 6,614018.. ≈ h = 6,626

Per avere un’idea chiara dell’importanza di quanto abbiamo scoperto, a questo punto siamo praticamente obbligati a ricordare che il rapporto incrociato fra le masse e i raggi classici di elettrone e protone me/re e mp/rp fa capo parimenti a π, e che il prodotto dei numeri caratteristici di rp ∙ mp è uguale a quello di 1eV elevato al quadrato

(me/re)/3√(mp/rp) = (9,1091/2,81777)/3√(1,6725/1,535) = 3,232733686../ 3√1,089576547.. =

= 3,232733686../ 1,029009179.. = 3,141598492.. ≈ π = 3,141592653.. (+5,839.. ∙ 10-6

(mp ∙ rp) = √(1,6725 ∙ 1,535) = √2,5672875 = 1,602275.. ≈ 1eV = 1,6022

Nel contesto della nostra ricerca, iniziata a partire dallo studio della geometria alla base dell’arte e dell’architettura sacre Antico Egizie, diventa inevitabile sottolineare che il rapporto mp/rp può essere ricondotto al valore di ɸ che fu codificato nelle misure della Grande Piramide ɸCheope = 1,618590346.., da cui possiamo dedurlo sempre per mezzo di una sequenza di 5 prodotti fattoriali

(-2ɸCheope/7) 5! = (-3,237180693../7) = -0,462454384.. 5! = 1,089593..mp/rp = 1,089576..

APPENDICE

Parte Prima: UN ADDIO

1. « ..là ou tu n’es pas.. » I

Il tango:

gente che ride e che si abbraccia

e balla stretta poi

al ritmo di musica e testi

completamente disperati.

La vita è questa.

Non sai mai s’è meglio

incontrarsi oppure

non essersi nemmeno

mai sfiorati.

2. A SHAKESPEARE

Come la lumaca

l’uomo non sa perché gli sia dato

di portare lungo tutta una vita

questo guscio ingombrante

ch’è lui stesso.

Essere o non essere:

questa non è una domanda.

È il peso insopportabile

che ci portiamo appresso.

3. LA FINE DEL MONDO MAYA I

D’inverno fa presto

a farsi buio.

In compenso però

fuori la notte luccica

di neon multicolori:

non come nell’anima

dove ogni luce è spenta.

Allo spettacolo

ancora mancano quattro ore:

un’eternità di nulla

che non passerà mai, lo so, ascoltando

le chiacchiere inascoltabili

della stanza accanto,

o guardando il soffitto lassù,

immobile e fastidioso sopra il letto.

Questi e altri demoni

mi scacceranno.

Il ronzio del silenzio,

che dopo ore e ore di silenzio,

a malapena si distingue

dal mal di testa,

i brusii indefiniti,

il rimbombare dei passi

e delle voci disperse nei corridoi di huis clos

e huis clos tutti inesorabilmente uguali,

inesorabilmente infernali,

il quasi tedio quasi provinciale di quest’hotel

quasi di lusso che,

non contento forse della sua sartriana diabolicità,

prova pure a fare il verso a un labirinto

ma non inganna nessuno.

Gli echi di lavandini e water nemmeno alla lontana

somigliano ai mugghi di un minotauro

per quanto irreale o addirittura inesistente,

andarsene è fin troppo semplice

e nessuna Arianna perciò

verrà mai a salvarmi:

a leggere non riesco

e di guardare la televisione

non è nemmeno il caso di parlare.

Come un Cristo che un Pilato inutile

ha liberato dal Calvario

esco e cammino,

in una via crucis

che non conoscerà stazioni:

qui come altrove

non ho un posto dove andare

e ogni girare d’angolo

è un tirare i dadi

per vincere ancora altri dadi

da tirare.

Sprofondato nel bavero,

come in un baratro,

cammino svelto per scaldarmi

ma non serve a nulla: il corpo

oramai non è altro

che il gelo insopportabile

della tua partenza.

Parma tutt’intorno

sembra un utero sterile,

come di vecchia.

Le donne che passano mi paiono

tutte un po’ brutte e storte.

Gli uomini invece

mi sembrano barbari urlanti che per un giorno,

forse per farmi un dispetto, parlano sottovoce,

con un dialetto gentile e sorridente,

dicendo qualcosa che senz’altro mi riguarda

ma che però

non vogliono farmi udire.

Quelle persone anziane, quasi sfericamente obese,

quelle gioiellerie pacchiane,

quelle vetrine tutte uguali,

le pasticcerie dove si pigiano pasticcini e gente

che parla di qualcosa,

quei neri che mostrano chincaglierie inutili

per non dire che chiedono elemosina,

fottuti in questo gelo che in Africa forse

nemmeno nei frigoriferi riuscivano a trovare:

tutto è normale qui,

proprio come se stessi camminando

sulla luna.

Sorpreso,

come preso alle spalle

penso che il tuo spettacolo

sarà probabilmente l’ultima volta

che potrò vederti.

Un addio idiota

a te come a me stesso:

poi il baratro del tuo

e del mio non essere

e poi

non so.

Così di colpo

mi scopro a piangere,

a piangere a dirotto

come si dice che a volte

un pazzo rida:

lacrime che non ha più nessun senso

mostrare né nascondere

immerso negli echi di un pensiero

che oramai da un’eternità

come un inferno mi tormenta.

E così piango, piango,

e piango però:

un passante

che parla da solo e piange

anche per me sarebbe un fatto strano.

Chissà che pensa di me questa persona che si volta,

chissà che penserei io di me

se mi vedessi,

e chissà poi

che cosa me ne importa!

Nessuno da queste parti mi conosce.

Voltato l’angolo

nessuno mi ricorderà.

Forse si nota un passante che parla da solo e piange,

chissà, forse qualcuno si rivolge al compagno o all’amico dicendo

lo hai visto quel tale che parlava da solo e che piangeva?”

Ma poi si continua a parlare di qualcosa, o di nulla,

non importa,

e di chi parla e piange da solo

ci si scorda.

4. IL TUO TANGO I

Il tuo tango

onda fra le onde

brezza fra le brezze,

tedio e lentezza,

tempesta fluente,

ridere di festa.

L’andare instancabilmente stanco,

il ritmo oscuro del bandoleon,

i cieli acuti e strazianti del violino

la troppo stretta cartina dell’Europa,

il vortice di vertigini,

l’immobile viaggiare dell’ebbrezza,

l’oceano valicato,

l’orizzonte perenne da cui sorge,

con il sole accecante,

cieca la nostalgia d’Altrove:

ah se la tua leggerezza ti salvasse!

Non sarebbe patito invano quest’addio

per cui morto e ancora morto mi vorrei

e ti vorrei,

mio amore, mia ferita,

che sanguini inutilmente,

se ogni destino infine s’assomiglia,

s’assottiglia,

se l’universo intero altro non è

che una rinchiusa stanza,

se non dura la gioia

più che il gioioso fulmine,

il culmine furioso

della danza.

5. TEMPO FA

Tempo fa ho letto in un libro di storia medievale che

per un certo periodo fu interdetto ai condannati a morte

anche il cristiano conforto di preti e sacramenti.

Narra chi scrisse quel libro, un uomo celebre e a quanto pare

molto ben informato,

che una volta il boia accompagnando alla forca un condannato

pietosamente volle sostituirsi all’officiante,

e mentre col morituro saliva gli ardui gradini verso il cappio

gli sussurrava di pensare intensamente all’anima sua,

di chiedere perdono e di pentirsi, assicurandolo che in questo modo

sarebbe come minimo scampato dal cadere

nel fondo della pentola.

Di paradiso non era sul momento il caso di parlare

ma la misericordia di Dio lo avrebbe infine perdonato

dopo qualche anno di doverosa penitenza sul coperchio.

Pare che questo condannato fosse un assassino.

Il fratello dell’assassinato, assistendo alla pietosa scena,

si incendiò di rabbia,

pensando con disperata malizia e molto probabilmente con ragione,

che a suo fratello il manigoldo non aveva affatto suggerito

di pensare intensamente all’anima sua

mentre gli si appressava furtivo per scannarlo.

Un prete non c’era di certo a consigliarli i sacramenti,

ed è probabile così che la morte l’avesse sorpreso

con pensieri assai perigliosi in giro per la testa,

di quelli che è bene evitare

se si ha da presentarsi nel giro di qualche minuto

all’altro mondo.

Dunque chissà, forse l’anima del suo amato congiunto

bruciava in quel momento nel purgatorio o forse addirittura nell’inferno,

così che dopo al danno pure la beffa si sarebbe aggiunta:

che l’assassino arrivi in paradiso

prima dell’assassinato, e tutto questo proprio a causa delle cure

di cui di lui ci si prende una volta scoperto il suo sopruso

è un sopruso ancora peggiore del sopruso!

Quest’uomo inferocito si precipitò allora su boia e condannato

e a furia di grida e bastonate pare riuscisse a dissuaderli

da una per lui tanto beffarda occupazione.

Quel che successe al boia non viene raccontato,

mentre del condannato si dice che cadendo dalla scala

si ruppe una gamba, ma che pure in queste tristi condizioni

fu poi costretto a salire verso il cappio,

ancorché zoppicante e urlando di dolore:

ci si domanda se così conciato

si sarà ricordato della carità del boia,

tanto amorevole da sussurrargli all’orecchio

di aver cura dell’anima nell’ultimo suo istante

col pensarci.

Questo episodio mi ha colpito.

Una religione

che fa del perdono, della pietà e dell’amore universali il suo ideale

rifiuta poi per programma agli assassini quel perdono

che proprio il suo Dio esemplarmente concesse sulla Croce

al disgraziato crocifisso accanto: cosa fu questa,

stupidità, ipocrisia, una strana interpretazione

che trasforma l’estrema pietà nel suo contrario,

fu follia, stravaganza, caso oppure tutte queste cose insieme?

Vedi un boia che mettendo il cappio al collo si preoccupa almeno

della salute dell’anima dell’accalappiato,

mentre qualche papa e qualche sovrano santo, ben vivi e vegeti,

rifiutano per istituto i sacramenti in nome di quel Dio

che più morto che vivo li istituì con l’ultimo sospiro:

non si capisce come gente del genere

per secoli possa esser stata sul pulpito a predicare

esattamente il contrario di quello che faceva

senza che nessuno, presumibilmente nemmeno i predicatori,

si accorgesse di quel che stesse succedendo.

Forse non me ne accorgo neanch’io.

Il mondo è un posto strano.

Chi può dire cosa avrei fatto se fossi nato allora,

se sarei stato l’assassino, il morto ammazzato o suo fratello,

oppure uno di quei papi o di quei sovrani santi

che proibirono per istituto ai morituri i sacramenti

in nome di Dio, del perdono e dell’Amore Universale.

Fossi vissuto allora, nulla mi apparirebbe come mi appare,

grazia e dannazione sarebbero, diciamo così,

tutto un altro paio di maniche.

Mi resta probabilmente una certezza.

Che se fossi stato io l’assassino,

mentre il boia gentilmente mi pregava di pensare

all’anima mia che stava per partire

non avrei saputo pensare a nulla più

che non è chiaro affatto come chi non è mai vissuto

possa in qualsiasi modo risolversi a morire.

6. INFANTILISMO

Anni ormai dal nostro incontro

ma da allor ti porto appresso

se il tuo volto più che il mondo

canta e ride nell’adesso

se il ricordo più che l’oggi

è reale, vivo e spesso.

Fu quel giorno, lo confesso,

bello e brutto al tempo istesso.

7. DICONO..

Dicono che l’amore

sia uno dei tanti pretesti per

poi nessuno sa dire che.

Forse per vivere,

o, chissà, forse per andare avanti,

anche se, finito com’è il mondo

in un botto di silenzio più assordante di quello

che non sente un sordo,

nessuno sa più che sia la vita o il vivere,

né se l’andare avanti significhi pur qualcosa:

nello spazio di Cartesio

come in quello di Einstein

non vi sono direzioni né progressi,

e né principi o fini,

se il tempo invece va avanti sempre e solo

in preda al suo noioso e interminabile finire.

Comunque sia l’amore,

anche quello che provavo per te,

se era solo un pretesto

non era più che questo:

dunque non era amore

era solo (e tu eri solo)

la sua finzione, il suo abbaglio,

il suo delirio,

la sua vana immagine riflessa da uno specchio

che come un bimbo rideva

senza sapere che stava

riflettendo.

8. LA LANTERNA

Cercare Dio

è un’attività ancora più indispensabile

che impensabile e spossante

se Dio non c’è

(a quanto pare)

altro che nel cercarlo.

Instancabilmente dunque

dobbiamo correre

avanti e indietro,

indietro e avanti

senza sapere dove o come andiamo

senza sapere mai nemmeno

– pur ansimanti e ciechi di sudore –

se siamo noi che ci muoviamo

oppure è il paesaggio che

– noi immobili –

corre via e via

chissà come

chissà dove

chissà da quando…

Come che sia,

ogni tanto ci fermiamo per riprendere fiato

e lo chiamiamo

urlando.

Dio mio, Dio mio!”

Dio mio, Dio mio!”

Siccome per nostra costituzione

siamo sempre vicini

a una qualche valle vuota

il grido che si leva

Dio mio, Dio mio!”

ci torna come un’eco lontana

“…iiiioooo…iiiooooo….

iiiiooooooo…..!”

9. NEL NULLA

Tu esisti,

certamente.

Ma ora non ci sei più

anche ammesso

che davvero sei mai stata:

essere ed esistere,

quale indicibile,

invincibile abisso

vi divide?

Non so rispondere.

Tutto quel che so è che adesso

c’è un qualcuno che amo

che quasi ogni giorno

si trova in un nome diverso

di questa cartina dell’Europa

che il computer gentilmente mi offre a gratis:

Googlemaps senz’altro

è un grande aiuto

per chi anche stando seduto

non può fare a meno di cercarti,

però anche così un problema resta:

nel nulla non si vede nulla

e in tanta nebbia

è inutile zumare.

10. NEL DUBBIO

Pare che l’attesa dia un senso al tempo

perché istituisce un punto nel futuro

che da compimento al presente

che trascorrerebbe altrimenti

del tutto inutile,

di vuoto in vuoto,

di dolore in dolore.

Cosa o chi aspetto io dunque,

che non aspetto più nulla né nessuno,

che parlo solo a me stesso

non credendo più nemmeno che esista

questo mio forse un tempo così intimo e paziente

interlocutore?

Nel dubbio

continuo a parlare.

Non è che poi tanto di meglio

abbia da fare.

11. NEL RICORDO

Ebbra della luce più accecante

nella nera e rossastra, atra fiamma del tango,

lievissima fra le più lievi delle sue faville

la tua immagine tracima e mi trascina

per tempeste di vuoto e angoscia e pentimenti

di cui non so vedere altra fine

che l’impensabile cessare del pensiero.

Con tragica inettitudine di clown

che sul suo piede inciampa,

il mio amore per te,

per le curve alate dei tuoi fianchi,

dei tuoi giri,

in un baratro di altezze mi consuma,

così che oramai più non potrò

riveder fra le sue amate stelle

quel cielo fondo

che esiste solo

contemplandolo dal basso.

Per chi lo abita invece

non si distingue in alcun modo

da alcun altro abisso.

12. LE TUE VALIGIE

La tua leggerezza, le tue valigie, il tuo partire, come li invidio!

E so di essere pazzo. Perché l’invidia

è sempre una cosa da pazzi.

Forse solo l’aria,

l’acqua e il pane

è tutto quel che c’è da invidiare

a questo mondo,

e il resto

tutto il resto –

sono fole al vento.

Lo so benissimo questo,

e lo ripeto.

Eppure

ti invidio lo stesso.

La tua leggerezza, le tue valigie, il tuo partire,

come li ammiro!

Li vedo andare sulla superficie inutile del tempo

come un magico pesce volante

che vagamente rimbalza sulle onde,

da te benedette ora qui, ora là,

poi chissà dove!

Non riesco a credere o a pensare

che siano quelle lì le tue catene,

la tua zavorra, il tuo tormento,

il tuo destinato esilio da te stessa,

come lo è per me stesso il rimanere qui,

dove non sono.

13. TEODICEA

Nessuno può credere veramente

che il Paradiso Terrestre

sia mai esistito.

Qualsiasi teologia si adotti

alla fine non si può fare a meno di concludere

che se la vita fosse fatta per godere

ci sarebbe un comandamento

che proibisce di nascere.

14. A BORGES

L’amore non esiste:

dunque anche questo dolore che mi ammazza

neppure quello esiste

sebbene la sua inesistenza, devo dire,

non lo renda meno orrendo

di quegli altri dolori,

quelli veri intendo,

che invece di certo esistono

perché tutti sono d’accordo

quanto a questo.

Anzi.

Debbo dire che l’inesistenza dell’amore

rende i suoi dolori,

le sue luci,

i suoi colori,

ancora più orridi e accecanti

se come sostenne tante volte Borges

l’irrealtà è uno degli attributi fondamentali

con cui l’inferno insiste.

Soffrire per amore dunque non è altro

che soffrire e soffrire e poi soffrire

perché l’amore infine

non esiste?

15. A CAPRONI

Qualcuno ha scritto

Fa freddo nella storia”.

Volgendosi alla geografia però

non è che le cose

vadano poi molto meglio.

Dovunque tu vada

resti sempre qui:

qualunque meta tu possa figurarti

la noia ti aspetta già da sempre col cartello in mano

se non c’è impiegato più efficiente

di una migliore compagnia di viaggio.

Fuori dal finestrino piovoso

un orizzonte come al solito

ineffabile e nefando

minaccia anche così speranze inesistenti,

mentre mi ricordo che l’esistenza

è un possibile attributo del divino

e che il mondo e l’uomo ne sono dunque

esclusi per principio.

16. LA CECITÁ

La cecità è forse l’unica cosa nuova

che l’amore consenta di vedere.

Non dura a lungo.

Poi la vista torna

e con quella l’incipiente miopia

per cui non vivendo eppure

si continua a vivere

prendendo per corpo in carne e ossa

una teoria.

Non c’è stata cosa più bella al mondo

di quando, cieco come ero,

ti guardavo ridere.

17. LA FINE DEL MONDO MAYA II

Quando dopo lo spettacolo

sono passato a salutarti

mi hai sorriso sorpresa e mi hai abbracciato forte:

Ma allora sei venuto!”

Questo significa che,

almeno in un certo senso,

pur non preannunciato da alcuna profezia

per qualche strano motivo mi aspettavi:

ma poi giustamente non mi hai chiesto cosa facevo lì,

né come stavo,

e la cosa si poteva ben capire:

era tardi, anzi, tardissimo,

tu eri stanca e sudata, cosa veniva a fare fin lassù

questo fantasma

a salutarti a quell’ora

e in quelle circostanze improponibili?

Chi è tanto pazzo da fare centinaia e centinaia di chilometri

per dire “auguri, ciao” per poi subito dopo,

volente o nolente, togliere il disturbo?

Ahimè: in certe situazioni

le spiegazioni che si dovrebbero dare

risultano infine ancora più incomprensibili

delle circostanze che si vorrebbero spiegare:

dunque, che senso poteva avere a quel punto

mettersi a spiegarle?

Quella congiura d’inspiegabili ritardi,

di paure inconfessabili,

di angosce peggio che sepolcrali,

di cose non dette non per impaccio o timidezza,

ma perché indicibili,

quell’incredibile coincidere in beffarda trama

di fatalità casuali o destinate dalle Parche

(chi può dirlo?)

non erano colpa mia,

se non c’è colpa

ove non c’è intenzione: ciò fa sì

che non fosse una colpa

nemmeno il tuo non capire.

Ma allora con chi prendersela, col fato, col fiato,

col destino, l’intestino, o con che altro?

Così ecco i sorrisi ed altri vuoti a perdere,

un po’ di significativo imbarazzo

(altre persone erano presenti,

di te e di me forse ancora più sgomente),

qualche frase che non mi ricordo cosa

(“i Maya ieri sera ci hanno dato buca

è l’unico inciso che mi è rimasto in mente

perché senza saperlo avevi torto:

il mondo era finito, questo è chiaro,

ma la tua ignoranza dell’avvenuto cataclisma

era più che giustificata

dal fatto che della fine del mondo

nemmeno il mondo

era riuscito a accorgersi)

poi un arrivederci frettoloso e anche freddoloso,

una cosa comprensibile anche questa,

data la stagione.

Così, celebrato il rituale stantio ma inevitabile

dell’ultima fatale incomprensione,

me ne sono andato, con strette nella strozza

quelle parole che forse

non avrei mai dovuto nemmeno

desiderare di tacerti:

Vedi, tu pensi che ci siamo conosciuti per caso,

ma non è così: io, sia pure in modo molto strano,

ti conoscevo da anni e,

in un certo senso, perfino ti aspettavo.

Sai, non dormivo più la notte, non sapevo più che fare,

era come se fossi perennemente alla finestra e.. ”

(o forse era meglio cominciare con

Tu non lo ricordi ma..”?)

Ma niente.

Ora non sono completamente impazzito

perché i pazzi della loro pazzia non sanno nulla

ed io, siccome ne so qualcosa, sono sano.

Né, per altro verso, mi sento di affermare

d’essere completamente disperato,

perché nessuna ferita s’apre mai davvero

se il pungolo per quanto acuto non affonda

assieme a qualche po’ di ottusa e stupidissima speranza.

Però, finalmente, posso restar certo

almeno di una cosa:

che ben presto sarò meno di nulla anche per te,

dopo che per me stesso

in anni e anni di insistenza

non sono riuscito a sfiorare

mai, nemmeno per sbaglio,

nemmeno per abbaglio

una per quanto vaga inconsistenza.

18. DALLA CRISI DEL 2008 IN POI

Il mondo è pieno di disoccupati

che sono troppo occupati

a preoccuparsi di occuparsi

per fare qualsiasi altra cosa

che protestare contro la disoccupazione.

In effetti, tutti sappiamo che dovremmo

far qualcosa, un qualcosa che sia chiama

probabilmente “lavorare”: ma che si nasconda

dietro questo enigmatico verbo

nessuno lo sa dire.

Quindi stiamo tutti qui a gridare

Vogliamo occupazione!”

e questo si capisce

perché per avere quel che non si ha

(e che naturalmente non si sa che sia)

da che mondo è mondo

ci è sempre voluta

la rivoluzione.

19. LA FOLLIA

La follia mi ha sempre sfiorato

eppure ancora

non mi afferra.

Ammassa truppe ai confini

minaccia sfracelli

ma non dichiara veramente

mai la Guerra.

Arretra di un passo

ogni volta che l’affronto

e un passo per volta così,

se lascia in pace me,

ha già occupato

tutto il pianeta Terra.

20. SENZA VOCE

Vorrei urlare il tuo nome

fino a scarnificarlo

ma non posso.

Anche questa

come tutte le parole

è già ridotta all’osso.

21. LA PARALISI

Guardo da più di un’ora la tua foto

e non riesco a far altro che a non riuscire

in nessun modo a piangere:

anche le lacrime rinunciano al disturbo

di scender per le gote a inumidire il colletto inamidato

dopo che con dovizia di particolari gli hai spiegato

che non c’è felicità che duri più a lungo

del piangerla perché mai avuta

o rimpiangerla perché oramai perduta:

dunque, nemmeno l’amarti per tutta la vita

– e a morte! –

sarebbe durato più di quanto dura lo stupore

nel contemplare con l’anima di piombo

un volo di farfalla.

Dentro di me lo so,

che comunque e in ogni caso

ti avrei tradita,

come ugualmente mi e ti tradisco

se sta per crollare la diga

e vado a mettere il dito nella falla,

se imploro il diluvio universale

mentre intanto mi arrangio

per restare a galla.

22. LOQUELA

«Terrore e felicità, amore e morte

regnano incontrastati a quanto pare

tanto al giornale che al telegiornale,

ma anche nella realtà

non è che facciano sentire più di tanto

la loro assenza.

Quanto ad amore e felicità

non se ne vede un granché in giro,

questo è vero.

Però che dire di terrore e morte?

Conditi magari da un bel po’ di noia,

si trovano ad abundantiam anche nella vita di tutti i giorni.

È solo che, se fanno capolino fuori dallo schermo,

sia esso televisivo o cartaceo, non importa,

si ha la tendenza, chissà perché,

a voltar la testa e a parlar d’altro.

A quanto pare cimiteri e ospedali,

quando non facciano da location a qualche fiction,

paiono a tutti delle mete turistiche assai poco amene,

di cui dimenticare il prima e il più a lungo possibile

l’insopportabile e insostenibile esistenza.

Il vuoto che tutti i giorni incombe

basta già da solo ad allietare la vacanza. »

Ragionavo così,

dopo esser stato catturato un momento

dalle disgrazie patinate di un’edicola

a cui non compro mai niente

per poi mettermi un poco a passeggiare

cazzeggiando fra me e me per rilassarmi

da un non so che

che mi rende nervoso

forse solo perché

non ho mai saputo

dir che sia.

Ora però – ahimè –

è giunto il fatale momento di rientrare:

ma devo stare calmo, calmo,

e continuare a comportarmi

come se il Niente non fosse.

Se, come quel tizio del quadro di Munch,

mi metto a urlare

mi trasformo di colpo in personaggio

col rischio di trascinare nel baratro

anche questa povera realtà

ch’è tutta quanta uno schermo

(o uno scherno?)

e non lo sa.

23. DA UNA LETTERA NON SPEDITA

Una certa M.lle de Lespinasse scrisse a un tale

che ovviamente non conosco, una lettera in cui lo informava

di un fatto che a quel che pare per lei era davvero molto importante:

Vi amo come si deve, nella disperazione”.

Anch’io ti amo come si deve – ohibò – nella disperazione,

ma, chissà perché, mi sembra

che questa mia disperazione sia più perfetta

di quella di questa signorina, dato che lei almeno

una lettera di questo tono l’ha potuta pur scrivere

al suo amato, mentre io a te posso solo scrivere lettere

che non ti spedirò mai, compresa questa.

Non conosco il tuo nuovo indirizzo e così

il mio amarti, come si deve, nella disperazione,

mi rimarrà nel gozzo intero e totalmente,

senza nemmeno la consolazione non è più chiaro

se magra, ridicola o completamente

idiota di scriverne a chi non vuol saperne nulla.

Per il resto, posso dirti soltanto che da queste parti

il tempo passa sempre più svelto e inutile

e di te non ho altra notizia se non che non ti vedrò

mai più, il che alla fine è tutto quel che posso dirti

anche di me, pur restando nel dubbio che la cosa davvero

mi interessi.

24. ODE A GLORIA E MEMORIA DI LUI STESSO

La gioventù, tempo dedicato dalla Natura

leopardiana o leopardata che sia

al sogno, gli slanci, gli amori e le illusioni,

nel suo impetuoso e tumultuoso muoverci all’Azione,

che si risolve di solito in giorni non più memorabili

di quello in cui fummo centrati da una cacca di piccione,

ci spinge forzatamente a credere molte cose stupide,

che la vergogna di tutta una vita poi

non basterà a scontare. Una di queste

è che letteratura e vita siano separate

da un solco la cui profondità supera di gran lunga

(niente popò di meno!) quella d’un abisso.

Si pensa in quei verdi anni,

quando la più consunta fra le mummie appare

come sole novissimo, di vita rigoglioso,

che, ove la vita sia affare molto serio,

fatta com’è di lotta e carne e sangue,

realtà realissima di gioia,

di noia e di dolore,

vera saggezza, vera follia,

autentica viltà e certissimo valore,

prosa e poesia siano invece un vano passatempo

fatto di inchiostro vano

e ancor più vana vanità di chiacchiera:

come prender sul serio quei raggiri da mago di provincia

tanto maldestri che ci si domanda

come anche un cieco ci possa mai cascare?

Chi, se non un paralitico su una carrozzella guasta

può resistere immobile più di minuti cinque

a quelle dramme indegne d’un teatro parrocchiale,

un vero insulto al tedio, se cose tanto innocue

qualcosa o qualcuno potessero insultare?

Quale capolavoro, mi si dica, non si riduce infine

a futilità artefatte tanto per cominciare,

a una trama riciclata da un trovarobe di quartiere,

a un finale fin dal titolo

risaputo, risolto,

e consumato?

La maturità consiste poi

nel veder chiaro e tondo,

e per di più senza bisogno alcuno

di occhiali e di compasso,

quanto ogni essere umano che si abbia avuta

la grazia, la disgrazia ma più che altro

la beata indifferenza di incontrare,

altro non sia che una banale e insipida variazione

d’un qualche stracco cliché letterario,

la mal riuscita messa in scena

d’un qualche risaputo canovaccio.

L’eroe possente, il ricco, il povero,

il popolo comune, la noia quotidiana,

l’amore, l’amante, il matrimonio,

il vescovo, il moralista, l’immoralista, il professore,

il politico cinico o idealista (o in fondo tutte e due le cose insieme),

la disperazione, la speranza, quel poco d’una gioia

ch’è memoria già nell’istante in cui pur afferrata scorre,

l’infanzia del poeta o del villano,

il laureato ricco, lo studente povero,

nulla di quanto hai visto in tutta la tua vita

nulla di quanto ti resta da vedere

risulterà infine altrettanto vero e reale della polvere

che i libri ricopre e i loro personaggi,

che pur quando poco o pochissimo riusciti

ben più vivi del vivere rimangono.

Vergognoso e pentito

ti trascini adesso per mal frequentate librerie,

per biblioteche amiche si,

ma quasi soltanto del ragno e della tela,

o fra le bancarelle d’un mercato delle pulci

tra le robuste costole di gloriosi tomi

che usati furono – se furono – solo per foglia di fico

alla bianca nudità delle pareti,

apri a caso un volume scritto

da non sai chi

e non sai perché né come,

e fra pagine abbandonate perfino dai topi e dalle tarme

scopri ch’eppure non c’è frase

che più reale e duratura del mondo che fai finta

d’aver dintorno non ti appaia.

Le Idee sono eternità

e perciò somma realtà,

via, verità, e vita,

certezza di forma e dunque luce

non mai commista ai nebbiosi meandri

a cui costringono, noi uomini finti, il tempo e la materia.

L’uom che vivo si crede

altro non è che simulacro

copia sbiadita e dunque

personaggio: come poteva aver torto Platone

che da più di duemila anni si legge e si traduce?

Contrito e ravveduto,

hai scoperto infine da quale eterno archetipo

quel tipo grigio e stanco

che ogni mattino ti scruta perplesso dallo specchio

in qualche modo misterioso sia sortito:

tu sei di quelli scrivono libri che non pubblicano,

lettere che non spediscono

e che anche così – ahimè – nessuno legge,

di quelli che pronunciano

frasi che nascondono soltanto

che nulla di nascosto

mai e giammai si tace.

25. GLOSSA AL DICEMBRE DEL 2012

I sentimenti,

non c’è nulla da fare,

sono sentimentali.

L’amore poi

è il più sentimentale di tutti.

Fa rima, manco a dirlo,

con cuore, con fiore e con dolore:

roba da cardiologi, dentisti e/o fisioterapisti,

o, se proprio si vuole, da psicanalisti,

col fiore che sta lì minaccioso a ricordare

le assai poco regali corone che al carro funebre

quasi sempre fanno ala.

Se il colore che richiama alla mente

è dapprima il rosso fuoco del manto del torero

quello a cui per solito prelude

è quasi sempre un azzurro Tavor o un bianco d’aspirina

o, peggio, d’ospedale,

che in poco o in nulla ricordano quello della sposa,

che fra gigli e sorrisi viene avanti

sulle note gloriose di un Mendelssohn

proteso alle maestose vette dell’altare.

Dunque la poesia, sublime com’è,

non si adatta a descrivere l’amore

e men che meno a sfogarne le paturnie

quando le cose,

come del resto era prevedibile,

vanno a male.

Parla di qualcosa d’altro la poesia:

parla d’una sublimazione,

celebra Aspasia e il pensiero dominante

comunque sia un’idea altissima, astrattissima,

ineffabile,

che vaga per le vaghezze

d’una qualche irrealtà spirituale.

Grandi beltà, sia chiaro,

ma che nulla o meno di nulla hanno a che fare

con le terrene occasioni con cui l’innamorato

quello vero, s’intende –

ha incontrarsi o scontrarsi tutti i giorni:

se leggi una poesia, di tutto troverai,

ma non i suoi mali atrocissimi

e insieme poveri e grigi come Topo Gigio,

« Ma cosa mi dici mai.. »

Cerca nei libri:

non le avrai giammai

le sue gioie rifritte,

le sue danze, le sue esultanze

che se non banalissime

restano tuttavia banali,

le sue lagnanze inascoltabili,

le sue non-vicende men che infantili

e tutte disperatamente uguali

troppo uguali…

Siamo seri:

cosa c’è al mondo di più inopportuno del sonetto

per parlare d’un principe di stracci

che cerca la sua Cenerentola con la scarpa in mano

scambiato da tutti e in primis da sé stesso

per un trovarobe o un calzolaio matto.

Cosa di più improponibile di dramma o di tragedia

per discorrere delle querule viscere

della sua intimità rosa confetto,

che solo arrivano a gloriosa pienezza d’espressione

con la rima d’accatto o il romanzo da due lire,

anche se il meglio del meglio pare offrirlo

la canzone lacrimevole e sbracata,

molto, molto meglio di quella che si contiene,

più modestamente,

nel sentimentale.

Ciò non toglie però che l’amore assale

con la stessa sovrumana forza

della fiumana di parole che a squarciagola

lo stonano senza posa,

inesorabilmente.

Terrifico quanto ridicolo

inevitabilmente cresce, tracima

e tutto volge e sconvolge

sempre e comunque,

anche se il maremoto che ci destina

al nulla e alla rovina,

diciamo la verità,

sul piano cosmico è assai meno notevole

che una lavastoviglie quando risciacqua i piatti:

travolti, sprofondiamo,

perché esser uomini

– ahimè –

è esser ebbri di sete

e in conseguenza di ciò

completamente mentecatti.

26. LA GLOSSA DELLA GLOSSA

Padre, perdona loro, perché non sanno

quello che fanno: così implorò il Crocifisso

tracciando un lieve sentiero di salvezza

per i suoi stessi carnefici, che mentre lo deridevano

spartendosi le vesti, non si rendevano conto

di ricevere in quel momento come mai altri solenne

il sacramento volgarmente detto della santa ignoranza: nessun

profeta fu mai tanto lungimirante

quanto a miserie e mistero della condizione umana,

di cui fa parte inesorabilmente il fato,

di cui Egli stesso doveva essere al corrente,

che i grandi maestri siano destinati

ad essere fraintesi dai più fanatici fra i loro adoratori

più dannosamente e assai più a lungo

che dai loro infedeli scannatori.

Un tale destino è tanto inevitabile e comune

che, quanto a questo, il millenarista più ispirato

è minacciato dal grigiore quotidiano quanto e forse più

dell’innamorato bidonato dall’amata,

o del pigmalione illuso e deluso dal pigmalionato,

se il profetare più alto si trasforma in interesse di bottega

con la stessa magica e tragica fatalità con cui

un pinco pallino qualsiasi passa tutta la vita a fare

un lavoro di cui poi scopre che non gli importa proprio nulla.

Non c’è Buddha, Maometto o Lao Tzu

che sia scampato all’astorico raggiro:

maledire i ricchi, i farisei ipocriti

e soprattutto i mercanti del tempio

è il miglior modo per candidarli

al soglio più alto della futura chiesa:

a benedirli invece, c’è il serio rischio

che un Torquemada fervido e zelante

ne infilzi infine qualcuno col sacro girarrosto,

rispettando come al solito fino all’estremo sacrificio

degli altri i severi ma salvifici consigli

del divino fondatore del suo credo.

Ti puoi esprimere bene quanto vuoi,

scrivere da maestro come parlar da dio,

ma non c’è modo di scampare alle piroette ubriacanti

dell’interpretazione e degli interpretanti.

Questo è il motivo per cui

non è chiaro a nessuno storico, per quanto blasonato,

se fu il dar da mangiare ai diffamati,

oppure il dar da bere agli annegati

se fu il render la vista ai sordi,

oppure il buttar via la chiave ai carcerati,

lo sport preferito di seguaci fra i più autorevoli e focosi

di quello stesso Dio che la nostra inguardabile ignoranza

morendo sulla croce

trasformò in un degno e sacrosanto sacramento.

E d’altra parte, poteva essere altrimenti?

Noi, in effetti, non sappiamo nulla

e dunque non possiamo sapere nemmeno

se davvero stiamo facendo qualcosa o qualche nulla.

A scandalizzarci diamo scandalo, se non agli altri,

a quella povera cosa che, per non saper che sia,

ce la facciamo amica chiamandola “noi stessi”.

Noi non sappiamo nulla di nulla, giova ricordarlo,

e dunque

come pretendere che ne sappiamo qualcosa più di nulla

quegli altri esseri umani che male giudichiamo

se restano come noi o più di noi all’oscuro?

Che la buona fede, la fede e l’ignoranza abbiano qualcosa in comune,

se è una profonda verità,

è forse anche l’unica fra le catastrofi del tempo

dalla quale non è chiaro a nessuno

come è che l’Eternità, pur impegnandosi a fondo, ci potrà salvare.

Come o dove troveremo qualcosa da ridire

se in quel famoso giorno Hitler e Stalin,

accompagnati per mano da un vergine De Sade,

alla testa di una processione con Tamerlano,

Cesare, Dracula, Attila e compagnia cantante

sedessero infine alla destra e alla sinistra,

anche se magari non proprio quella del Padre,

se in grazia o disgrazia dei loro (de)meriti terreni

fosse rispettata pure in Cielo

la loro terrena collocazione parlamentare?

Parte Seconda: DAL DIARIO POST FINE DEL MONDO MAYA

1. COME NON DISSE SOCRATE

Più non conosco me stesso

più voglio bene ai cani.

Pensare e poetare

mi appaiono un’arte inferiore

e un minor portento

che quello di correre appresso a un bastone

e riportarlo,

di dormire tranquilli nella cuccia,

o di abbaiare al vento.

2. POLAROID

Da quando sei andata via

non credo più in nulla

o forse non credo più

nemmeno in quel nulla

in cui dico di non credere.

Forse allora

credo in tutto

e credendo in tutto

credo anche che nulla

di tutto quello in cui fingo di credere

possa intrattenere anche solo per disgrazia

una qualche sia pur vaga parentela

con il vero.

Se mi guardo intorno

la tua assenza è a colori.

La foto che di te mi resta invece

è in bianco e nero.

3. VERSO RECANATI

Siccome tutto è nulla

anche quando mi ammazzo di fatica

la vita mi appare sempre e comunque

come una terminabile estate di vacanze.

Leopardi mi ha portato via

anche l’ultimo possibile lavoro:

siccome le ha scritte lui

non le posso scrivere più io

Le ricordanze”.

4. ULTIME NOTIZIE

L’ultimo vero mestiere che al mondo sia rimasto

è quel che la gente definisce di solito “comunicazione”.

Quel che ci sia poi da comunicare non è affatto chiaro,

però farlo è urgentissimo, e tanto ce n’è da dire

che a trovare un angolo di silenzio non sai più

s’è una disgrazia o come vedere nella notte in tempesta

il monocolo irraggiungibile di un faro.

Nessuna notizia buone notizie:

non trovi a nessun tg

un evento più raro.

5. LA SIEPE

Dicono che nell’assenza

l’amore fosse pure afflitto e disperante,

come anche quello fritto e rifritto, o in affitto

o autenticamente delirante perché infitto

o addirittura trafitto, o persino squarciato ed ululante

proprio allora mostra il suo senso profondo,

che è quello di far spazio al sogno che risolva

il pressante e umanissimo bisogno

di una per quanto labile e colmabile distanza

per fantasticare in una qualche

vera o presunta lontananza

un pieno immaginario

che possa porre rimedio alla vicina, ineluttabile

e realissima mancanza.

Mi domando come mai

a me il trucco non riesce:

la scodella è perfettamente vuota

eppure anche così

non riesco a intravedere la pietanza.

6. IL POETA

Il poeta si aggira nel presente come in una scenografia

in cui recita uno spettacolo fatto apposta per i posteri

un po’ come fa un attore pornografico con i posteriori

che un regista in realtà più simile a un carrozziere

che a un artista gli mette intorno con un qualche poco

credibile intento estetico. Può anche darsi che il poeta,

come l’attore pornografico, offra più spesso alla contemplazione

dei posteri il suo stesso posteriore più di quanto non desideri

contemplare o addentrarsi in quello altrui, ma non è che questo

cambi poi di molto lo stato delle cose.

In ambedue i casi si recita un’intimità che non esiste

o che esisterà soltanto in modo sia pur pallido

qualche secolo dopo l’avvenuta morte,

unico temuto e sospirato momento di sincerità e verità

di quella che si chiamerà “sua biografia”

e che adesso nessuno, e lui meno di tutti,

ha l’impudenza o il coraggio di chiamare

la sua “vita”.

7. LA POESIA

I sentimenti, prima di diventar parole,

sono un qualcosa nell’anima che però

è assolutamente inutile tentare di esprimere con il linguaggio,

perché così si sciupano immancabilmente.

Non c’è poesia d’amore come d’odio,

d’indifferenza come di speranza o di disperazione che sia,

che metaforizzandoli non li distorca infine

in un fraintendimento peggio che totale.

Avrei potuto, forse avrei dovuto tacere. Invece

scrivendo poesie ho sciupato tutta la mia vita,

e forse nemmeno mi riesce più di pentirmi o di mentirmi

pentito del misfatto, perché sembra che alla fine il futuro

sia una materia che muore nel momento stesso

in cui prende la deludente e odiosa forma del presente.

Quasi tutti i saggi sono d’accordo quanto a questo:

il destino inesorabile del tempo, se tutto va bene,

è quello di essere sciupato nel malinconico rimpianto

di quel che poteva essere e non è stato. Se tutto va male invece,

è quello di piangere acutamente un mal di denti acuto

accompagnato dalla tragica impossibilità

di prendere un cachet.

In altra epoca forse non andavano così le cose,

era altra la vita e alto il sentimento,

ma oggi la discarica universale sembra,

più che l’alfa e l’omega, l’intera litania dell’alfabeto,

e diventa difficile perfino immaginare

come è che nelle civiltà di gioventù furenti

l’idea che gli ideali sono merda che galleggia

su altra merda possa essere stata

in qualche modo evitata.

8. A J. P. SARTRE

Ai tempi dell’esistenzialismo

fare conferenze sul nulla

non dev’essere stato per nulla facile.

Sul nulla non si può dir nulla

e non dicendo nulla

anche i venti minuti di una conferenza

possono sembrare un abisso,

magari anche solo

di risate.

Col tempo si è trovato il modo di aggirare

l’insormontabile ostacolo:

la conferenza sul nulla, come del resto

tutto il resto,

non si fa

ma non si dice,

e in questo modo va avanti da almeno trenta

o quarant’anni,

senza che nessuno minacci

di averne ormai abbastanza.

9. « ..là ou tu n’es pas.. » II

Dovendo organizzarmi per un viaggio

lo farei per una destinazione

dove si trovi l’oblio di me, ma non è che siano molti i posti

dove possa contemplarsi un tale grandioso monumento.

L’unico vero Altrove è là,

dove sei tu,

se il “tu” è l’unica destinazione

dove ti puoi trovare

sia pure a mezzo e al prezzo

della perdizione: non stupirti dunque

se sono qui,

ininterrottamente occupato

a far progetti per trovare il modo impossibile

di raggiungerti nel chissà dove

sei finita.

Però, per quanto sedotto e non mai abbandonato

dal mio febbricitante e frenetico fantasticare

non perdo tempo a fare le valigie e controllare

la validità dei documenti. Men che meno mi curo

di individuarti sulla carta geografica:

qualunque sia il tuo nuovo indirizzo scoprirei

che sei andata a finire proprio là

« ..là ou tu n’es pas.. »

cioè appunto proprio qui

ovvero appunto

al punto di partenza.

10. IL MIO CANE

Che un nessuno qualsiasi sogni di diventar qualcuno

col successo e la carriera è uno di quegli incubi moderni

dai quali non si riesce a risvegliarsi

nemmeno col cannone.

Il mio cane non sognava mai la cena:

la guaiva, la mugolava, a volte perfino l’abbaiava

ed era forse per questo che prima o dopo

gli arrivava.

11. LA FOLLIA

La follia più folle è quella

d’esser nati:

rimanendo sani di mente

la si aggrava

d’un peso insopportabile

e per di più completamente inutile

anche se in certi casi

incredibilmente

riesce nell’ardua impresa

di essere dannoso:

d’altra parte, essere pazzi

è una soluzione

che appare tale

solo a chi crede

di essere normale

12. LA VIA LATTEA

Mi esercito al sassofono mentale

guardando le stelle annebbiate

dalla falsa via lattea

dei lampioni:

beato chi è beato

rifletto –

e faccio male

se è felice soltanto quel morto

che non riflette più

perché l’io, il solo vero specchio,

spezzandosi

lo ha spezzato.

13. LA SAGGEZZA I

Voler capire tutto si risolve quasi sempre

in un capir nulla di nulla.

D’altra parte, anche sforzandosi

di limitarsi a capire solo quel qualcosa

che si può o pare potersi capire

effettivamente

non è che le cose vadano molto meglio:

alla fine si scopre che il gioco

non valeva la candela, e forse nemmeno

il cerino per accenderla,

dato che il qualcosa, pur compreso,

di fronte al tutto incomprensibile,

non è nulla di nulla,

e dunque comprendendolo

non si è capito nulla.

A quanto pare

solo col non capir nulla

davvero non si capisce nulla,

a modo suo un qualcosa di solido e accertato,

ma questa è una meta difficile a raggiungersi

e anche solo a pensarci c’è il rischio

di restare bloccati alla partenza

perché la perfezione della scienza richiede

non essere esistita mai

fra il capire e il non capire

nessuna differenza.

L’ignoranza dunque è un destino

a cui non possiamo sfuggire:

se non siamo noi a possederla

è lei che ci possiede

così che da servi o da padroni

dobbiamo comunque sia

piegarci all’Obbedienza.

14. IO SO

Io so come ti senti quanto arrivi sulla soglia

di quella casa che è tua ma non è tua,

accanto a quell’uomo che è tuo, ma non è tuo:

entri e guardi tutte quelle cose che si sono accumulate

andando e ritornando da un’altrove

a cui non sei mai arrivata

se non – come tutti – con il desiderio, il dolore

o la speranza.

La vita che immaginavi di fare facendo quella vita

che ogni giorno fai

era diversa.

Diversi erano i sempre nuovi hotel,

i sempre nuovi sorrisi offerti e ricevuti con l’arrivo previsto

e la partenza fatale, diversi erano gli occhi

sempre diversi

che ti avrebbero ammirata,

com’è diverso

sempre

il futuro svanito sulla soglia

dell’immoto e vuoto sfuggire del presente.

15. IL MIRACOLO

Questo tempo fuori dal tempo,

in cui protesi al vento si aspetta qualcosa

che non accade e non accadrà mai,

una non cosa che alla fine

non ha nemmeno un nome così che infine

nemmeno la puoi sognare

perché non si lascia sedurre da nessuna immagine

e dunque da nessun immaginare.

Così è l’attesa fine a sé stessa che si propaga,

che diventa tempo,

l’attesa che il tempo passi mentre sta passando,

attesa che cresce, inesorabilmente,

mentre continuamente

crolla su sé stessa.

16. IL MISTERO

Per il mio cane

il recinto di casa

è il confine del mondo

da lui mai valicato.

Fuori di qui

non l’ho mai portato

e di ciò ch’è oltre

poco gli dà l’avviso

il raro e vacuo comparire

di qualche ospite improvviso

che gratifica

di una diffidente annusata.

Corre lungo l’inferriata

inquieto

abbaia al vento

con il naso all’insù:

io stesso non saprei

dire di più.

17. IO NON SO

Chi sei, o chi sei stata? Mi rendo conto

che di te non so niente, e che di meno ne saprei

solo se qualcosa ne sapessi.

Sappiamo qualcosa

solo quando ci dimentichiamo di noi stessi:

in caso contrario

è invano il nostro consumar le unghie per scavare

un abisso di dubbi che non arriva

nemmeno al fondo senza fondo

di sé stesso.

Vago stanco per questa città stanca e il tuo nome

ad ogni passo si ripete anche se non voglio:

nel buio della mente

ti nascondi, e mi nascondo, e se ti fuggo

tu mi circondi con quest’angoscia che lo spazio riduce

a un punto senza mai confini, senza mai orizzonte.

Chi sei, o chi sei stata? Mi rendo conto

che di te non so niente, e che di meno ne saprei

solo se qualcosa ne sapessi.

Solo sappiamo il nostro non sapere:

il nostro andare a fondo

dura finché l’unghia consunta

non si trasforma anche quella

in terra da scavare.

18. RISORGERE

Risorgere, risorgere! Ma non si può continuare

a vivere continuamente risorgendo, perché

continuamente risorgere significa continuamente

dover morire:

e bisogna pur vivere qualche volta

anche se non si può vivere sempre, lo so,

ma almeno un po’…

E invece

altro non so fare che questo:

risorgere, risorgere!

Questa volta è l’ennesima, e per l’ennesima volta

è l’ultima, fino alla successiva, ch’è un istante dopo.

Non ha respiro mai

questo continuo uscire dal sepolcro,

questo coprirsi gli occhi

dalla luce intollerabile.

Sono un vecchio cieco:

tutto quel che vedo sono forme che si perdono

in un crepuscolo senza confini

in un brulicare di vuoto che non riuscirò mai

a distinguere dall’alba.

19. COME UN AMLETO

Oramai da più di due anni ininterrottamente sull’orlo

senza baratro del suicidio

scopro con sgomento che i pur rari momenti di buonumore

rovinano irrimediabilmente la funebre eleganza

del mio pessimismo che da cosmico si fa comico:

come un Amleto che andando incontro al fantasma paterno

inciampi rovinosamente

lasciandosi per di più scappare una scoreggia.

Occorre fare qualcosa per evitare la dissacrazione

dell’ultima cattedrale che l’uomo moderno

sia ancora legittimato a costruire,

quella dell’eterno dolore per il nulla

del cosmo o della storia, o di sé stesso e del mondo,

o di tutte queste cose insieme o separatamente,

o fate voi:

in un tempo in cui è proibito calpestare l’erba

non si dovrebbe impunemente poter pisciare sulle rose

per quanto fatte di spine e di colore inconsolabilmente nero.

20. LA GRANDE LA MELA

Non bastando la cacciata dall’Eden

Dio volle gravare l’uomo con l’estrema umiliazione

della gloria umana. Ride dei nostri allori l’Eterno

e non riesce a capacitarsi di come i geni fatti a Sua immagine

possano esser cascati in questo scherzo da prete e meno ancora

che dopo i primi fessi ancora altri a milioni anelino a scivolare

su questa inamovibile buccia di banana che chiamiamo “storia”.

Che un secolo o un millennio di pinchi pallini ci ricordi

non vale un attimo del sollievo che ci darebbe

il dimenticarci una buona volta di noi stessi:

che gli altri poi lo facciano è un premio che quasi nessuno

riesce davvero a meritarsi.

21. POSTILLA ALLA PRECEDENTE

Il lato mistico delle cose

è dato a pochi poeti e poche volte

di poterlo esprimere. Io credo fermamente

di averlo espresso, almeno in un paio di poesie,

anche se in effetti per farlo ci ho impiegato

tanti di quei versi che non oso neppure ipotizzarne

il numero possibile e plausibile. Ritrovare le pietre

preziose fra tanta paccottiglia sarà impossibile,

ammesso che qualcuno sia tanto pazzo da provarci,

e questo è l’unico pensiero

che mi consola.

22. LA SAGGEZZA II

Risolversi alla divina Indifferenza

non è mai facile per nessuno,

e peggio che peggio quando alla fine tutto pare

e senza alcun sforzo d’intelligere per giunta –

perfettamente indifferente

Stiamo qui a girarci sul letto di morte

per anni e anni d’irritante insonnia, spesi

fra letture banali – o che banali diventeranno –

e l’attesa di un’alba che avrà inesorabilmente

il fascino profondo d’una fossa,

e qualcuno ci raccomanda per giunta,

nel caso quanto mai raro d’un prurito

che assurga all’increduta dignità di palpito,

di prendere prontamente e debitamente le distanze!

Il fatale e provvido distacco

arriva per forza di cose poi per tutti

e non consola nessuno.

Per cui ci si sente un bel po’ scemi

a star lì gobbi a sudare per simulare credibilmente

un’insensibilità che ci verrà data infine come omaggio

insieme all’acquisto di nessuno sa bene cosa.

23. A FERNANDO PESSOA

Tutto è occulto e ogni cosa nel suo rivelarsi

da sempre e per sempre si nasconde.

Dietro ogni apparenza

altra apparenza ad accecarci insiste

e se chiudiamo gli occhi è solo per scoprire

che nella cecità, non visto,

l’illudersi persiste.

Dubitare del dubbio, a che ci serve?

Tutto è occulto, l’uno per l’altro, come l’io

per quel sé stesso che non saprà mai chi sia,

nessuno che nasce per morire e non sapersi,

per non vedersi, invisibile perché veduto

segreto perché rivelato

follia di specchio

dal suo riflettere

infranto e dissipato.

Come o cosa credere,

o a che pensare dunque,

se l’essere è

solo oltre il non mai saputo,

oltre il non mai creduto,

nel non mai pensato

nel non mai nemmeno per quanto

vagamente e lontanamente concepito?

24. PROSAICAMENTE

Da un paio d’anni penso solo

o a te o alla morte

e certe volte non mi riesce di capire la differenza:

ma questo solo perché mi hai lasciato qui,

completamente solo e perciò libero di godermi

la tua assenza.

In tua presenza la vita non sarebbe stata tanto comoda,

a malincuore, ma devo riconoscerlo.

Ogni tanto mi avresti costretto, volente o nolente, al disturbante e

illusorio sforzo di una gioia, e magari ad un abbraccio

addirittura pieno di futuro e d’entusiasmo: tornare alla norma

sarebbe stato poi un orrore ancor più orrendo

di quello della morte che bontà sua non da problemi,

almeno per quanto riguarda

gli sbalzi d’umore.

25. LIRICAMENTE

Odi?

I venti dell’est che fin qui

t’hanno portato

ancora si levano,

– ancora –

come sempre si levarono

e come si leveranno

sempre.

Odi:

forse ricordano la steppa

fischiando ora sui tetti

come stonata cornamusa,

ora invece sospirando

fra i rami e fra foglie,

ora sbuffando lenti

come locomotiva

vecchia e stanca.

Sembra un canto

un incanto –

questo lamento

questo vortice

che come foglia lieve

ti solleva

e ti porta

e poi ti posa

a Barcellona, Berlino, Amsterdam,

Milano, Reggio, Londra, Parigi,

Varsavia, Rotterdam, Torino

girando intorno a un centro

che tu conosci perfettamente

proprio perché

non ne saprai mai nulla.

Il tango che attraversò l’oceano

t’aspetta irrequieto nel suo porto d’argento

pronto per la contraria traversata.

Altri mondi ti attendono,

altri cieli saranno la ristretta stanza

della tua ansia perenne

di partire.

Non le odi più,

davvero,

davvero

non le senti?

Altre illusioni si innalzano per te,

brezza di canzoni

su mari di sirene,

altre disillusioni affilano di lame

il loro abisso

se il desiderio è da sempre e per sempre

di sé stesso

Eumenidi ed Erinni,

se nemmeno al dolore

si cessano i suoi cori

fatti di affanni,

d’inganni

anni e danni stupendi

come inni.

Io resto qui a fissarti

con gli occhi chiusi della nostalgia.

Passeggio da solo

per strade dove cerco di non trovare mai

anima viva,

anima mia,

e non mi lamento più

se la tua immagine col tempo si fa

sempre più vana,

se il vivo dolore si scolorisce

in questa nebbia inquieta di follia,

in ottusi e straniti labirinti

di penosa e pensosa malattia.

Forse l’ho sempre saputo

che né più né meno di così

avresti potuto

essere mia.

26. CONTRO CARTESIO

Io penso, dunque non esisto.

Come S. Paolo vedeva il bene ma faceva il male,

così io vedo il problema chiaro e tondo,

ma non so trovare nemmeno uno straccio di rimedio.

Inutilmente mi affanno in cerca di una forma,

inutilmente mi frugo dentro in cerca

di una sostanza più malleabile di quel vuoto

di cui non consisto: non trovo nulla di nulla,

nemmeno quel meno di nulla che non sono,

e se trama di questa tragedia non prevede colpe

neppure posso sperare un giorno

di trovar perdono.

27. IRONIA DELLA MORTE

Il piacevole, il divertente, la distrazione:

tutto questo si è sostituito all’estasi della danza

che va a tempo eternamente con il cosmo

o, per esser più precisi, di quella felicità spasmodica

che nel dolore tragico trova il suo culmine nel sangue.

Non siamo più capaci di nulla di simile

nemmeno nell’immaginazione

e va da sé che passiamo poi la vita con su stampato sulla faccia

l’ironico sorriso che ironizza infine

pure sull’ironia, dato che su altro più

non c’è da ironizzare.

È triste pensare che felicità e splendore

possano esistere e durare solo nell’assoluta ignoranza

della loro esistenza, così che a volte dubito persino

se il contemplarli dall’alto, o dal di sotto

o dal di lato non sia infine l’essenza ultima

dell’infelicità e del baratro in cui

a furia di ironie

non ci riesce più nemmeno di cadere.

28. IL PADRE DELLA POESIA MODERNA

L’impossibilità di una nuova forma

come di una nuova non forma mi tortura.

Non ho nulla da dire e nemmeno una nuova

forma o non forma che costituisca un pretesto

sufficiente per non dirlo!

Il mestiere di vivere stanca fino alla morte,

ma anche quello di scrittore sa esasperare

se i ferri del mestiere esistono e magari

sai anche come si fa a tenerli in mano,

ma non c’è nulla di nulla su cui poterli adoperare

se non un Nulla oramai tanto stanco di non esistere

come il poeta del suo non dire.

La Stagione all’Inferno

è stata scritta in altro luogo.

Il padre

della poesia moderna non ha visto, beato lui,

il fondo di quell’abisso che si chiama

“Modernità”, o se l’ha visto

l’ha visto talmente di sbieco e di lontano

che ancora poteva far nascere l’illusione

d’un qualche genere di profondità.

29. IL LIBRO DELLA DISPERAZIONE

Mille volte cantare la disperazione

non serve a nulla, lo so,

mille volte cantare la disperazione,

lo so, non serve a nulla:

eppure, pur non servendo a nulla il canto,

non posso non cantare anche se,

lo so, sono stonato, ripetitivo

e non so dir null’altro della mia disperazione

se non che sono disperato.

Non ho idea se il mio sia un male universale

o particolare, se mi manchi un senso alla vita

o se mi manchi la vita punto e basta,

se è perché Dio sia morto o vivo,

se perché il mondo sia un meccanismo nato

per stritolare l’uomo o viceversa o tutte e due le cose

insieme: so solo di essere completamente

disperato, e lo ripeto,

come ripeto che si tratta

di cose già viste

per lo meno da quando Pessoa

nel “Libro dell’Inquietudine” scrisse:

« Io non sono pessimista,

sono triste.»

30. I CONTRARI

La quiete può essere e di solito risulta

uno dei peggiori martiri che si possono soffrire

in specie quando null’altro supplizio ci tormenti.

D’altra parte

non è che la tempesta assomigli alla quiete in altro

se non per il fatto che tormenta.

Al gioco dei contrari manca un capo

mentre l’altro imperversa sempre in qualche modo:

il grido e lo sbadiglio

sono variazioni di un tema monotono

ed è raro che alla fine ci sia qualcuno

che non se ne accorga.

31. A SIGMUND FREUD

Tormentati dalla coscienza

abbiamo nostalgia dell’ingenuità dell’inconscio

che agogniamo giusto per non avere

la più pallida idea di quel che diavolo

possa non essere.

Don Chisciotte caricava lancia in resta

i mulini a vento:

a noi non ci sono rimasti neppure quelli.

32. LO SPECCHIO

Come si china il capo di fronte al fato

io chino gli occhi di fronte a me stesso,

a quest’estrema, estranea fatalità

che per me stesso sono.

Poco posso fare contro il mondo

e nulla di nulla contro quel non so che

che mi ritrovo dentro,

tanto più soverchiante quanto più inafferrabile,

tanto più impenetrabile

quanto più suona vuoto.

Così chino la testa

a quel non so chi

che nello specchio dell’io

per chissà quale motivo

si riflette

e gli obbedisco docilmente

inesorabilmente,

senza volere né poter discutere:

se una volta lo faccio

è solo perché lo specchio

per qualche incomprensibile motivo

l’ha ordinato.

33. IL TUO TANGO II

Giocare a non dir nulla con quel nulla

che non si è mai detto

e che non si ha più da dire,

parlare per non tacere,

tacere per non parlare, bisogna,

qualcuno ha detto, dire che non c’è nulla da dire,

ma per quanto ancora questo gioco

può durare?

Pensare alla morte

per avere qualcosa a cui pensare,

fare, dire, baciare lettere

che non spedirò a nessuno,

un testamento in cui non lascio

il mio silenzio a chi non l’ha mai ascoltato: eppure

solo un anno fa nel chiuso nel tuo abbraccio

il tango mi parlava, e io rispondevo e dunque

allora qualcosa c’era da dire e da capire,

anche se non dicevo nulla,

anche se capivo meno,

anche se…

Solo un anno fa…

Adesso invece

sono solo,

senza nulla più da dire, o da capire,

perché non ci sei tu

né ci sarai più

a dire quelle parole che l’oblio di me

in te resuscitava come un mago

il tuo tango.

Ascoltami!

vorrei gridarti – strozzandomi

nella vanità di questo vuoto,

di questo abisso gelido, folle e informe,

catastrofe che nulla può distruggere se nulla rimane più

se non la tua, la mia stessa

assenza –

Ascoltami! Ascoltami, ti prego!

Ma tu non ascolti, non mi senti,

e non mi sentirai più.

se dormire non posso

e il sogno è tutto quello che mi avanza,

se la corsa al prossimo treno,

al prossimo taxi,

al prossimo aereo

vola più alta e più lieve

e più lontana

di una danza.